“La magistratura italiana non vuole trattare per una modifica della riforma, ma auspica un ripensamento radicale e il ritiro di quel testo da parte del governo. Autonomia e indipendenza non sono materie negoziabili”. Rocco Maruotti, pubblico ministero a Rieti, è il nuovo segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati: 48 anni, esponente del gruppo progressista di Area, è stato eletto dal Comitato direttivo centrale insieme al presidente Cesare Parodi, membro della corrente di Magistratura indipendente, considerata la più vicina all’esecutivo. A differenza del collega, però, Maruotti guarda con scetticismo l’apertura di un dialogo con la politica sul ddl costituzionale sulla separazione delle carriere, già approvato in prima lettura alla Camera con testo blindato. “Da parte nostra il dialogo può concretizzarsi solo nello spiegare le ragioni della contrarietà alla riforma, che peraltro sono già ben note”, dice al fattoquotidiano.it.
Il presidente Parodi ha inaugurato il mandato chiedendo un incontro col governo, appello subito raccolto dalla premier Giorgia Meloni. Cosa si aspetta dall’appuntamento?
In primo luogo vorrei evidenziare un dato: l’Anm è stata sempre disponibile al confronto, anche prima che si insediasse questa nuova dirigenza. Sorprende, invece, che l’apertura del governo sia stata manifestata solo pochi minuti dopo l’elezione del nuovo presidente. Ad ogni modo ho forti perplessità sulla utilità dell’incontro: una parte importante della maggioranza ha dichiarato inutile – se non addirittura dannoso – qualsiasi confronto con l’Anm, e sappiamo che non vi è alcuna volontà di ritirare la riforma.
Sta dicendo che non servirà a nulla?
Sul disegno di legge potremo solo ribadire la nostra disponibilità al dialogo, ma al contempo l’impossibilità di convenire su qualsiasi soluzione di compromesso: ferma restando la sovranità del Parlamento, i magistrati italiani non ritengono possibili compromessi al ribasso sulla loro autonomia e indipendenza. Se invece l’obiettivo è quello di rasserenare il clima, basterebbe porre fine agli attacchi a singoli colleghi, che si limitano a fare il loro lavoro applicando la legge. L’auspicio, però, è che questo incontro possa quantomeno servire alla premier a rendersi conto che i magistrati non sono “nemici della Nazione”, ma l’espressione di un ordine che garantisce i diritti e le libertà di tutti.
Ma i suoi colleghi condividono questa linea di fermezza? O preferirebbero un dialogo, come Parodi?
Lo stesso presidente ha detto che non c’è una trattativa sul testo della riforma. In Comitato direttivo ha espresso in modo chiaro una contrarietà al ddl nel suo complesso, come d’altra parte aveva fatto l’assemblea straordinaria del 15 dicembre scorso, con un documento approvato all’unanimità. In questo senso devo ritenere frutto di un fraintendimento quanto attribuito al presidente da alcuni quotidiani, cioè l’ipotesi che la riapertura del dialogo possa portare a modifiche soddisfacenti. Anche perché la dirigenza dell’Anm, per le ragioni che ho appena espresso, non ha ricevuto alcun mandato a negoziare.
La nuova giunta riuscirà a mantenere unità e fermezza?
Si, perché siamo convintamente contrari a una riforma che non risolverà alcun problema della giustizia e consegnerà ai cittadini una magistratura con un minore grado di autonomia e di indipendenza. In tutti i sistemi in cui il pubblico ministero è separato dal giudice esiste una forma di controllo politico sul suo operato. Ed è evidente che la minore indipendenza del pubblico ministero significherà anche una indiretta minore indipendenza del giudice, che interviene su quel che il pubblico ministero gli sottopone. E di questo sono convinti tutti i magistrati, a prescindere dalle loro diverse sensibilità.
Parodi però non la vede proprio così. “Non penso ci sia il rischio dell’asservimento del pm all’esecutivo. Se chi ha scritto la legge dice che è così dobbiamo crederci, non possiamo fare il processo alle intenzioni”, ha detto.
Dopo quelle prime dichiarazioni mi risulta però che Parodi abbia parlato chiaramente del rischio dell’asservimento dei pm all’esecutivo. E io sono d’accordo con lui. Ripeto: in tutti i sistemi in cui il pubblico ministero è separato dal giudice esiste una forma di controllo politico sul suo operato, come del resto ha osservato anche Marcello Pera (ex presidente del Senato per il centrodestra, ndr) in un recente scritto. Quindi a mio giudizio il rischio più che concreto esiste, perché con questa riforma si apre una crepa che dal giorno dopo potrebbe essere difficile controllare.
L’assemblea del 15 dicembre aveva indetto all’unanimità uno sciopero, poi proclamato per il 27 febbraio. Ci sono margini per ritrattare? Se sì, quali?
Come ha detto il presidente Parodi, solo il ritiro della riforma potrebbe farci recedere. Ma sappiamo bene che, allo stato, è una mera utopia.
