Marianne Faithfull è morta. Sopravvissuta a tutto: agli Stones, all’eroina, alla polmonite, al Covid, agli uomini e persino a Londra. Ha vissuto come voleva, distruggendo ogni etichetta, pregiudizio e moralismo. E sì, se li è fatti tutti. Mick Jagger, Keith Richards, David Bowie, Anita Pallenberg; questa di secondo nome si chiamava “fluida”, mica Immacolata, che ti credi? Ha pure seppellito il Sessantotto, l’LSD, l’industria musicale e tutto ciò che poteva consumare prima che fosse il mondo a consumare lei. Ne parlo nei consueti nove punti di questo blog.
Cominciamo!

1. L’Angelo Caduto
Marianne Faithfull non era solo una cantante, era un cortocircuito vivente tra innocenza e dannazione. Lanciata giovanissima nel mondo della musica con “As Tears Go By” nel 1964, aveva la voce limpida di un angelo e il viso perfetto di una vergine rinascimentale. Ma il destino – e un certo Mick Jagger – avevano altri piani. “Non penso di aver avuto scelta se non essere decadente”, disse una volta. La ragazza perfetta per la borghesia inglese sarebbe diventata la dannata perfetta per il rock’n’roll.

2. Il Circo dei Rolling Stones
Negli anni 60 era la regina della corte degli Stones. Più che la fidanzata di Jagger, era il cuore pulsante di quella giostra di eccessi, droghe e scandali. “La mia storia è davvero un’affermazione della mia forza e della mia fortuna”, rifletteva Marianne. Era lei che suggeriva letture, che portava poesia nel circo impazzito del rock. E “Sister Morphine”? Scritta da lei, vissuta da lei. Gli Stones se la presero, ma senza la sua firma non avrebbe mai avuto quel veleno sotto pelle.

3. Da Musa a Fantasma
A un certo punto, gli eccessi iniziano a costare. Dagli hotel di lusso ai marciapiedi di Soho, il passo è breve. La Marianne degli anni 70 era un’ombra tossica, lasciata a se stessa da un mondo che la vedeva ormai solo come “l’ex di”. Viveva tra i senzatetto, raccogliendo briciole di eroina in bagni pubblici. Ma gli angeli caduti sanno risorgere. “Non scusarti mai, non spiegare mai – non lo abbiamo sempre detto? Beh, non l’ho fatto e non lo faccio”, dichiarò con fierezza. Dopo anni di silenzio, ricominciò a scrivere, a cantare. E a farsi pagare i conti in sospeso.

4. L’Urlo dall’Abisso
Gli anni 80 iniziano con un colpo di scena. La sua voce, un tempo eterea, è ora raschiata, incatramata, vissuta. “Broken English” del 1979 non è solo un disco, è una dichiarazione di guerra. Se l’industria l’aveva data per spacciata, è lei a seppellire l’industria con questo capolavoro. “La ribellione è l’unica cosa che ti mantiene vivo!”, esclamava. Ogni traccia è una stilettata, un pugno allo stomaco, una confessione senza filtri. Marianne era tornata, più velenosa e sublime di prima.

5. Il Morso
Dimenticate la dolce ragazza di As Tears Go By. La Marianne degli anni ‘80 e ‘90 è una serpe: cambia pelle, ma continua sinuosamente a strisciare. Con album come Strange Weather (1987) e Before the Poison (2005), dimostra che il rock non è solo una questione di talento: è l’attitudine a fare la differenza.“Il modo in cui scelgo di mostrare i miei sentimenti è attraverso le mie canzoni”, affermava. E quei sentimenti erano sangue e sigarette, un blues sporco che raccontava il disincanto, gli amori distrutti, la consapevolezza di essere sopravvissuta a tutto.

6. Eroina, Sigarette e Cinismo
Non ha mai nascosto nulla: né le dipendenze, né gli errori, né le cicatrici. “Sono sopravvissuta a tutto, tranne che alla vita stessa”, dirà in un’intervista. Non cercava redenzione, ma neppure pietà. “Per alcune persone, il matrimonio può essere molto groovy. Per me, davvero non lo è”, confessava. La sua unica fedeltà era verso se stessa. Nessuna famiglia, nessuna casa, nessun uomo l’avrebbero mai incatenata. La società voleva etichette, ruoli, vergogna. Marianne ha mandato tutto al diavolo, con stile.

7. Lettere dall’inferno
Tra malattie e una voce sempre più consumata, ha continuato a registrare e pubblicare musica fino all’ultimo. Negative Capability (2018) è un testamento sonoro struggente, malinconico e feroce. La vecchia Marianne c’è ancora, ma ora canta anche il dolore e l’accettazione.“Sono attratta dagli aspetti più cupi della vita. Amo il dramma”, ammetteva. E quel dramma lo ha reso arte. Ha trasformato le cicatrici in musica e, come detto, non si è mai scusata per ciò che era.

8. L’Ultima Risata
Il rock è pieno di storie di donne usate e dimenticate. Ma Marianne Faithfull non è mai stata né l’una né l’altra. Ha preso la vita, il sesso, la droga, la musica e li ha fatti suoi. E alla fine è stata lei ad avere l’ultima parola. “Forse il massimo che puoi aspettarti da una relazione andata male è uscirne con qualche buona canzone”, rifletteva con ironia. E lei di canzoni buone ne ha lasciate molte. Marianne era una contraddizione vivente: sofisticata e brutale, poetica e oscena, perduta e indistruttibile.

9. Il Saluto Finale
E me la immagino salutarci dall’alto della sua sfrontatezza, con quel ghigno a metà tra ironia e sfida. Marianne Faithfull non ha mai abbassato lo sguardo davanti a nessuno. E mentre ci fissiamo nel vuoto lasciato dalla sua assenza, una voce roca ci raggiunge: “Ci vediamo all’inferno, tesoro. Sappi che io ci entro in lista prima di te e naturalmente senza fare la fila.”

Ti lascio con la consueta playlist dedicata connessa ai miei articoli. Ti invito inoltre a commentare qui sotto, nei commenti, oppure nel mio canale Facebook.
Buon ascolto!

9 Canzoni 9 di… Marianne Faithfull

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