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Morto Pinto da Costa, il Porto saluta il suo monarca per 42 anni con un ‘funerale di Stato’. Champions, potere e ombre: la sua storia

A omaggiare il dirigente più vincente della storia del calcio mondiale, anche l’ex presidente del Portogallo Ramalho Eanes e l’attuale premier Luìs Montenegro
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L’addio solenne a Jorge Nuno Pinto da Costa, l’ex presidente del Porto in carica dal 1982 al 2024 e scomparso sabato all’età di 87 anni a causa di un cancro alla prostata, è stato un funerale di Stato. A omaggiare il dirigente più vincente della storia del calcio mondiale, con la conquista di 69 trofei, 7 dei quali internazionali, non solo il popolo dei Dragoes, ma anche politici di primissimo livello, come l’ex presidente Ramalho Eanes e l’attuale premier – dichiarato tifoso del Porto – Luìs Montenegro. Pinto da Costa non è stato solo un serial winner del futebol: in nome della natura polisportiva del Porto ha conquistato qualcosa come 2.585 trofei.

Un monarca, per molti assoluto. I tifosi gli hanno dedicato allo stadio Do Dragao uno striscione lungo decine di metri, accompagnato da centinaia di sciarpe, con la scritta “Lunga vita al re”. In chiesa, oltre all’ex presidente Eanes (“Sono qui per rendere omaggio a un amico, ciò che ho apprezzato di più in lui è stata la sua capacità di essere uno stratega”) e al premier Montenegro (“È stato un leader iconico nello sport nazionale, un punto di riferimento per i valori della promozione dello sport”), avvistati l’allenatore milanista Sergio Conceiçao (in Portogallo rimbalzano le critiche della sua presenza a poche ore dal ritorno di Champions contro il Feyenoord), il superprocuratore Jorge Mendes, gli ex giocatori Deco e Pepe. Il Real Madrid ha inviato una corona di fiori, mentre fa rumore il silenzio di Sporting e Benfica, eterni nemici del Porto. Un funerale in azzurro: nelle sue ultime disposizioni Pinto da Costa aveva chiesto di non indossare il color nero. La messa è stata celebrata nella chiesa di Antas e poi, modificando i piani iniziali, la bara è stata trasportata allo stadio, accompagnata da un lungo corteo funebre.

Come spesso accade, il momento dei saluti fa dimenticare i lati oscuri. Pinto da Costa fu coinvolto nello scandalo di corruzione nel calcio portoghese Apito Dourado (Fischietto dorato), che lo costrinse nel 2004 a rifugiarsi in Spagna per evitare il carcere. Dopo una lunga battaglia legale, fu assolto nell’aprile 2009 dopo aver ricevuto una sospensione di due anni e una multa di 10.000 euro nel maggio 2008. Il nome del Porto è entrato anche nel report di Football Leaks, seppure in posizione più sfumata rispetto al Benfica. Nella gestione di Pinto da Costa, furono stabiliti rapporti controversi con i capi della tifoseria. La questione esplose alla vigilia delle elezioni del 2024, in cui, dopo il caos scoppiato nell’assemblea dei soci del novembre 2023, il principale avversario, l’ex allenatore André Villas-Boas, subì intimidazioni e persino a tentativi di aggressione della sua abitazione. Le indagini hanno portato all’“Operazione Pretoriano” e al fermo di dodici persone, tra le quali il capo dei tifosi Fernando Madureira, sua moglie Sandra, lo speaker del club Fernando Saul e il responsabile delle relazioni esterne Tiago Aguiar.

Cinque mogli, due figli, origini nobiliari, Pinto da Costa entrò a far parte del Porto nel 1957, in pieno salazarismo: appena ventenne, il suo primo incarico nella polisportiva fu quello di dirigente dell’hockey su prato. Il suo obiettivo dichiarato era però il calcio e nel 1982 diventò presidente del club. La Coppa dei Campioni del 1987, con il gol di tacco dell’algerino Madjer e il 2-1 definitivo dell’ex Inter e Avellino Juary, nella finale di Vienna contro il Bayern Monaco, consegnò Pinto da Costa alla leggenda. Il colpo di genio di puntare su José Mourinho nel 2002 fu premiato, nel 2004, con la conquista della seconda Champions. Pinto da Costa avrebbe voluto festeggiare i 90 anni alla guida del club, con il diciassettesimo mandato, ma la corsa è finita nel 2024, con il trionfo di Villas-Boas, in nome del futuro e del risanamento di un club pieno di debiti.

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