A sei mesi dalla sua conversione in legge, il decreto anti liste d’attesa è a un punto morto. Dei sei decreti attuativi necessari a rendere operativo il provvedimento, ne è stato approvato solo uno. Così, la norma presentata con carattere d’urgenza dal governo Meloni lo scorso giugno – all’alba delle elezioni Europee -, per ridurre i lunghissimi tempi d’attesa di visite ed esami diagnostici pubblici, è ancora in stallo. E per le associazioni e le organizzazioni di categoria non è una sorpresa. Il decreto, infatti, ha fatto sorgere molti dubbi agli osservatori indipendenti fin dalla sua genesi. Quando, prima di subire un drastico ridimensionamento, venne presentato dall’esecutivo come una mini riforma del Servizio sanitario nazionale, nonostante non ci fossero coperture finanziarie adeguate e non ci fosse chiarezza rispetto alle scadenze da rispettare. E sono proprio i tempi di attuazione impronosticabili a preoccupare Pierino di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici Anaao Assomed. “In questo Paese ci possono volere anni per emanare i decreti attuativi – commenta a ilfattoquotidiano.it -. Basti vedere cosa è successo con la legge Gelli-Bianco (che disciplina la sicurezza delle cure e la responsabilità dei professionisti sanitari, ndr), per la quale abbiamo dovuto aspettare sette anni. In questo modo, le leggi restano monche. Ed è quello che sta succedendo al provvedimento che avrebbe dovuto abbattere le liste d’attesa”.
Secondo Di Silverio, a sei mesi dall’approvazione della norma non è cambiato praticamente nulla. “L’unica cosa che effettivamente è stata avviata è la detassazione delle prestazioni orarie aggiuntive dei medici – commenta -. Ma questa sta servendo soprattutto a sopperire all’endemica carenza di personale che affligge il Ssn”. Gli altri elementi presenti nella legge sono bloccati dalla mancanza di decreti attuativi. “Siamo ancora in attesa della ridefinizione dei cup nazionali e quindi delle implementazioni tecnologiche che devono necessariamente avviare tutte le Regioni – spiega -. Così come aspettiamo ancora l’attivazione della cabina di regia o di vedere applicata la legge 124 del 1989, quella sul diritto che ha il cittadino di ricevere una prestazione privata, ma rimborsata dal Ssn, qualora il pubblico non riesca a garantirgli tempi d’attesa adeguati”, conclude Di Silverio.
A ribadire le criticità del provvedimento è anche l’analisi della Fondazione Gimbe che, “per evitare aspettative irrealistiche e tracciare un confine netto tra realtà e propaganda”, ha fotografato lo stato dell’arte della riforma. L’analisi sottolinea come la norma non abbia ancora portato alcun beneficio ai cittadini, al di là delle dichiarazioni istituzionali. I sei decreti attuativi previsti dal decreto legge sulle liste d’attesa, oltre ad essere in contrasto con il carattere d’urgenza del provvedimento, non garantiscono certezza riguardo ai tempi di attuazione: “La storia parlamentare insegna che i decreti attuativi spesso si perdono tra valutazioni tecniche, attriti politici e lungaggini burocratiche, rendendo impossibile applicare le misure previste”, spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
Al 29 gennaio 2025, secondo il Dipartimento per il programma di governo, solo uno dei sei decreti è stato approvato. Tre sono già scaduti (due da quasi quattro mesi, uno da cinque), mentre per gli ultimi due non è stata fissata alcuna scadenza. In questo modo, spiega Gimbe, non è possibile prevedere con certezza i tempi. In particolare, suscita forti dubbi il decreto sul superamento del tetto di spesa per il personale sanitario: oltre all’assenza di una scadenza definita, la nuova metodologia Agenas per stimare il fabbisogno di personale non è ancora stata approvata. “Questo è uno step cruciale – sottolinea Cartabellotta – perché condiziona l’intero articolo 5 del DL, il più rilevante in quanto vincola le assunzioni di personale sanitario”.
