“Oggi la Lycia si rovina, ragazze”. Da alcuni mesi è lei la commerciante più amata del Paese. Con un inconfondibile accento romagnolo e un aspetto decisamente appariscente, Lycia è la regina dei mercati italiani, e poco importa se con il suo fare empatico riesce sempre a imbrogliare i clienti. Dietro di lei si nasconde Michele Basile, 35enne nato a Monza che oltre ad essere attore e voice talent, da qualche anno è anche un creator di successo. Quasi 900mila i follower che su TikTok seguono le avventure dei personaggi cui dà vita (e voce), a partire dal tenero Pippo passando per l’amica empatica Titty e nonna Franca. FQMagazine ha raggiunto Basile per conoscere la persona dietro i filtri e sapere qualcosa di più della sua ascesa nel mondo del web.
Qual è stato il tuo percorso professionale prima dei social?
A 13 anni mi sono iscritto a un corso propedeutico di teatro per adulti perché nel mio paese ce n’era solo uno e non era pensato per i ragazzi. L’ho frequentato per 8 anni e dopo le superiori ho fatto diversi lavori, fino a quando a 24 anni sono riuscito a entrare all’Accademia dei Filodrammatici. Il teatro è stato una grande casa dove mi sono scoperto.
Inusuale appassionarsi al teatro già a 13 anni.
Io e mio fratello da piccoli amavamo fare spettacoli in cortile interpretando i diversi condòmini e i personaggi di “Mai dire Gol”. Chi voleva vedere lo show poteva mettere la monetina nel bicchierino. Avevo una passione per la telecamera, la rubavo sempre a mia madre. Ero affascinato da quella scatola magica.
Già a quei tempi il teatro per te era un modo per vestire i panni di qualcun altro?
Era una grande difesa, perché sono una persona dichiaratamente omosessuale che non ha vissuto in un ambiente ostico ma che internamente si è creato un mondo difficile. Quando ho fatto coming out con i miei genitori non c’è stato alcun problema, però io non l’ho vissuta benissimo. Nascondere la parte femminile, recitare la parte dell’etero è un esercizio teatrale forse inconscio che ho fatto già da piccolo. Nascondere qualcosa della propria personalità significa automaticamente assumere la personalità di qualcun altro: ecco perché oggi, con la maturità che ho raggiunto a 35 anni, riesco a far venire fuori questi lati di me con i vari personaggi. Le maschere sono state una grande protezione per me e ora ho la libertà di metterle e toglierle quando mi va.
I social come sono arrivati?
Avevo tante cose da dire e mi spiaceva che con il teatro rimanessero in una dimensione di nicchia. Nei periodi di vuoto tra uno spettacolo e l’altro ho provato a far crescere il mio profilo con l’idea di crearmi un pubblico concreto da portare a teatro. Intanto è arrivato il Covid: i teatri hanno chiuso per primi e riaperto per ultimi con limitazioni drammatiche, così ho iniziato a caricare dei video e il riscontro è stato inaspettato. In poco tempo mi sono trovato con una pagina molto seguita e sono finito in questa grande macchina.
Tra tutti i tuoi personaggi ce n’è uno che preferisci?
Sono tutti figli miei, sono preferiti per vari motivi. Amo Pippo perché è molto coraggioso, è un frammento di bambino che non sono mai stato del tutto, è il mio piccolo supereroe; Lycia è la mia preferita in quanto a sfacciataggine, ti frega prima ancora che tu te ne sia accorto. È furba ma con il sorriso. Titty, l’amica empatica, rispecchia un livello di extra-ascolto che spesso ho.
Quindi Titty non è ispirata a qualche tua amica reale ma sei tu?
Sì c’è più di me lì dentro, è la mia scheggia femminile empatica. Se Lycia è un’esagerazione della donna perché è tutto quello che piace agli uomini ma moltiplicato per due, l’amica empatica incarna un’energia femminile diversa.
Tornando a Lycia, hai studiato in modo meticoloso il mondo del mercato per darle vita?
Lycia, come molti dei miei personaggi, è un Frankenstein di cose che mi attirano e che incollo: ad esempio mi serviva un tratto che rendesse la disinvoltura, e masticare la cicca a bocca aperta è una cosa che fanno le persone disinvolte. Sono un fanatico dei mercati, questo sì, e molto spesso a gestire le bancarelle sono donne, quindi mi sono immaginato questo personaggio un po’ felliniano, un po’ pu**ana ma anche un po’ santa, perché a Lycia puoi dire solo: “Sei una stronza però ti amo”.
Il tuo non è intrattenimento fine a se stesso, accanto a questi video esilaranti ce ne sono altri che denunciano il bullismo.
Quando ho capito che su TikTok il mio pubblico era composto soprattutto da ragazzi tra i 9 e i 18 anni ho sentito di avere una piccola responsabilità. Utenti così giovani che stanno sui social anche fuori dall’età permessa è giusto che vedano qualcosa che sia pure educativo.
Tu hai fatto esperienza di bullismo sulla tua pelle?
No, ma secondo me i ragazzi avevano bisogno di vedere rappresentate storie di cui nessuno parla. Era come se volessi dire: “Lo so che tra di voi c’è gente che ha subìto questa cosa”. Il ritorno è stato incredibile, il profilo si è consolidato ed è cresciuto tantissimo. Mi sono arrivati messaggi di utenti che mi hanno raccontato le loro storie dicendomi: “Sei la prima persona a cui lo dico”, mi hanno scritto mamme ringraziandomi perché “mio figlio guardando i tuoi video ha trovato il coraggio di parlarmi”. Per me è stato un onore fare questa cosa per i ragazzi. La gente ha voglia di vedere qualcosa che parli alla pancia, ha voglia di verità.
Sempre più Paesi vogliono vietare i social ai minori di 16 anni. Pensi che lo Stato debba intervenire in qualche modo?
No, nel momento in cui si impone un divieto nasce il desiderio di violarlo. Quello che possiamo fare è creare consapevolezza. Se vedessi un bambino che scrolla su TikTok non gli direi di spegnerlo, ma mi avvicinerei e gli chiederei: “Cosa stai guardando? Vediamolo insieme”. Gli insegnerei come usare lo strumento in modo consapevole, toglierglielo non ha senso.
A cosa stai lavorando? C’è l’intenzione di far crescere qualche personaggio fuori dai social?
No, però in primavera sarò in teatro con “Stai Karma” che sicuramente comprenderà alcuni dei miei personaggi e in cui vorrei raccontare qualcosa di me. Può essere un esercizio utile anche per gli altri per capire che si può andare oltre quello che si vede, e ricordarsi che dietro ogni creator c’è una persona con tutte le sue fragilità.