Beauty e Benessere

Cristina Fogazzi: “Sanremo? La canzone di Cristicchi mi ha dilaniato. La sua storia è la mia e quella di mia madre. Ricordo che mi decolorava i baffetti, oggi le bambine fanno le influencer di creme su TikTok”

"Non è la bellezza delle labbra rifatte o dei capelli alla moda. È sentirsi sicuri di sé". Cristina Fogazzi, a Sanremo come sponsor con VeraLab, si racconta: dai falsi miti della skincare ("La pelle non si abitua!") all'importanza di accettare le imperfezioni. E su Cristicchi: "Il suo testo sull'Alzheimer mi ha dilaniato, mi ricorda mia mamma"

di Ilaria Mauri
Cristina Fogazzi: “Sanremo? La canzone di Cristicchi mi ha dilaniato. La sua storia è la mia e quella di mia madre. Ricordo che mi decolorava i baffetti, oggi le bambine fanno le influencer di creme su TikTok”

“Ricordo quando da ragazzina mia mamma mi decolorava i ‘baffetti’ o le sopracciglia pur di non depilarmi, con quella crema schiarente che poi finiva per irritare la pelle… Oggi, invece, siamo all’estremo opposto, con le bambine-influencer che fanno la skincare su TikTok“. Cristina Fogazzi, in arte L’Estetista Cinica, è un fiume in piena. A Sanremo per il terzo anno consecutivo come sponsor con il suo brand VeraLab, l’imprenditrice si racconta, tra ricordi personali, consigli di bellezza e riflessioni sul mondo della cosmesi e dei social. “Per me Sanremo è un’occasione di lavoro”, premette. “Abbiamo 20 persone del team qui, lavoriamo insieme tutto il giorno”, spiega. Ma è l’occasione anche per incontrare le sue “fagiane“, le affezionate clienti che la seguono sui social e che affollano il corner VeraLab in città o la ruota panoramica allestita sul lungomare: “È la cosa a cui tengo di più, mi fa molto piacere incontrarle”. E proprio il rapporto con loro è al centro del suo racconto: “Mi fa sempre molto piacere quando mi dicono che il mio approccio, nel rappresentare l’imperfezione, le ha aiutate. Rappresentare una normalità sui social, una donna non giovanissima – ho 50 anni – in maniera molto naturale, ha aiutato molte persone a fare pace con la propria immagine”. Ecco allora che il suo essere a Sanremo è anche un modo per portare avanti la sua battaglia per una bellezza autentica e “senza filtri“. Sul palco dell’Ariston, la perfezione è quasi un obbligo: cantanti in abiti da sogno, trasformati da ore di trucco e parrucco. Sanremo è anche questo: un palcoscenico dove la bellezza, anche quella costruita con ore di preparazione, è costantemente sotto giudizio, ricordandoci quanto l’immagine conti nel mondo dello spettacolo. “Siamo bombardati da immagini di donne sempre belle, e una pensa: ‘Se non sono così, sono un’anomalia’”, spiega.

E proprio per rompere questo schema, lei ha deciso di mettere in scena la realtà, l’autenticità delle imperfezioni: “Nel nostro spot si vede la cellulite, ragazzi!”, racconta entusiasta. “Una ragazza giovane con la cellulite, seduta su una sedia, che quando sbatte le gambe si vedono i ‘buchini’…quelli che penso abbia il 95% di noi. La prima volta che l’ho visto ho pianto, poi l’ho mostrato ad uno dei manager e lui mi ha detto: ‘Oh, queste sono le donne con cui esco io’ e ho capito che avevo fatto bene”, confida. Questo perché, ormai “viviamo in una rappresentazione completamente falsata”. Una rappresentazione che, per le donne, è un fardello secolare: “Il nostro corpo è stato chiuso nei corsetti, coperto, scoperto… Il corpo femminile è sempre un problema e va sempre ridefinito. Noi viviamo perennemente sotto lo sguardo degli altri che ti misurano con gli occhi. Un uomo non entra in una stanza pensando cose come ‘oddio avrò i capelli spettinati?’, ‘mi fissano per il rossetto sbavato?’ Sono tutte insicurezze che ormai si sono sedimentate nell’inconscio di ogni donna”. Al punto che, paradossalmente, rappresentare l’imperfezione è tutt’altro che facile. “Quando faccio i casting, cerco ragazze giovani senza medicina estetica… ma è un casino, non si trova nessuno – spiega-“. Ovviamente, chi lavora con la propria immagine la cura fino allo sfinimento e così anche trovare modelle con “una cellulite vera, da persona normale” è un’impresa: “È un paradosso perché i corpi veri li trovi per strada, ma non davanti a una telecamera”.