Tutti i potenziali benefici del provvedimento “rimangono un lontano miraggio“, denuncia ancora Gimbe. Tra questi: l’obbligo per le Regioni di istituire un centro unico di prenotazione integrato con le agende delle strutture pubbliche e private accreditate; l’introduzione di un sistema per disdire le prenotazioni; il divieto di chiudere le agende; l’attivazione dei percorsi di garanzia, che assicurano l’erogazione della prestazione nel privato convenzionato o in intramoenia se i tempi nel pubblico non vengono rispettati. E restano sulla carta anche tutte quelle misure pensate per migliorare la governance delle liste d’attesa. Dalla piattaforma nazionale per uniformare la lettura dei dati sui tempi di attesa tra le Regioni, fino all’istituzione di un organismo di verifica e controllo con poteri sostitutivi nelle Regioni inadempienti. Per Cartabellotta, le riforme annunciate restano “un esercizio retorico” se non tradotte in azioni concrete, mentre il raggiungimento di risultati parziali è solo “una magra consolazione politica”, senza alcun beneficio reale per la comunità. “Le interminabili liste d’attesa sono il sintomo di un indebolimento tecnologico, organizzativo e soprattutto professionale del Ssn – prosegue il presidente -. Affrontare questa criticità richiede consistenti investimenti sul personale sanitario e coraggiose riforme organizzative. Concentrarsi unicamente sul sintomo, i lunghi tempi di attesa, piuttosto che risolvere le vere cause della malattia, è un approccio semplicistico”, conclude.
Politica
Liste d’attesa, la norma “urgente” è lettera morta: di sei decreti attuativi solo uno approvato. Tre già scaduti
Per Il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, le riforme annunciate restano “esercizio retorico” se non tradotte in azioni concrete: "I potenziali benefici sono un lontano miraggio"
A sei mesi dalla sua conversione in legge, il decreto anti liste d’attesa è a un punto morto. Dei sei decreti attuativi necessari a rendere operativo il provvedimento, ne è stato approvato solo uno. Così, la norma presentata con carattere d’urgenza dal governo Meloni lo scorso giugno – all’alba delle elezioni Europee -, per ridurre i lunghissimi tempi d’attesa di visite ed esami diagnostici pubblici, è ancora in stallo. E per le associazioni e le organizzazioni di categoria non è una sorpresa. Il decreto, infatti, ha fatto sorgere molti dubbi agli osservatori indipendenti fin dalla sua genesi. Quando, prima di subire un drastico ridimensionamento, venne presentato dall’esecutivo come una mini riforma del Servizio sanitario nazionale, nonostante non ci fossero coperture finanziarie adeguate e non ci fosse chiarezza rispetto alle scadenze da rispettare. E sono proprio i tempi di attuazione impronosticabili a preoccupare Pierino di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici Anaao Assomed. “In questo Paese ci possono volere anni per emanare i decreti attuativi – commenta a ilfattoquotidiano.it -. Basti vedere cosa è successo con la legge Gelli-Bianco (che disciplina la sicurezza delle cure e la responsabilità dei professionisti sanitari, ndr), per la quale abbiamo dovuto aspettare sette anni. In questo modo, le leggi restano monche. Ed è quello che sta succedendo al provvedimento che avrebbe dovuto abbattere le liste d’attesa”.
Secondo Di Silverio, a sei mesi dall’approvazione della norma non è cambiato praticamente nulla. “L’unica cosa che effettivamente è stata avviata è la detassazione delle prestazioni orarie aggiuntive dei medici – commenta -. Ma questa sta servendo soprattutto a sopperire all’endemica carenza di personale che affligge il Ssn”. Gli altri elementi presenti nella legge sono bloccati dalla mancanza di decreti attuativi. “Siamo ancora in attesa della ridefinizione dei cup nazionali e quindi delle implementazioni tecnologiche che devono necessariamente avviare tutte le Regioni – spiega -. Così come aspettiamo ancora l’attivazione della cabina di regia o di vedere applicata la legge 124 del 1989, quella sul diritto che ha il cittadino di ricevere una prestazione privata, ma rimborsata dal Ssn, qualora il pubblico non riesca a garantirgli tempi d’attesa adeguati”, conclude Di Silverio.
