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“Mancano 45mila soldati e armi nuove, l’Italia non è pronta alla guerra”: la denuncia del capo di Stato maggiore dell’esercito

Secondo il generale Carmine Masiello, le nostre forze armate non sarebbero pronte a uno scenario bellico come quello in Ucraina o in Medio Oriente
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L’esercito italiano non sarebbe pronto a uno scenario di guerra come quella in Ucraina o in Medio Oriente: per difendere il territorio in modo adeguato servirebbe un “incremento delle dotazioni organiche tra 40.000 e 45.000 unità”. A dirlo durante un’audizione in Parlamento è stato il capo di Stato maggiore dell’esercito, il generale Carmine Masiello. Masiello, riporta La Stampa, ha sottolineato come manchino o siano desueti gli armamenti pesanti, artiglierie mobili, missili tipo Himars per colpire a lunga distanza e carri armati. Anche sul fronte della difesa antiaerea il generale ha evidenziato come manchino sistemi innovativi antimissile e antidrone. “Disporre di mezzi, materiali e sistemi d’arma tecnologicamente avanzati e competitivi costituisce condizione irrinunciabile affinché l’esercito possa operare quale strumento militare credibile ed efficace e, quindi, dissuasivo. Oggi, vince chi ha il vantaggio della superiorità tecnologica. Per questo, come ho sottolineato all’inizio del mio mandato e in più sedi – e reputo importante ripeterlo oggi – l’esercito o è tecnologico o non è“, ha detto.

Oltre alla mancanza di armamenti, ha aggiunto, c’è anche un problema di mancanza di uomini e donne che vogliono vestire la divisa: “Il potenziale incremento dei conflitti in corso, il calo demografico, i livelli di occupazione record, le prospettive e l’opportunità generate dal Pnrr, nonché i mutamenti generazionali influenzano negativamente il reclutamento. Con specifico riguardo alla categoria degli ufficiali, dopo un periodo di costante livello delle domande di partecipazione ai concorsi per l’Accademia, si sta registrando per il 2025 una flessione delle candidature“.

Un altro passaggio dell’audizione è stato dedicato alla necessità di aumentare l’organico della difesa, sostenuta anche dalla Nato. “È stato invertito il trend di riduzione delle dotazioni organiche della Difesa, prevedendo un incremento di 3.700 unità per l’Esercito e fissando i volumi complessivi a 93.100 unità (personale militare), da conseguire entro il 2033″, ha ricordato il generale. Ma anche questo non basta, ha aggiunto: “Tali volumi risultano inadeguati alle esigenze di carattere operativo e non assicurano alla forza armata la “massa” necessaria ad affrontare un eventuale conflitto ad “alta intensità”, che richiede, tra l’altro, la capacità di alimentare e rigenerare le forze impiegate in combattimento. Le limitazioni dell’attuale modello”, ha detto ancora Masiello, “appaiono immediatamente evidenti se analizziamo le richieste avanzate dall’Alleanza Atlantica nell’ambito degli obiettivi capacitivi 2025 e divengono ancor più significative se confrontate con la necessità di assicurare ulteriori forze per l’esecuzione del Piano militare di difesa nazionale“. Per difendere adeguatamente il territorio, infatti, “lo Stato maggiore dell’Esercito, in sinergia con il Vertice interforze, ha stimato la necessità di un

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