Ci fosse una cosa vera nelle dichiarazioni di Meloni. Ogni parola è una menzogna“. Così a Otto e mezzo (La7) il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio commenta l’ultimo post diffuso dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni sui social riguardo al fascicolo aperto dalla Procura di Roma nei suoi confronti per il caso Almasri (“Il nostro impegno per difendere l’Italia proseguirà, come sempre, con determinazione e senza esitazioni. Quando sono in gioco la sicurezza della Nazione e l’interesse degli italiani, non esiste spazio per passi indietro. Dritti per la nostra strada”).
“Intanto questa è una tempesta in un bicchier d’acqua – osserva Travaglio – Il bicchier d’acqua è la notifica che per legge la Procura di Roma ha mandato ieri alla Meloni, ai due ministri Nordio e Piantedosi e al sottosegretario Mantovano. La tempesta è quella che scientemente ha deciso di scatenare Giorgia Meloni, sapendo benissimo di cosa si sta parlando. Se non lo sa lei, gliel’avranno detto Mantovano e Nordio che sono ex magistrati. Meloni ha voluto drammatizzare una questione e buttarla in caciara, anzi buttarla in complotto. Mentre in realtà è una cosa banalissima che nasce da una cosa gravissima“.

Il direttore del Fatto riepiloga la vicenda: “L’Italia ha aderito allo statuto della Corte Penale Internazionale. Quando quest’ultima dice di arrestate qualcuno, l’Italia non può mettersi a sindacare o a discutere, ma deve arrestarlo. Nordio ci ha dormito sopra, ha fatto lo gnorri e non ha arrestato questo torturatore conclamato. Lo abbiamo addirittura restituito ai libici con un volo di Stato. E quindi Li Gotti, un avvocato, ex sottosegretario del governo Prodi, ma anche ex missino ed ex membro di Alleanza Nazionale, quindi di destra, ha fatto una denuncia molto circostanziata – spiega – Ma la Procura non ha potuto archiviarla per la semplice ragione che per archiviare una denuncia molto circostanziata bisognava fare delle indagini. La legge vieta per i reati ministeriali di indagare. La Procura deve avvisare le persone denunciate che sono iscritte nel registro degli indagati e di quella pratica si occuperà il Tribunale dei Ministri a cui immediatamente deve trasmettere gli atti”.

Travaglio poi menziona il duplice caso di Giuseppe Conte: l’ex presidente del Consiglio fu indagato dai pm di Bergamo nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid nella bergamasca e ancor prima, su denuncia della parlamentare di Fratelli d’Italia Roberta Angelilli, risultò indagato dalla Procura di Roma per un presunto abuso della scorta a favore della compagna Olivia Paladino. “È la prassi, si fa sempre così – sottolinea Travaglio – Tra l’altro, la Meloni ha trasformato quella notifica giudiziaria per avviso di garanzia, ma non lo è. E l’ha collegata con fatti di attualità che non c’entrano niente. La tempistica non è a orologeria, ma dipende dal fatto che la scarcerazione di Almasri e la denuncia di Li Gotti risalgono all’altra settimana”.
Il direttore del Fatto conclude: “La separazione delle carriere e tutte le altre polemiche che sono stati drammatizzate non c’entrano niente. Ma perché Meloni ha deciso di drammatizzare questo fatterello, mentre avrebbe potuto dire che era pronta a dare tutte le spiegazioni? Perché deve fare finta che ciò che avviene nelle aule di giustizia in tutta Italia è parte di un gigantesco complotto ordito da non si sa bene quale Spectre che comanda ogni singolo magistrato dei 9mila che abbiamo in attività in questo momento”.

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