A ribadire le criticità del provvedimento è anche l’analisi della Fondazione Gimbe che, “per evitare aspettative irrealistiche e tracciare un confine netto tra realtà e propaganda”, ha fotografato lo stato dell’arte della riforma. L’analisi sottolinea come la norma non abbia ancora portato alcun beneficio ai cittadini, al di là delle dichiarazioni istituzionali. I sei decreti attuativi previsti dal decreto legge sulle liste d’attesa, oltre ad essere in contrasto con il carattere d’urgenza del provvedimento, non garantiscono certezza riguardo ai tempi di attuazione: “La storia parlamentare insegna che i decreti attuativi spesso si perdono tra valutazioni tecniche, attriti politici e lungaggini burocratiche, rendendo impossibile applicare le misure previste”, spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
Al 29 gennaio 2025, secondo il Dipartimento per il programma di governo, solo uno dei sei decreti è stato approvato. Tre sono già scaduti (due da quasi quattro mesi, uno da cinque), mentre per gli ultimi due non è stata fissata alcuna scadenza. In questo modo, spiega Gimbe, non è possibile prevedere con certezza i tempi. In particolare, suscita forti dubbi il decreto sul superamento del tetto di spesa per il personale sanitario: oltre all’assenza di una scadenza definita, la nuova metodologia Agenas per stimare il fabbisogno di personale non è ancora stata approvata. “Questo è uno step cruciale – sottolinea Cartabellotta – perché condiziona l’intero articolo 5 del DL, il più rilevante in quanto vincola le assunzioni di personale sanitario”.
Tutti i potenziali benefici del provvedimento “rimangono un lontano miraggio“, denuncia ancora Gimbe. Tra questi: l’obbligo per le Regioni di istituire un centro unico di prenotazione integrato con le agende delle strutture pubbliche e private accreditate; l’introduzione di un sistema per disdire le prenotazioni; il divieto di chiudere le agende; l’attivazione dei percorsi di garanzia, che assicurano l’erogazione della prestazione nel privato convenzionato o in intramoenia se i tempi nel pubblico non vengono rispettati. E restano sulla carta anche tutte quelle misure pensate per migliorare la governance delle liste d’attesa. Dalla piattaforma nazionale per uniformare la lettura dei dati sui tempi di attesa tra le Regioni, fino all’istituzione di un organismo di verifica e controllo con poteri sostitutivi nelle Regioni inadempienti. Per Cartabellotta, le riforme annunciate restano “un esercizio retorico” se non tradotte in azioni concrete, mentre il raggiungimento di risultati parziali è solo “una magra consolazione politica”, senza alcun beneficio reale per la comunità. “Le interminabili liste d’attesa sono il sintomo di un indebolimento tecnologico, organizzativo e soprattutto professionale del Ssn – prosegue il presidente -. Affrontare questa criticità richiede consistenti investimenti sul personale sanitario e coraggiose riforme organizzative. Concentrarsi unicamente sul sintomo, i lunghi tempi di attesa, piuttosto che risolvere le vere cause della malattia, è un approccio semplicistico”, conclude.
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Roma, 26 feb. (Adnkronos) - "La vergogna dei centri per migranti in Albania si arricchisce giorno dopo giorno di altre perle. Non solo violano le leggi e le convenzioni internazionali; non solo sono uno sperpero ingente di risorse dei contribuenti; non solo restano sostanzialmente chiusi o tramutati in canili; oggi scopriamo, grazie ad una denuncia del sindacato Silp-Cgil, che i poliziotti italiani impegnati nella vigilanza non ricevono neanche il giusto compenso per la loro attività. Ritardi sui pagamenti degli straordinari, ma anche sulle altre voci della busta paga". Così il deputato democratico, Matteo Mauri, responsabile Sicurezza del Partito Democratico.
"Per il trattamento di missione all'estero, ad esempio, hanno ricevuto solo un acconto dall’agosto 2024 e nulla più. Si tratta di un trattamento inaccettabile per un personale che si è trovato senza colpa anche al centro di polemiche mediatiche proprio per la condizione di sostanziale inutilità della presenza in Albania. Il governo intervenga subito per mettere fine a questa doppia beffa e, soprattutto, faccia marcia indietro su un’operazione inutile, costosa e disumana”.
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - Il seguito dell'esame della mozione sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio alla Camera si svolgerà martedì 4 marzo se conclusi i precedenti Odg, altrimenti giovedì 13 marzo. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - "Due anni fa, nelle acque di Cutro, si consumava una delle più tragiche stragi di migranti nel Mediterraneo. Un’imbarcazione salpata dalla Turchia con oltre 180 persone a bordo, si è trasformata in una bara per almeno 94 di loro, tra cui donne e bambini. Una tragedia annunciata, che avrebbe potuto e dovuto essere evitata. Su questa strage pesa una responsabilità politica chiara". Così Angelo Bonelli parlamentare di Avs in una nota.
