Cosa Nostra e ‘ndrangheta unite nel mercato globale del traffico di droga, sempre molto remunerativo. È uno degli elementi chiave emersi dalla maxi operazione dei carabinieri di oggi (11 febbraio), coordinata dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella e dal capo della procura, Maurizio de Lucia, che ha portato all’arresto di 181 persone. La mafia siciliana, troppo debole per il mercato internazionale, indebolita da trent’anni di operazioni, per tornare al fiorente traffico di droga deve appoggiarsi al “broker internazionale” per il traffico di stupefacenti, ovvero la ‘ndrangheta. Così spiega De Lucia in conferenza stampa.

E gli fa eco Giovanni Melillo, procuratore nazionale antimafia, anche lui presente a Palermo: “La mafia cerca di risollevarsi tornando ad avere relazioni importanti con alcuni esponenti della ‘ndrangheta – ha detto Melillo -. Le indagini sul traffico di cocaina rivelano connessioni profonde con realtà che gestiscono rotte internazionali. Il rapporto con la ‘ndrangheta è sempre più stretto e questo innesca trasformazioni nei tradizionali modelli di Cosa nostra, quando si affaccia in mercati più ampi. Cosa Nostra e ‘ndrangheta quando sono chiamate a operare in teatri più complessi, dove non può valere la tradizionale capacità di controllare il territorio, sono chiamate ad integrarsi”. Più globale è il mercato più connesse sono le mafie: “Le strutture mafiose presenti nel Nord America sono strutture miste – ha spiegato Melillo – composte contemporaneamente da ‘ndranghetisti, uomini di Cosa nostra e uomini della Camorra. Il mercato globale impone la conformazione delle stesse strutture degli stessi modelli, Cosa Nostra ha questa straordinaria capacità di proiettarsi su questi scenari e, nello stesso tempo, di conservare il rifiuto totale dell’autorità dello Stato”.

Nelle chat criptate che permettevano agli esponenti dei mandamenti palermitani di riunirsi, partecipava anche Emanuele Cosentino, di Rosarno ed esponente di vertice della ‘ndrangheta: “Il compare c’è, oh… il calabrese”, diceva Masino Lo Presti in una delle intercettazioni, quando – inceppatasi la chat – cercavano di reinserire i contatti. E dopo la riunione del 6 febbraio del 2024 è stato chiaro il rapporto con la cosca calabrese. Durante quella riunione l’argomento principe era stato, infatti, una grande imminente partita di droga in arrivo a Palermo. Tutto era nato dalla scarcerazione di Emanuele Cosentino il 22 ottobre del 2023. Esponenente del clan di ‘ndrangheta Gallico di Palmi, Cosentino, appena scarcerato dall’Istituto penitenziario di Parma, aveva chiamato Mimmo e Nunzio Serio, reggenti del mandamento palermitano di San Lorenzo. Il calabrese mostrava al telefono una certa familiarità con i Serio, chiamando “compare” il padre Mimmo, e “figlioccio” il figlio Nunzio. “Mi ha fatto la videochiamata con la sua famiglia ancora che era a Parma e stava scendendo a casa sua e tutte cose”, racconta Nunzio al padre.

La scarcerazione del “calabrese” cambiava di fatto il peso dei Serio e la loro capacità di reperire droga e dunque di accumulare denaro. Così, Serio figlio spiega parlando con Francesco Stagno, esponente del mandamento di Tommaso Natale: “Sono tre famiglie… e comandano dentro il porto di Gioia Tauro, me lo ha spiegato… lui dice mi sono fatto la strada di… dalla Spagna lui… è uscito dal carcere e se n’è andato in Spagna… quando è venuto con sua moglie… dice in Spagna dice sono stato dice… e si è andato a fare la sua strada”. Stagno, istruito da Serio, prende i contatti con Cosentino e successivamente a sua volta spiega a un sodale: “Dove arriva tutta la cocaina… ci sono i Piromalli… lui è il padrone di là… è uscito ora, è uscito… è da un mese… se tu lo vedi… alto, scuro, barba sagomata… non parla… parla di più per messaggi che di presenza… di presenza lo devi pungere”, ma non è così che funziona in Calabria: “Porta la corona… qua si usa la “punciuta”, si porta la corona là”. E Stagno ne è convinto, Cosentino è “una potenza… calabrese… quello incallito… proprio incallito”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

I miei dubbi sul docufilm sull’omicidio Mattarella. Ecco cosa mancava nella ricostruzione

next
Articolo Successivo

L’insofferenza dei boss e le minacce a Meloni: ora le intercettazioni sui giornali piacciono pure alla premier e alla destra del bavaglio

next