In questo sistema un ruolo centrale è giocato dai filtri, che sui social arrivano addirittura a modificare i connotati per farci corrispondere al canone imposto in quel momento dalla società. “Ogni tanto all’inizio li usavo anche io, lo ammetto. Ma poi mi sono accorta che questa cosa mi stava destabilizzando in qualche modo che non mi faceva bene – spiega Cristina -. Ho capito che era molto meglio se facevo i conti con la mia faccia vera, che poi è quella che vedono gli altri. Da lì non li ho mai più usati, proprio anche per il mio benessere psicologico. Però a volte mi capita che che mi fermino per fare le foto e quando mi guardo nelle loro telecamere penso ‘oh come sono bella oggi’. Poi pero mi accorgo che sono venuta particolarmente bene perché c’erano mille filtri attivi e ci rimango male. Non tanto per me, ma perché so che quelle persone hanno interiorizzato anche questa paura, questa insicurezza che non fa altro che amplificarsi. In certi casi diventa una vera patologia, la dismorfofobia”.

Quindi, cosa significa, per lei, essere bella? “È un po’ complicato, qualsiasi cosa rispondo è una frase fatta”, ammette. “La cosa più importante credo che sia davvero quando una persona si sente bene con se stessa, si sente quello che gli inglesi dicono ‘confident‘. Non è sicuramente la bellezza avere le labbra che vanno di moda al momento, i capelli con il taglio di tendenza o gli zigomi scolpiti”. Un concetto, quello della “confidence“, ovvero della fiducia in se stesse e nel proprio corpo, che Fogazzi cerca di trasmettere ogni giorno a chi la segue sui social, combattendo le fake news e i falsi miti che circolano nel mondo della cosmesi e della skincare. “Fa sempre parte delle cose che diventano trend sui social”, spiega riferendosi ai consigli e ai prodotti “miracolosi” che spopolano online. “Io dico sempre: se ci fosse l’ingrediente miracoloso, giuro, lo saprei. Cercate di approcciarvi con uno spirito critico a chi vi promette i miracoli”. E ,a proposito di prodotti “miracolosi”, cita alcuni esempi di trend assurdi: “C’è chi va a farsi iniettare lo sperma di salmone…che poi, mi chiedo, chissà come ci sono arrivati a scoprirlo. Purtroppo si è creata l’idea che ci sia sempre quel prodotto ‘sottobanco’ che arriva da luoghi esotici e fa miracoli. Ecco, ve lo dico: è molto difficile che la vera innovazione venga da lì. Alla base della cosmesi c’è sempre la Scienza. Se c’è qualcuno che può permettersi di finanziare importanti ricerche sono le multinazionali. Quindi, come non compreresti l’oscura pastiglia che ti viene venduta comprata chissà dove, ecco, tendenzialmente vale così anche per la cosmesi”.

E poi, i consigli pratici: “Anziché cercare prodotti ‘magici’, iniziamo a lavare bene la faccia“, chiosa Cristina. “La detersione è la cosa più importante per la pelle. E poi scegliere i prodotti non in base all’età, ma al tipo di pelle”. E sfata un altro mito: “La pelle non si abitua alla crema! Magari bisogna cambiarla perché è cambiata la condizione della tua pelle, o perché è un’altra stagione”. “Mi scrivono spesso le mamme”, racconta, “chiedendomi cosa fare per i primi brufoletti dei figli. La risposta è sempre la stessa, lavarsi bene la pelle”. E non solo: “Se ci sono meno 37 gradi o fa freddo, si può benissimo mettere una crema idratante protettiva a un bambino”. L’importante, sottolinea, è capire che la pelle cambia con i cambiamenti ormonali: “Noi donne che abbiamo il ciclo, sappiamo che il brufolo da ciclo è quel grande classico che ci accompagna fin dalla pubertà”. Per questo, quando i ragazzi entrano nella fase puberale, “la prima cosa da insegnare a fare è lavarsi la faccia”, perché le ghiandole sebacee iniziano a produrre più sebo. E in caso di brufoli? “Si può cominciare a far utilizzare qualcosa che regoli la produzione sebacea”. Lei si dice assolutamente favorevole a un approccio precoce alla cura della pelle, ma con le dovute accortezze. E, in caso di acne, non ha dubbi: “Dermatologo”. Perché, spiega, “l’acne è una cosa che in adolescenza, se è una brutta acne, condiziona”. Non solo a livello estetico, lasciando “cicatrici con le quali poi lotti tutta la vita”, ma anche a livello psicologico: “Sembra una paturnia, ma è veramente una condizione che influisce tanto”, soprattutto in un’età in cui “hai tutti gli occhi dei compagni addosso”. Da qui, il ricordo della sua adolescenza, quando la madre, invece di farle fare la ceretta, le applicava una “maledetta crema schiarente” sui baffetti, che “irritava tantissimo la pelle”. E pensando alla mamma, il suo pensiero va a “Quando sarai piccola“, il branco con cui è in gara al Festival di Sanremo Simone Cristicchi. “Mi ha spaccato, spezzato, dilaniato”, confessa. “Piangevo, perché la storia di sua mamma è un po’ anche la mia, la nostra”.

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