Finché c’è interesse, c’è speranza. Nel question time alla Camera, il titolare dell’Interno Matteo Piantedosi ha confermato l’intenzione di modificare il format dei centri in Albania, bocciati tre volte dalla magistratura per l’incompatibilità tra la lista dei Paesi sicuri stilata dal governo e le norme Ue, ora al vaglio della Corte di giustizia europea. L’idea è quella di trasformare le strutture pensate per le procedure d’asilo accelerate di richiedenti raccolti nel Mediterraneo in Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di irregolari già in Italia e già raggiunti da un provvedimento di espulsione. “E’ vero? Quali i numeri previsti?”, è stato chiesto nell’interrogazione presentata da Davide Faraone di Italia Viva insieme ad altri. Il ministro ha spiegato che una parte delle strutture è già adibita a Cpr, quindi non ci saranno “onerei aggiuntivi” per quello che ha definito “impianto polivalente“.
Poche parole, nessun dettaglio, e l’opposizione a gridare al fallimento totale. Così, al poco che aveva da dire Piantedosi ha pensato di anteporre il solito “forte interesse di 15 Paesi europei e della stessa presidente della Commissione Ue: è bene prenderne atto”, ha detto, certo che le prossime iniziative normative di Ursula Von der Leyen consentiranno di “sviluppare le potenzialità del progetto, superando gli ostacoli”. Altro che scusarsi con gli italiani e dire “abbiamo cestinato i vostri soldi”, come gli ha suggerito Faraone nella replica. Eppure, la giravolta del governo per trasformare le strutture di Shenjin e Gjader nell’ennesimo Cpr d’Italia ha molte incognite sul piano normativo e un’unica certezza: rispetto agli altri Cpr costerà di più e funzionerà peggio.
La normativa Ue non prevede che un provvedimento di espulsione passi da Paesi terzi, ed eventuali modifiche all’accordo, al netto del consenso albanese, imporrebbero un altro passaggio parlamentare. Nulla che impensierisca il governo, ovviamente. Ma il gioco vale la candela? A guardare cpr operativi in Italia, si direbbe di no. Nel 2023 abbiamo emesso 28mila ordini di allontanamento di cui 4.267 eseguiti, ma solo 2.979 riguardano chi è passato da un cpr, dove meno della metà dei trattenuti viene rimpatriato. Dipende dagli accordi coi Paesi d’origine, pochi e inefficaci. Tanto che due terzi dei rimpatriati è tunisino perché con la Tunisia c’è un accordo che supera il problema dell’identificazione: all’aeroporto di Palermo una delegazione consolare tunisina fa un breve colloquio col rimpatriando e la cosa è fatta. I numeri sono contenuti, ma si procede e infatti nessun tunisino è mai stato portato in Albania, a differenza di egiziani e bangladesi che nei primi nove mesi del 2024 contano appena 240 espulsioni (dati Eurostat).
Non c’è modo di credere che le cose andranno meglio in Albania, anzi. I trattenimenti amministrativi nei cpr devono essere convalidati e poi ciclicamente prorogati su richiesta della questura da un giudice di pace e, a fronte di lungaggini per identificare lo straniero, un decreto del governo ha stabilito che si possa rimanere in un Cpr fino a 18 mesi. Insomma, con i 1.000 posti delle strutture albanesi i numeri inizialmente annunciati dal governo restano un miraggio. Se invece, come accade in patria, non c’è modo di convalidare o prorogare il trattenimento, la persona va liberata, che in Albania significa rispedita in Italia a carico del contribuente. Nel 2023, a fronte di 2.979 stranieri rimpatriati, 1.507 persone sono uscite dai cpr per mancate convalide o mancate proroghe. Altre 500 sono uscite per decorrenza dei termini e 123 sono fuggite. Quanto ai rimpatriati, il passaggio nel cpr albanese servirebbe solo a rendere l’operazione Albania ancora meno sostenibile di quanto non lo sia stata fino ad ora.
Politica
I centri in Albania diventano un “impianto polivalente”, Piantedosi: “Nessun onere aggiuntivo”. E rilancia il solito “interesse Ue”
Il ministro ha spiegato che una parte delle strutture è già adibita a Cpr, quindi non ci saranno "onerei aggiuntivi" per quello che ha definito "impianto polivalente".
