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Cane muore in una pensione per animali: il gestore costretto a pagare un maxi-risarcimento da 30 mila euro alla famiglia

Secondo la giudice, la morte del cane si sarebbe potuta evitare se il gestore avesse messo in atto tutte le misure necessarie a garantire il benessere dell'animale

di F. Q.
Cane muore in una pensione per animali: il gestore costretto a pagare un maxi-risarcimento da 30 mila euro alla famiglia

Era stata mandata in un pensione per cani, ma lì è morta a causa di alcune malattie che, secondo il Tribunale di Prato, non sarebbero state curate adeguamente. Ed è per questo che il gestore della casa di riposo per animali è stato costretto a pagare un maxi-risarcimento da circa 30 mila euro. Lo riporta il Corriere della Sera Firenze.

La storia risale al 2021, a Calenzano, in provincia di Firenze, dove una famiglia aveva deciso di mandare la cagnolina, di razza samoiedo, in una pensione per animali prima di partire per una vacanza. Al ritorno, circa tre settimane dopo, la famiglia avrebbe provato a contattare la casa di cura per avvisare che il giorno successivo sarebbero passati a recuperare il cane. Ma l’indomani è stata la polizia a chiamare la proprietaria per avvisarla del decesso del loro animale.

In quella pensione, infatti, il cane sarebbe morto per disidratazione. Secondo la giudice Giulia Simoni, si sarebbe potuto evitare l’insorgere delle malattie, in quanto il gestore “non ha approntato le misure necessarie per evitare che, anche in considerazione del clima, caratterizzato dalle temperature alte, il cane si ammalasse, per esempio assicurandosi che le fosse somministrato cibo idoneo e che potesse abbeverarsi regolarmente con acqua fresca”. Il cane, inoltre, sarebbe anche stato visitato, in data 7 agosto, da una veterinaria che aveva constatato le pessime condizioni di salute dell’animale e aveva prescritto una serie di cure e farmaci. Ma, “una volta constatato che l’animale stava molto male, e nonostante le offerte di aiuto di una collaboratrice, non si è attivato per curarla né ha chiesto l’intervento di un veterinario”.

La giudice, infine, ha precisato che “la perdita in questione può determinare la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata, in quanto il rapporto tra padrone e animale costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale“. E sarebbe questo il motivo che giustificherebbe il maxi-risarcimento: il gestore della pensione, quindi, ha dovuto pagare 1.300 euro di danno patrimoniale per il valore dell’animale, 6 mila euro alla proprietaria per il danno non patrimoniale, e 4 mila euro per il marito e ciascuno dei loro figli. Secondo la giudice, il decesso della cagnolina avrebbe causato una “forte sofferenza e un profondo patema d’animo” a tutta la famiglia.

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