Mercoledì il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, aveva assicurato che "nessuno ha rescisso in questi giorni alcun contratto nei confronti dell’intelligence"
L’Intelligence italiana e Paragon Solutions – l’azienda produttrice del software-spia Graphite – hanno concordato di sospendere l’operatività del sistema fino alla conclusione della procedura di due diligence condotta dal Copasir e dall’Agenzia nazionale per la cybersicurezza. Questa indiscrezione è l’ultimo colpo di scena sulla vicenda del presunto spionaggio ai danni di giornalisti e attivisti e arriva due giorni dopo che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, aveva assicurato – rispondendo al question time della Camera – che “nessuno ha rescisso in questi giorni alcun contratto nei confronti dell’intelligence. Tutti i sistemi sono stati e sono pienamente operativi contro chi attenta agli interessi e alla sicurezza della Nazione”.
Una notizia che provoca la reazione delle opposizioni. “È una clamorosa smentita di quello che il Governo aveva detto 48 ore prima in Parlamento. Hanno già cambiato versione. Gli impegni del sottosegretario Alfredo Mantovano durano più o meno quanto le storie su Instagram”, commenta su X il leader di Italia viva Matteo Renzi: “Fanno uscire le notizie sperando che la gente non se ne accorga, immersa nel clima del Festival. Pensano di farci fessi“, aggiunge. Renzi afferma anche di avere “l’impressione che sulla torbida storia di intercettazioni abusive ci sia molto altro sotto”. “E mi stupisce – aggiunge – che ancora la Polizia penitenziaria non abbia smentito di aver acquistato questo software: al momento hanno smentito Polizia, Carabinieri e Finanza. Non la Penitenziaria, la stiamo aspettando”. Sulla stessa linea il capogruppo di Italia viva al Senato Enrico Borghi che commenta con un “attendiamo fiduciosi la smentita”.
Per il capogruppo al Senato di Alleanza Verdi-Sinistra, Peppe De Cristofaro, siamo davanti a “una marcia indietro sospetta, ma anche una conferma. Anche perché mentre si conoscono alcuni degli spiati ancora non conosciamo i responsabili di tali gravissime violazioni del diritto alla privacy e alla libertà di stampa”. Per questa ragione chiede al governo di informare “il Parlamento su quale organo investigativo o di intelligence utilizzasse il software e per quali circostanze”. “A oggi nessuno, ma proprio nessuno tra procure e servizi – aggiunge De Cristofaro -, dichiara di aver utilizzato questo software definito tra i più sofisticati al mondo, che sfrutta una tecnologia di sorveglianza di livello militare, per spiare gli esponenti di Mediterranea Saving Humans, il direttore di Fanpage, l’attivista libico e il presidente di Refugees in Libya. Il filo conduttore è chiaro: la Libia e i migranti. E il caso Almasri è un ulteriore tassello di questo intrigo italo-libico. Ma non conosciamo ancora chi spiava e per conto di chi”. “Avs ha presentato interrogazioni alla Camera e al Senato perché vorremmo sapere i mandanti di questo spionaggio. Il governo non può fare finta di nulla, o nascondersi dietro il Copasir, dove peraltro Avs non è presente. Deve venire in Parlamento a spiegare”, conclude De Cristofaro.
Era stato il Guardian, nei giorni scorsi, a scrivere che Paragon aveva rescisso il contratto con l’Italia dopo la notizia che lo spyware era stato utilizzato per sorvegliare il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, e il fondatore e capomissione della Ong Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini. Ciriani aveva spiegato che le agenzie di intelligence utilizzano il sistema rispettando “nel modo più rigoroso la Costituzione e le leggi e, in particolare, la legge 3 agosto 2007, n. 124. Questo rigoroso rispetto vale anzitutto verso i soggetti specificamente tutelati da tale legge, in primis i giornalisti. Tutto ciò avviene sotto il controllo, ciascuno per la sua parte, dell’Autorità delegata, del Copasir e della magistratura”.
Proprio il Copasir ha avviato un approfondimento sul caso, sentendo il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli. Mercoledì toccherà al direttore dell’Aisi, Bruno Branciforte. Il governo ha poi attivato l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, affinché svolga le verifiche tecniche su quanto riscontrato da Whatsapp che ha trovato 7 utenze italiane (sulle 90 totali) infettate dal virus. E si è mossa anche la procura di Palermo che ha ricevuto l’esposto di Casarini sul suo dispositivo hackerato, con l’ipotesi di reato di “accesso abusivo a sistema informatico“. Paragon, a quanto emerso, vende Graphite soltanto a entità governative. C’è stata così – alla luce degli ultimi eventi- un’interlocuzione tra l’intelligence italiana e l’azienda – di proprietà di un fondo americano dopo essere stata fondata in Israele – che ha portato alla decisione di sospendere temporaneamente l’operatività del sistema.
Intanto è emerso che il nome di David Yambio, attivista sudanese accusatore di Almasri e vittima dello spyware di Paragon, sarebbe agli atti di un’inchiesta della procura di Palermo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È stato Il Giornale a pubblicare stralci di una comunicazione di polizia all’intelligence datata 6 maggio scorso in cui si informa che “la procura distrettuale di Palermo ha recentemente iscritto nel registro degli indagati” Yambio e due connazionali perchè “indiziati del reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Una nota su carta intestata ha consentito a Il Giornale di rivelare a un indagato l’esistenza di un’inchiesta segreta. E adesso la Procura di Palermo sarà costretta a indagare per capire chi abbia danneggiato l’indagine in corso. La conclusione de Il Giornale è che l’installazione dello spyware israeliano sullo smartphone di Yambio non sarebbe “attribuibile a presunte richieste del governo”, bensì “legato alle indagini avviate dai giudici di Palermo”. Al Fatto risulta comunque che in tutta la distrettuale di Palermo (che comprende Trapani e Agrigento), non hanno in uso Paragon.