"Il governo di Giorgia Meloni, che dopo la tragedia si recò a Cutro per promettere che avrebbe inseguito gli scafisti 'lungo tutto il globo terracqueo', non ha mai fatto luce sulle scelte e sulle omissioni che hanno portato a quel naufragio. Perché l’allarme lanciato da Frontex non è stato accolto con la tempestività necessaria? Perché si è lasciata quella barca in balia delle onde, senza un intervento di soccorso adeguato? A due anni di distanza, il governo continua con la sua politica repressiva e propagandistica sull'immigrazione, senza affrontare le cause profonde delle migrazioni né garantire i salvataggi in mare. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, con il suo linguaggio disumano – definendo le vittime un 'carico residuale' – ha incarnato la cinica indifferenza con cui questo esecutivo ha trattato la vicenda".
"Ma l’ipocrisia del governo Meloni non si ferma qui. Dopo aver promesso di dare la caccia agli scafisti, ha permesso che Mohammed Almasri – accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l'umanità e crimini di guerra, ritenuto responsabile di omicidi, violenze sessuali e torture nella prigione di Mitiga a Tripoli, dove migliaia di migranti vengono rinchiusi e torturati – fosse scortato in Libia con un aereo di Stato. Un gesto che rivela, ancora una volta, la complicità del governo italiano con le milizie libiche responsabili di abusi indicibili nei confronti di uomini, donne e bambini che cercano di fuggire dall’inferno. La premier Meloni deve rispondere alla famiglie delle 94 vittime: perché non sono partiti mezzi adeguati che avrebbero potuto mettere in sicurezza l'imbarcazione sulla quale viaggiavano i migranti? Perché non è partita la Guardia costiera?. Oggi come allora chiediamo verità e giustizia per le vittime di Cutro e per i 30 mila migranti morti nel Mediterraneo in 10 anni: 1.452 (tra morti e dispersi) solo nel 2024", conclude Bonelli.
Roma, 26 feb (Adnkronos) - In vista della giornata della donna dell'8 marzo, la seduta del Question time della Camera di mercoledì 5 marzo sarà dedicata alla condizione socio economica femminile. Lo ha stabilito la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - “Questa mattina abbiamo parlato di maggiori controlli sulle partecipazioni societarie. Chiederemo garanzie reali. Io Federazione voglio esprimere, lo stiamo verificando sul piano legale, anche il mio consenso al passaggio delle quote, così come avviene nel caso delle fusioni. Vogliamo approvare il passaggio. Chiaramente avrà un impatto sulle norme del codice civile e se questo non è consentito in termine di autorizzazione, chiederemo le garanzie dovute”. Lo ha detto il presidente della Figc Gabriele Gravina nella conferenza stampa al termine del Consiglio.
Roma, 26 feb (Adnkronos) - Le comunicazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Parlamento in vista del Consiglio europeo si terranno il prossimo 18 marzo in Senato, con consegna del discorso alla Camera alle 15,30, e il 19 marzo dalle 9.30 a Montecitorio. E' quanto emerso dalla capigruppo di Montecitorio.
Roma, 26 feb. (Adnkronos) - “Azione chiede che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni venga immediatamente in Aula per un’informativa urgente sul vertice di Londra, che avrà al centro il riarmo e la difesa comune tra Regno Unito ed Europa”. Lo ha chiesto Matteo Richetti, capogruppo di Azione alla Camera, in occasione della conferenza dei capigruppo.
“Dopo il vertice di Parigi, a cui la premier ha partecipato, il prossimo incontro a Londra segna un passaggio cruciale per il futuro della sicurezza europea. Se il Parlamento ha terminato le discussioni su borsette, Twiga, Billionaire e vari altri minima immoralia sarebbe tempo di affrontare le questioni che ridefiniranno l’assetto dell’Occidente per i prossimi 50 anni".
"Il mondo sta cambiando a una velocità tale che l’inerzia non è più un’opzione: le aperture di Trump a Putin rischiano di mettere l’Europa nell’angolo e di costruire una pace sulle spalle degli ucraini. L’Europa deve scongiurare questo scenario e dotarsi di una strategia chiara per la liberazione dei territori ucraini e per il futuro della propria sicurezza. La difesa comune europea non è più un’idea astratta, è una necessità: l’Europa non può più permettersi di restare spettatrice delle mosse delle altre superpotenze - ha concluso il capogruppo di Azione”.