Il “terribile” gennaio di Jayson Tatum
Menomale che gennaio è finito, starà pensando Jayson Tatum mentre beve la sua solita tazza di caffè mattutino. La stella dei Celtics ha avuto un mese di gioco davvero problematico. Il suo rendimento offensivo è calato. Di conseguenza è calata la sua efficacia nel complesso attacco di Boston. Partito forte nell’anno, a gennaio le statistiche di Tatum hanno subito un crollo clamoroso. Soli (relativamente) 23,4 punti di media, mentre erano 27,5 a dicembre e addirittura 30,2 a ottobre. Ben cinque partite sotto i 20 punti, che per uno come lui, con le sue mani, la sua mobilità e il suo talento, vuol dire in pratica non entrare nemmeno in campo. Poi ci sono le percentuali. Qui, se possibile, il primo mese del 2025 è andato addirittura peggio. Stiamo parlando di appena il 30% da tre, roba che se lo vedi caricare il tiro dal perimetro ti scappa una risata. Mentre non va molto meglio dal campo, con il 41% (dal 48,6% di ottobre), segno che la via del canestro proprio l’ha smarrita del tutto. Come leggere tutto ciò? Di certo può esserci un fisiologico calo di forma. Capita a tutti nel corso di una lunga stagione. Detto ciò, se Tatum si costruisse un “patented shot” più efficace, potrebbe appoggiarsi su di esso nelle fasi in cui perde ritmo offensivamente. L’ala di Boston è molto completo, ha mille soluzioni, ma non ha un movimento sicuro come il tiro cadendo all’indietro di Micheal Jordan o di Kobe Bryant. Tantomeno come il gancio-cielo di Kareem Abdul-Jabbar o l’appoggio al tabellone dalla media di Tim Duncan. Potrebbe e dovrebbe lavorarci di più in off-season.

Sabonis, Ball e Young: grandi esclusi dall’All Star Game
Per come è strutturata adesso, la partita delle stelle ha ormai poco significato. Chi vince l’MVP della gara, vince un trofeo che vale poco, all’interno di una giostra esagerata di ally-oop, schiacciate uno contro zero, difese invisibili, punteggi troppo alti, zero basket vero. Tuttavia, essere convocati per l’All-Star Game rimane importante. Diventare degli All-Star conta ancora (anche a livello contrattuale). I grandi esclusi di quest’anno? Ce ne sono alcuni che fanno notizia. Come Domantas Sabonis dei Kings (il figlio del mitico Arvidas), ala-forte dalla spiccata verve per il playmaking, che lotta sotto i tabelloni, segna oltre 20 di media e tira da fuori con il 48%. Oppure LaMelo Ball degli Hornets, un giocoliere nel ruolo di point-guard, che palleggia come uno yo-yo, ha mani levigate con polvere di diamanti, serve gli assist in modo spettacolare, e ne mette 28 ogni sera. C’è anche (che novità…) Trae Yong di Atlanta, attualmente il miglior passatore della lega per media assist. Ah, ci sono pure Devin Booker dei Suns o Kyrie Irving dei Mavericks. Ma questa è un’altra storia.

Herro è un All Star
Tyler Herro, dal canto suo, è diventato un All-Star. Una sorpresa? Non proprio, per come sta giocando la guardia degli Heat, nel marasma creato da Jimmy Butler. Attaccante nella testa, gran realizzatore palla in mano, tiratore micidiale da tre (40%). Molto sciolto e spettacolare, Herro è veramente bello da vedere a livello offensivo. Sa concludere al ferro, ha mani dolci in avvicinamento, un palleggio di altissimo livello che gli permette di andare dal punto A al punto B senza problemi di sorta e crearsi in autonomia il tiro. Raro caso di giocatore che non disdegna la conclusione dalla media, se vede che la difesa ripiega internamente per coprirsi sull’entrata. Segna oltre 24 punti di media (erano 20,8 lo scorso anno) e sta mostrando una migliorata tendenza a servire il compagno e creare anche per gli altri.

Amen Thompson in crescita
Guardate come gioca Amen Thompson. No, non perché sia una stella. Questo si vedrà. Guardatelo perché il secondo anno degli Houston Rockets ha un mix di caratteristiche che ne potrebbero fare uno di quei giocatori imprescindibili per squadre con ambizione nei playoff. Levriero di 2.01, muscolo affusolato, gambe elastiche e reattive, con tanta voglia di correre in contropiede per ricevere sulla corsia laterale e inchiodare andando un metro sopra il ferro. Il giocatore di Houston (che ha un gemello a Detroit) ha una corsa fluida, è rapido e infinitamente atletico in penetrazione e in campo aperto. Si comporta molto bene anche a difesa schierata, con tagli dal lato debole e l’encomiabile voglia di muoversi con costanza per recuperare magari una palla vagante a cui nessuno credeva. Il tiro da tre potrebbe rappresentare lo spartiacque della sua carriera, perché al momento è non pervenuto (appena 25%). C’è anche la difesa, argomento su cui Thompson è sempre molto preparato. Anzi, si può azzardare dicendo che ha le potenzialità per entrare fisso nei migliori quintetti difensivi della stagione. In futuro. Amen.

That’s all Folks!
Alla prossima settimana.

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