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Gli odiatori soffrono di un disagio della mente. Ma accorgersene è difficile

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Odiare provoca un eccesso di cortisolo, norepinefrina e altri ormoni dello stress. Il che non fa bene alla salute. Ma questo sovraccarico influenza la mente e tende a focalizzarsi sulle esperienze negative; poi le esperienza belle e buone non le vedi proprio! Molte ricerche ci dicono che questo stato incentiva pensieri ed emozioni negativi: pessimismo, amarezza, ansia, paura. Così una persona ammalata di odio non se ne rende conto. È convinta di non odiare in modo sistematico e si considera una persona giusta che semplicemente non sopporta la stupidità, la scorrettezza, le ingiustizie.

A 18 anni io volevo vendicare mia madre ammazzando i fascisti che l’avevano rapita. Entrai così in Rosso, l’organizzazione terroristica di Toni Negri. Un giorno incontrai una ragazza con la quale avevo avuto una storia. Anche lei era favorevole alla lotta armata. Dopo un po’ che parlavamo lei mi guarda esasperata e mi dice: “Jacopo, smettila! È la quinta volta che mi spieghi perché dobbiamo passare dalle parole ai fatti!” Io restai ammutolito, non mi ero proprio accorto di continuare a ripetere le stesse cose.

Questa è una caratteristica delle persone ammalate di odio: ripetono ossessivamente gli stessi ragionamenti. E non se ne accorgono. Qualunque critica viene rifiutata con un: “Tu non capisci!”. Per mia fortuna era una ragazza che stimavo, che mi voleva bene e che condivideva le mie idee a dirmi che ero entrato in uno stato di ossessione! Questo fu determinante per farmi capire che ero andato fuori di testa, iniziò così un percorso che rapidamente mi portò ad abbandonare la lotta armata, per fortuna prima di mettermi a sparare (qui la mia storia). Ma fu solo il primo passo verso la comprensione del mio stato mentale. Non volevo più ammazzare qualcuno ma restavo dell’idea che dovevo difendermi, nessuno avrebbe potuto mettermi i piedi in testa.

Passarono 5 anni. Era il 1979 quando una sera andai al Titan, a Roma, una discoteca che veniva chiusa una volta al mese per sparatoria. Il mio locale preferito. Per passare da una sala all’altra c’era solo un corridoio lungo e stretto. Un gruppo di cinque borgatari grandi e grossi, di quelli con le giacche di pelle e i tatuaggi, giocavano a rompere i coglioni: uno si era messo con un braccio teso in orizzontale, la mano appoggiata al muro e tutti dovevano chinarsi per passare. Quei teppisti lo trovavano divertente. Io passai senza chinarmi, spingendo via di petto quel braccio. Pesavo 56 chili, spalle rachitiche, muscoli non pervenuti, ma non mi sarei inchinato di fronte a nessuno. Quando passai oltre uno dei bellimbusti mormorò qualche mala parola. Io quella sera, a causa di motivi indiscutibili, avevo sotto la giacca un martello da carpentiere e nessuna remora a usarlo. Mi girai verso questi teppisti e con il dito indice feci loro cenno di farsi sotto. Il primo che mi fosse venuto addosso se la sarebbe vista male.

Poi potevano anche ammazzarmi. Sinceramente non me ne fregava un cazzo di morire. Uno di loro, che era il doppio di me, mi guardò negli occhi e mi disse: “Ma tu hai da stà calmo! Te fa male d’esse così incazzato! Te rovini la salute!”. Non smetterò mai di serbare gratitudine per quel giovinastro. Con tre frasi mi fece capire che la sindrome dell’odio mi dominava ancora. Stavo ancora sclerando. Quelle parole se me le avesse dette uno psicologo, un sacerdote, un maestro spirituale, mi sarebbero rimbalzate. Ma se un ceffo come quello ti dice che devi darti una calmata, ti viene un dubbio!

Abbandonai Roma e andai a vivere in mezzo a una foresta umbra a ossigenarmi il sistema nervoso. Quando sei preso dalla sindrome dell’odio solo un colpo di fortuna ti può far rendere conto di quanto stai male, proprio perché la rabbia ti porta a non sentire più le tue stesse emozioni. Figuriamoci se senti quelle degli altri… La tua empatia sta a zero. E anche la tua capacità di ascoltare quello che dici.

Nel prossimo post cercherò di rispondere alla domanda: puoi smettere di volerti vendicare anche se non sei San Francesco?

Per approfondire: Della guerra e della frigidità emotiva

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