Fiaccolate, appelli e striscioni per Alberto Trentini. “Non sappiamo nulla di lui da mesi. Mobilitiamoci e riportiamolo a casa”

“Ci stiamo mobilitando per un caro amico, una persona perbene, un professionista preparato. E stasera vogliamo dire a tutti chi è Alberto Trentini“. Luca Tiozzo è il portavoce del gruppo di amici che ha organizzato per stasera alle 19.30 la fiaccolata davanti alla chiesa di Sant’Antonio al Lido di Venezia, per tenere alta l’attenzione sul caso del cooperante veneziano, arrestato a Caracas il 15 novembre 2024 e di cui da allora non si hanno più notizie. Per lui, a Bologna, il Comune ha esposto a Palazzo d’Accursio lo striscione “Alberto Trentini libero”, come hanno fatto i suoi amici fuori dalla sede di Mestre del Comune di Venezia.
Quello che si sa, è che è stato fermato a un posto di blocco mentre viaggiava da Caracas a Guasdualito. Che è stato portato in un carcere dell’intelligence della capitale venezuelana, e che è accusato di terrorismo. Il 6 febbraio l‘Ansa ha riferito di “prove certe” sulle sue buone condizioni di salute: il giorno prima le dichiarazioni del ministro degli esteri Tajani sul segretario di Stato Usa Marco Rubio, che ha espresso “attenzione e solidarietà per la situazione dei nostri connazionali, a partire da quella di Alberto Trentini“. E a confortare, sul piano diplomatico, è stato anche il ritorno negli Stati Uniti – che non hanno alcuna rappresentanza a Caracas – di sei cittadini americani che erano detenuti in Venezuela, tornati sul suolo americano il 1° febbraio.
Da quando è stato arrestato Trentini non ha mai chiamato a casa. Non ha mai ricevuto una visita consolare. La preoccupazione è legata anche alla disponibilità dei farmaci di cui ha bisogno, visto che soffre di asma e pressione alta. La sua famiglia, nelle scorse settimane, ha lanciato un appello affinché il governo lavori per riportarlo a casa, e online la petizione che ne chiede la liberazione ha superato le 40mila firme. Anche i genitori di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto, sono intervenuti, chiedendo al governo di “darsi una mossa perché è passato troppo tempo, non si sa dove sia”. E mentre la diplomazia lavora in silenzio, parallelamente gli amici di Alberto, associazioni e società civile si attivano per chiederne il ritorno.
“La nostra mobilitazione è iniziata quando Alberto è stato arrestato – racconta Tiozzo, tra gli organizzatori del ritrovo del 31 gennaio sul molo di piazzetta San Marco in cui è stato esposto uno striscione con l’hashtag #freealberto -. Siamo ex compagni di classe, un gruppo molto affiatato, e nonostante il lavoro di Alberto, che lo porta in giro per il mondo anche per parecchio tempo, non abbiamo mai perso i contatti. Abbiamo capito che serve tenere alta l’attenzione, nel pieno rispetto della famiglia e delle istituzioni, che stanno affrontando una situazione molto delicata. Noi vogliamo solo essere a fianco di Ezio e Armanda, i suoi genitori. Stiamo lavorando anche ad altre iniziative, ma speriamo che non ce ne sia bisogno”. A spiegare il senso della mobilitazione anche don Renato Mazzuia, parroco della chiesa di Sant’Antonio al Lido di Venezia. “Abbiamo scelto di fare la fiaccolata qui perché la chiesa è di fronte alla casa della famiglia di Alberto – spiega -. Speriamo che le autorità italiane entrino presto in contatto con lui, perché la preoccupazione è proprio non avere sue notizie, non sapere come sta”. A fianco degli amici di Alberto anche l’associazione Articolo 21. “Alberto nella vita si è sempre occupato di disabili, degli ultimi, e ci sembra doveroso adesso prenderci cura di lui e della sua famiglia – spiega il coordinatore Beppe Giulietti -. Le notizie arrivate sulle sue buone condizioni di salute sono già un primo spiraglio. Vogliamo accompagnare questa trattativa per riportarlo a casa, perché il suo nome è stato troppo a lungo oscurato”.
L’arresto – Trentini, fin dal suo arrivo in Venezuela lo scorso 17 ottobre, aveva notato un clima di ostilità negli aeroporti. Nel Paese, a pochi mesi dalle presidenziali che si sono svolte a luglio e che hanno riconfermato Nicolas Maduro al terzo mandato, permane una particolare diffidenza nei confronti di oppositori, dissidenti o persone ritenute sospette. Una situazione difficile che Trentini non aveva mai affrontato prima e che il 14 novembre lo aveva indotto a scrivere a un collega della ong per la quale lavorava, Humanity & Inclusion (HI), confidandogli di volere presentare le dimissioni. Il 15 novembre è stato arrestato dalle autorità venezuelane ed è formalmente accusato di terrorismo. Il 7 gennaio la Commissione interamericana dei diritti umani (Iachr) che sul suo sito sollecita le autorità venezuelane a fornire informazioni e a garantire i contatti con i famigliari, riteneva che il cooperante si trovasse in una situazione di “gravità e urgenza“. “Nessuna notizia ufficiale è mai stata comunicata da nessuna autorità venezuelana né italiana e di fatto, da quasi due mesi, nulla sappiamo sulle sorti di Alberto, tenuto anche conto che soffre di problemi di salute e non ha con sé le medicine né alcun genere di prima necessità”, avevano detto i genitori nelle scorse settimane, chiedendo l’intervento del governo per “porre in essere tutti gli sforzi diplomatici possibili e necessari, aprendo un dialogo costruttivo con le istituzioni venezuelane, per ripotare a casa Alberto e garantirne l’incolumità”.
Il lavoro nella cooperazione – 45 anni, di Venezia, Trentini lavora da 20 anni nell’ambito della cooperazione. Su LinkedIn si definisce un “professionista con oltre dieci anni di esperienza nei settori dello sviluppo e umanitario con Ong internazionali in Sud America, Etiopia, Nepal, Grecia e Libano“, con “esperienza comprovata nella gestione di progetti e uffici, coordinamento, progettazione e budget di proposte, risorse umane e logistica. Madrelingua italiana, fluente in spagnolo, inglese e francese”. Era in Venezuela per conto della ong Humanity & Inclusion, che lavora in una sessantina di Paesi “al fianco delle popolazioni vulnerabili, specialmente quelle con disabilità”. Laurea in storia moderna e contemporanea all’Università Cà Foscari, ha lavorato nel campo della cooperazione internazionale in tutto il mondo: fra il 2023 e il 2024, con il Consiglio danese per i rifugiati, a Barbacoas, località della Colombia. Per gli ultimi 4 mesi del 2022 invece, sempre in Colombia, è stato, per l’Ong francese Solidarités International, field coordinator; stessa mansione che ha ricoperto per Première Urgence Internationale. Tra il 2017 e il 2020, Trentini ha collaborato con l’organizzazione Coopi in Ecuador, Perù, Libano e Etiopia. Tra gli altri paesi dove ha compiuto missioni umanitarie Grecia, Nepal, Paraguay e Bosnia-Erzegovina.
“Ci stiamo mobilitando per un caro amico, una persona perbene, un professionista preparato. E stasera vogliamo dire a tutti chi è Alberto Trentini“. Luca Tiozzo è il portavoce del gruppo di amici che ha organizzato per stasera alle 19.30 la fiaccolata davanti alla chiesa di Sant’Antonio al Lido di Venezia, per tenere alta l’attenzione sul […]