Politica
Il nuovo segretario dell’Anm: “Sulla riforma i magistrati non trattano, quel testo va ritirato. L’incontro con Meloni? Ho dubbi sull’utilità”
Rocco Maruotti, pm a Rieti, guarda con scetticismo l'apertura del governo a un dialogo con le toghe. "Sorprende sia arrivata solo pochi minuti dopo l’elezione del nuovo presidente"
“La magistratura italiana non vuole trattare per una modifica della riforma, ma auspica un ripensamento radicale e il ritiro di quel testo da parte del governo. Autonomia e indipendenza non sono materie negoziabili”. Rocco Maruotti, pubblico ministero a Rieti, è il nuovo segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati: 48 anni, esponente del gruppo progressista di Area, è stato eletto dal Comitato direttivo centrale insieme al presidente Cesare Parodi, membro della corrente di Magistratura indipendente, considerata la più vicina all’esecutivo. A differenza del collega, però, Maruotti guarda con scetticismo l’apertura di un dialogo con la politica sul ddl costituzionale sulla separazione delle carriere, già approvato in prima lettura alla Camera con testo blindato. “Da parte nostra il dialogo può concretizzarsi solo nello spiegare le ragioni della contrarietà alla riforma, che peraltro sono già ben note”, dice al fattoquotidiano.it.
Il presidente Parodi ha inaugurato il mandato chiedendo un incontro col governo, appello subito raccolto dalla premier Giorgia Meloni. Cosa si aspetta dall’appuntamento?
In primo luogo vorrei evidenziare un dato: l’Anm è stata sempre disponibile al confronto, anche prima che si insediasse questa nuova dirigenza. Sorprende, invece, che l’apertura del governo sia stata manifestata solo pochi minuti dopo l’elezione del nuovo presidente. Ad ogni modo ho forti perplessità sulla utilità dell’incontro: una parte importante della maggioranza ha dichiarato inutile – se non addirittura dannoso – qualsiasi confronto con l’Anm, e sappiamo che non vi è alcuna volontà di ritirare la riforma.
Sta dicendo che non servirà a nulla?
Sul disegno di legge potremo solo ribadire la nostra disponibilità al dialogo, ma al contempo l’impossibilità di convenire su qualsiasi soluzione di compromesso: ferma restando la sovranità del Parlamento, i magistrati italiani non ritengono possibili compromessi al ribasso sulla loro autonomia e indipendenza. Se invece l’obiettivo è quello di rasserenare il clima, basterebbe porre fine agli attacchi a singoli colleghi, che si limitano a fare il loro lavoro applicando la legge. L’auspicio, però, è che questo incontro possa quantomeno servire alla premier a rendersi conto che i magistrati non sono “nemici della Nazione”, ma l’espressione di un ordine che garantisce i diritti e le libertà di tutti.
Ma i suoi colleghi condividono questa linea di fermezza? O preferirebbero un dialogo, come Parodi?
Lo stesso presidente ha detto che non c’è una trattativa sul testo della riforma. In Comitato direttivo ha espresso in modo chiaro una contrarietà al ddl nel suo complesso, come d’altra parte aveva fatto l’assemblea straordinaria del 15 dicembre scorso, con un documento approvato all’unanimità. In questo senso devo ritenere frutto di un fraintendimento quanto attribuito al presidente da alcuni quotidiani, cioè l’ipotesi che la riapertura del dialogo possa portare a modifiche soddisfacenti. Anche perché la dirigenza dell’Anm, per le ragioni che ho appena espresso, non ha ricevuto alcun mandato a negoziare.
La nuova giunta riuscirà a mantenere unità e fermezza?
Si, perché siamo convintamente contrari a una riforma che non risolverà alcun problema della giustizia e consegnerà ai cittadini una magistratura con un minore grado di autonomia e di indipendenza. In tutti i sistemi in cui il pubblico ministero è separato dal giudice esiste una forma di controllo politico sul suo operato. Ed è evidente che la minore indipendenza del pubblico ministero significherà anche una indiretta minore indipendenza del giudice, che interviene su quel che il pubblico ministero gli sottopone. E di questo sono convinti tutti i magistrati, a prescindere dalle loro diverse sensibilità.
Parodi però non la vede proprio così. “Non penso ci sia il rischio dell’asservimento del pm all’esecutivo. Se chi ha scritto la legge dice che è così dobbiamo crederci, non possiamo fare il processo alle intenzioni”, ha detto.
Dopo quelle prime dichiarazioni mi risulta però che Parodi abbia parlato chiaramente del rischio dell’asservimento dei pm all’esecutivo. E io sono d’accordo con lui. Ripeto: in tutti i sistemi in cui il pubblico ministero è separato dal giudice esiste una forma di controllo politico sul suo operato, come del resto ha osservato anche Marcello Pera (ex presidente del Senato per il centrodestra, ndr) in un recente scritto. Quindi a mio giudizio il rischio più che concreto esiste, perché con questa riforma si apre una crepa che dal giorno dopo potrebbe essere difficile controllare.
L’assemblea del 15 dicembre aveva indetto all’unanimità uno sciopero, poi proclamato per il 27 febbraio. Ci sono margini per ritrattare? Se sì, quali?
Come ha detto il presidente Parodi, solo il ritiro della riforma potrebbe farci recedere. Ma sappiamo bene che, allo stato, è una mera utopia.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.