Finché c’è interesse, c’è speranza. Nel question time alla Camera, il titolare dell’Interno Matteo Piantedosi ha confermato l’intenzione di modificare il format dei centri in Albania, bocciati tre volte dalla magistratura per l’incompatibilità tra la lista dei Paesi sicuri stilata dal governo e le norme Ue, ora al vaglio della Corte di giustizia europea. L’idea è quella di trasformare le strutture pensate per le procedure d’asilo accelerate di richiedenti raccolti nel Mediterraneo in Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di irregolari già in Italia e già raggiunti da un provvedimento di espulsione. “E’ vero? Quali i numeri previsti?”, è stato chiesto nell’interrogazione presentata da Davide Faraone di Italia Viva insieme ad altri. Il ministro ha spiegato che una parte delle strutture è già adibita a Cpr, quindi non ci saranno “onerei aggiuntivi” per quello che ha definito “impianto polivalente“.
Poche parole, nessun dettaglio, e l’opposizione a gridare al fallimento totale. Così, al poco che aveva da dire Piantedosi ha pensato di anteporre il solito “forte interesse di 15 Paesi europei e della stessa presidente della Commissione Ue: è bene prenderne atto”, ha detto, certo che le prossime iniziative normative di Ursula Von der Leyen consentiranno di “sviluppare le potenzialità del progetto, superando gli ostacoli”. Altro che scusarsi con gli italiani e dire “abbiamo cestinato i vostri soldi”, come gli ha suggerito Faraone nella replica. Eppure, la giravolta del governo per trasformare le strutture di Shenjin e Gjader nell’ennesimo Cpr d’Italia ha molte incognite sul piano normativo e un’unica certezza: rispetto agli altri Cpr costerà di più e funzionerà peggio.
La normativa Ue non prevede che un provvedimento di espulsione passi da Paesi terzi, ed eventuali modifiche all’accordo, al netto del consenso albanese, imporrebbero un altro passaggio parlamentare. Nulla che impensierisca il governo, ovviamente. Ma il gioco vale la candela? A guardare cpr operativi in Italia, si direbbe di no. Nel 2023 abbiamo emesso 28mila ordini di allontanamento di cui 4.267 eseguiti, ma solo 2.979 riguardano chi è passato da un cpr, dove meno della metà dei trattenuti viene rimpatriato. Dipende dagli accordi coi Paesi d’origine, pochi e inefficaci. Tanto che due terzi dei rimpatriati è tunisino perché con la Tunisia c’è un accordo che supera il problema dell’identificazione: all’aeroporto di Palermo una delegazione consolare tunisina fa un breve colloquio col rimpatriando e la cosa è fatta. I numeri sono contenuti, ma si procede e infatti nessun tunisino è mai stato portato in Albania, a differenza di egiziani e bangladesi che nei primi nove mesi del 2024 contano appena 240 espulsioni (dati Eurostat).
Non c’è modo di credere che le cose andranno meglio in Albania, anzi. I trattenimenti amministrativi nei cpr devono essere convalidati e poi ciclicamente prorogati su richiesta della questura da un giudice di pace e, a fronte di lungaggini per identificare lo straniero, un decreto del governo ha stabilito che si possa rimanere in un Cpr fino a 18 mesi. Insomma, con i 1.000 posti delle strutture albanesi i numeri inizialmente annunciati dal governo restano un miraggio. Se invece, come accade in patria, non c’è modo di convalidare o prorogare il trattenimento, la persona va liberata, che in Albania significa rispedita in Italia a carico del contribuente. Nel 2023, a fronte di 2.979 stranieri rimpatriati, 1.507 persone sono uscite dai cpr per mancate convalide o mancate proroghe. Altre 500 sono uscite per decorrenza dei termini e 123 sono fuggite. Quanto ai rimpatriati, il passaggio nel cpr albanese servirebbe solo a rendere l’operazione Albania ancora meno sostenibile di quanto non lo sia stata fino ad ora.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.