Ebbene la Cassazione ha annullato con rinvio la condanna del boss Antonino Madonia per l’omicidio dell’agente di Polizia Nino Agostino, senza rinvio quella per l’assassinio della moglie Ida Castelluccio che sarebbe capitata lì per caso, non era lei il bersaglio, e perciò tutto viene fatto precipitare nella prescrizione. L’amarezza è tanta, leggeremo nelle motivazioni cosa non ha convinto i supremi giudici. Qui provo a caldo ad accennare cosa non convince me.
Il caso Agostino è stato oggetto di un pesante depistaggio. Il questore di Palermo, Arnaldo La Barbera, tentò di convincere quel povero diavolo di Scarantino ad addossarsi anche l’uccisione dell’agente di Polizia e di sua moglie, già che si era preso sulle spalle la strage di Via D’Amelio: una comoda via d’uscita per gli apparati che sono pesantemente coinvolti in quel duplice omicidio. Qui non c’è bisogno di scomodare Giovanni Falcone, ricordando il suo rapporto con Agostino: bastano le testimonianze che inchiodano La Barbera e un altro importante poliziotto Bruno Contrada ai loro rapporti sporchi con i boss di Cosa nostra.
L’inchiesta voluta dall’allora Procuratore Roberto Scarpinato, che la avocò da capo della Procura generale – altrimenti non se ne sarebbe parlato più – ha portato a galla, come avviene con i detriti più luridi, questo mondo parallelo che ruotava intorno al commissariato San Lorenzo e a pezzi delle forze dell’ordine che hanno accompagnato, inquinato e svenduto la verità sull’intero ciclo delle stragi mafiose avvenute all’inizio degli anni 90 del secolo scorso.
Nino Agostino, giovane uomo, da poco marito, presto padre, orgoglioso poliziotto che immagina di fare la guerra ai cattivi, si imbattè in quella fogna di mondo che è stato vicolo Pipitone dove i boss e gli uomini in divisa si incontravano e cucinavano coperture e protezioni per un mondo criminale sempre pronto a fare favori ai suoi alleati. Con loro c’era anche Giovanni Aiello, Faccia da mostro, quell’uomo deforme che si è portato nella tomba i segreti delle sue scorribande da destabilizzatore.
Quello di Nino Agostino è stato un delitto politico perché teso a proteggere preventivamente proprio gli apparati che il poliziotto, nella sua semplice e lineare moralità, aveva stanato, e quel processo ha affondato le unghie dentro la carne viva degli apparati. Tutto questo resta lì fermo a raccontare un pezzo di storia che una sentenza non può cancellare.
Stefania Limiti
Giornalista e scrittrice
Mafie - 30 Gennaio 2025
Quello che non convince sulla sentenza Agostino: perché fu anche un delitto politico
Ebbene la Cassazione ha annullato con rinvio la condanna del boss Antonino Madonia per l’omicidio dell’agente di Polizia Nino Agostino, senza rinvio quella per l’assassinio della moglie Ida Castelluccio che sarebbe capitata lì per caso, non era lei il bersaglio, e perciò tutto viene fatto precipitare nella prescrizione. L’amarezza è tanta, leggeremo nelle motivazioni cosa non ha convinto i supremi giudici. Qui provo a caldo ad accennare cosa non convince me.
Il caso Agostino è stato oggetto di un pesante depistaggio. Il questore di Palermo, Arnaldo La Barbera, tentò di convincere quel povero diavolo di Scarantino ad addossarsi anche l’uccisione dell’agente di Polizia e di sua moglie, già che si era preso sulle spalle la strage di Via D’Amelio: una comoda via d’uscita per gli apparati che sono pesantemente coinvolti in quel duplice omicidio. Qui non c’è bisogno di scomodare Giovanni Falcone, ricordando il suo rapporto con Agostino: bastano le testimonianze che inchiodano La Barbera e un altro importante poliziotto Bruno Contrada ai loro rapporti sporchi con i boss di Cosa nostra.
L’inchiesta voluta dall’allora Procuratore Roberto Scarpinato, che la avocò da capo della Procura generale – altrimenti non se ne sarebbe parlato più – ha portato a galla, come avviene con i detriti più luridi, questo mondo parallelo che ruotava intorno al commissariato San Lorenzo e a pezzi delle forze dell’ordine che hanno accompagnato, inquinato e svenduto la verità sull’intero ciclo delle stragi mafiose avvenute all’inizio degli anni 90 del secolo scorso.
Nino Agostino, giovane uomo, da poco marito, presto padre, orgoglioso poliziotto che immagina di fare la guerra ai cattivi, si imbattè in quella fogna di mondo che è stato vicolo Pipitone dove i boss e gli uomini in divisa si incontravano e cucinavano coperture e protezioni per un mondo criminale sempre pronto a fare favori ai suoi alleati. Con loro c’era anche Giovanni Aiello, Faccia da mostro, quell’uomo deforme che si è portato nella tomba i segreti delle sue scorribande da destabilizzatore.
Quello di Nino Agostino è stato un delitto politico perché teso a proteggere preventivamente proprio gli apparati che il poliziotto, nella sua semplice e lineare moralità, aveva stanato, e quel processo ha affondato le unghie dentro la carne viva degli apparati. Tutto questo resta lì fermo a raccontare un pezzo di storia che una sentenza non può cancellare.
Articolo Precedente
Omicidio Agostino, tutto da rifare: annullato in Cassazione l’ergastolo al boss Madonia. Prescritto il delitto della moglie del poliziotto
Articolo Successivo
Armi da guerra e cocaina sequestrate a Gioia Tauro, tre giorni di lavoro e una escavatrice per dissotterrare i bidoni
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Giustizia & Impunità
Delmastro condannato a otto mesi per il caso Cospito. Le opposizioni: “Si dimetta”. Ma Meloni lo blinda: “Sconcertata da sentenza”. Schlein: “Parole eversive”
Mondo
Israele, 5 bombe sui bus: “Esplose in anticipo, erano vuoti”. I sospetti sui battaglioni della Cisgiordania. Hamas espone bare degli ostaggi
Cronaca
Le condizioni di Papa Francesco in “lieve miglioramento”. Il cardinale Ravasi: ‘Dimissioni? Potrebbe farlo’
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Tweet invecchiati male: un sottosegretario alla giustizia che attacca i magistrati che lo condannano. E la Meloni sta con lui. Dalla Repubblica delle Banane è tutto". Lo scrive Matteo Renzi sui social postando un tweet di Andrea Delmastro del 2015 in cui scriveva: "Renzi contro la magistratura. Esiste qualcosa che non sappia di berlusconismo con 20 anni di ritardo? #figliodiberlusconi".
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Lo scontro tra i ministri Lollobrigida e Piantedosi sulla vicenda Bari conferma l’arroganza e lo scarso senso dello Stato di questa destra. Un esponente come Lollobrigida avrebbe preteso, fuori da ogni regola e ignorando il lavoro della Commissione di accesso, di imporre al Ministro dell’Interno lo scioglimento del Comune di Bari. Fin dall’inizio la destra si è comportata in questo modo, ma tutto ha dimostrato l’infondatezza di queste accuse e manovre, il lavoro importante contro le mafie svolto da sindaco De Caro e presidente Emiliano. Non può essere che un ministro come Lollobrigida si comporti in questo modo. Chiameremo il Governo a risponderne”. Così il capogruppo Pd in commissione Antimafia Walter Verini.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.