Resta a Milano il procedimento sul caso Visibilia che vede accusata la ministra del Turismo Daniela Santanchè, insieme ad altri, con l’ipotesi di truffa aggravata all’Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione – come riportano i quotidiani Corriere della Sera e La Stampa – investita della questione, sollevata dalla difesa dell’esponente di FdI, dalla giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Milano Tiziana Gueli.

L’udienza preliminare riprenderà quindi, come da calendario, il 26 marzo. Se il procedimento fosse stato trasferito a Roma, i tempi si sarebbe inevitabilmente allungati. Così invece la ministra rischia di ritrovarsi coinvolta in un secondo processo riguardante le sue società nel giro di qualche mese. La pronuncia dei giudici, insomma, rischia di avere un riverbero politico legato alle pressanti richieste di dimissioni che ha finora respinto.

Oltre alla ministra rischiano il processo anche il compagno Dimitri Kunz D’Asburgo e Paolo Giuseppe Concordia, responsabile delle tesorerie del gruppo Visibilia, e le due società Visibilia Concessionaria srl e Visibilia Editore spa. Nell’indagine, coordinata dai pm milanesi Maria Giuseppina Gravina e Luigi Luzi, risultano coinvolti 13 dipendenti delle due società indagate, che sarebbero stati messi in cassa integrazione a zero ore senza saperlo – e quindi continuando a lavorare – causando un “danno” di oltre 126mila euro versati dall’ente pubblico.

Il fascicolo era nato dalle dichiarazioni di Federica Bottiglione, ex dirigente di Visibilia Editore, la quale aveva registrato le conversazioni con il compagno della Santanché e aveva raccontato di aver continuato a lavorare quando, dal marzo 2020 fino a novembre 2021, era invece ufficialmente in cassa integrazione a zero ore per il Covid. Uno schema che sarebbe stato replicato per sei ex dipendenti di Editore e altri sei di Concessionaria. Accuse da cui, nei mesi scorsi, la senatrice di Fratelli d’Italia si era difesa in Parlamento.

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