“Un elemento di valutazione” sulle eventuali dimissioni di Daniela Santanchè da ministra del Turismo. È in questo modo che Ignazio La Russa definisce la sentenza della Cassazione che ha confermato come la competenza dell’inchiesta sul caso Visibilia sia della procura di Milano. “Credo che Daniela, quando ha detto che avrebbe valutato, può darsi che valuti anche questo. Però non l’ho sentita. Anzi me lo hanno appena detto della sentenza. Non ci ho ragionato. Però certamente anche quello è un elemento di valutazione. Se cambia qualcosa? E’ un elemento di valutazione, ripeto”, ha detto il presidente del Senato. A proposito di una possibile mozione di sfiducia, La Russa ha detto: “Le mozioni rafforzano lo sfiduciato quando sono individuali e questa è la storia del passato e non credo che sia questo l’elemento di valutazione”.

Nel processo Visibilia, Santanchè è accusata di truffa aggravata all’Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid. L’udienza preliminare riprenderà quindi, come da calendario, il 26 marzo. Se il procedimento fosse stato trasferito a Roma, i tempi si sarebbe inevitabilmente allungati. Così invece la ministra rischia di ritrovarsi coinvolta in un secondo processo riguardante le sue società nel giro di qualche mese. La pronuncia dei giudici, insomma, rischia di avere un riverbero politico legato alle pressanti richieste di dimissioni che ha finora respinto.

Caso Santanché, La Russa: “La decisione della Cassazione influisce sull’ipotesi dimissioni? È un elemento di valutazione”
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La Russa ha anche commentato l’indagine su Giorgia Meloni per il caso Almasri: “Da un lato è uscito questo non-avviso di garanzia, dall’altro persino chi ha fatto l’esposto ha detto ‘no no è un atto dovuto’, quasi che temano le conseguenze ovvie, nella valutazione degli italiani, di questo attacco al presidente del Consiglio“. Il presidente del Senato, in pratica, ribalta il ragionamento: l’oggetto non è capire se la premier e i ministri della Giustizia e dell’Interno hanno commesso qualche reato, ma focalizzarsi sulla condotta di chi ha denunciato. “Se c’è uno scontro? Senz’altro con chi ha fatto l’esposto si!”, ha detto la seconda carica dello Stato.
Mentre il futuro politico della ministra resta in bilico, sul fronte giudiziario la Cassazione fa chiarezza e gli atti che la vedono indagata sul caso Visibilia con l’ipotesi di truffa aggravata all’Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid tornano a Milano. In attesa delle motivazioni dei giudici di piazzale Clodio sulla competenza territoriale – la difesa dell’esponente di FdI aveva chiesto il trasferimento del procedimento a Roma – la giudice meneghina Tiziana Gueli attende di riprendere in mano il fascicolo. La prossima udienza è fissata per il 26 marzo e resta da capire se sarà lei – assegnata ad altro incarico – a decidere. In ogni caso i tempi sembrano stretti: entro maggio, salvo sorprese. Risolta la questione preliminare, la discussione davanti al gup (Gueli o un altro giudice) durerà poche udienze, probabilmente non più di tre. Oltre alla ministra, rischiano il processo anche il compagno dell’esponente di FdI Dimitri Kunz D’Asburgo e Paolo Giuseppe Concordia, responsabile delle tesorerie del gruppo Visibilia. La decisione della Cassazione sembra accogliere la linea della pg Simonetta Ciccarelli, che ha dato voce alla tesi della procura meneghina e dell’Istituto di previdenza, parte civile.
In Aula, ieri, è stato rimarcato come la dichiarazione della società del 31 maggio 2020 è stata presentata all’Inps di Milano. “E’ in quest’ultimo luogo che si è realizzata l’erogazione del beneficio indebito, attraverso il perfezionamento del meccanismo della compensazione e quindi dell’automatica esenzione del debito verso l’Inps del datore di lavoro”. Per l’accusa non poteva essere accolta neppure la tesi difensiva che insisteva nel rivedere il reato in “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di erogazioni pubbliche” – quando la somma indebitamente percepita è inferiore a 4 mila euro si applica solo la sanzione amministrativa -. Ora anche per la Cassazione la competenza territoriale si radica a Milano.
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