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Dalla guerra al virus al virus della guerra: il risultato della ‘inutile strage’ del XXI secolo

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Nessuno che avesse un minimo di onestà intellettuale poteva dubitare che c’erano solo due strade per concludere il conflitto armato in Ucraina: una mediazione con l’avversario o l’escalation fino alla guerra nucleare tra due superpotenze atomiche, che avrebbe provocato almeno 95 milioni di morti in 45 minuti, secondo la simulazione dell’Università di Princeton. Inascoltati, con Rete Italiana Pace e Disarmo, sosteniamo da prima che l’esercito russo invadesse il territorio ucraino – dopo otto anni di guerra civile nel Donbass e il tradimento degli accordi di Minsk – che l’Europa avrebbe dovuto esercitare un ruolo di “neutralità attiva”, sottraendosi all’abbraccio mortale della Nato per poter svolgere un’autorevole azione di mediazione in quanto soggetto terzo; sostenere i movimenti pacifisti in Ucraina e Russia e dare rifugio agli obiettori di coscienza di entrambi i fronti; organizzare una Conferenza internazionale di pace e promuovere l’ingresso sia dell’Ucraina che della Russia nell’Unione Europea. Era, peraltro, il vecchio sogno del presidente Gorbaciov, per un’Europa unita e pacifica dall’Atlantico agli Urali.

“Il maggior numero delle parti in conflitto – sosteneva Johan Galtung, fondatore dei Peace studies e mediatore Onu – ha qualche posizione valida: il lavoro sul conflitto consiste nel costruire una posizione accettabile e sostenibile a partire da quel ‘qualcosa di valido’, per quanto minuscolo possa essere”. Invece l’Unione Europea – e con essa l’Italia, ripudiando per l’ennesima volta la sua Costituzione, anziché la guerra – si è lanciata, a rimorchio degli Usa, in una nuova “guerra di civiltà” (dopo quella anti-islamica) contro la Russia, mandando armamenti per 62 miliardi di euro… “fino alla vittoria”. Oggi che “il nuovo sceriffo” della Casa Bianca dà il contrordine e avvia negoziati diretti con il capo del Cremlino – a dispetto della reductio ad hitlerum che ne aveva fatto la vulgata bellicista – che sembrano accogliere le sue richieste iniziali, a cominciare dalla neutralità militare dell’Ucraina, aggravate dall’espansione militare russa sul terreno in questi tre anni di guerra, i governi europei e i cantori dell’escalation, messi ai margini, rimangono increduli e frastornati.

Nel frattempo, i calcoli geopolitici delle cancellerie internazionali hanno triturato una generazione di giovani europei, con sommo disprezzo delle vite umane, in quella che gli storici ricorderanno come “l’inutile strage” del XXI secolo, esattamente come accadde nella prima guerra mondiale che avrebbe dovuto “porre fine a tutte le guerre”. Ingannati, allora come oggi, come scriveva il generale Smedley D. Butler, eroe della “grande guerra”, nel libro che ne scrisse a conclusione dal titolo La guerra è una mafia: “Ragazzi con una normale prospettiva di vita sono stati strappati via dai campi, dagli uffici, dalle fabbriche, dalle aule scolastiche e messi in riga per essere rimodellati e riprogrammati. A loro è stato imposto un brusco dietro-front con cui si sono trovati a passare da una vita normale a un’altra dove l’omicidio è all’ordine del giorno. Sono stati messi spalla a spalla e, attraverso il condizionamento di massa, trasformati. Li abbiamo sfruttati per un paio di anni addestrandoli a non far altro che uccidere o essere uccisi”. Non sappiamo ancora quante siano le vittime effettive dal 2022, stime parlano di oltre un milione tra russi e ucraini, morti e mutilati, feriti e traumatizzati permanenti.

Che cosa rimane di questi anni di guerra in Europa? La militarizzazione dell’economia e della cultura, con l’alimentazione della paura del “nemico” alle porte, come esplicitato chiaramente da Mark Rutte, segretario generale della Nato, che ha intimato di passare alla “mentalità di guerra”, e da Ursula von der Leyen che alla Conferenza di Monaco sulla “sicurezza” ha ordinato di adottare “in modo permanente la mentalità di urgenza”. Ma, come spiegava Zygmunt Bauman, le paure indotte “arrivano nella nostra vita già con i loro rimedi, prima ancora che i mali che essi promettono di curare abbiano fatto in tempo a spaventarci” (Paura liquida). E il rimedio della Commissione europea è di aumentare le spese militari dei paesi europei “per centinaia di miliardi in più all’anno”, ossia dai 340 miliardi che corrispondono in media al 2% del Pil dei paesi UE nel 2024 a 620 miliardi all’anno, ossia al 3,5% del loro Pil.

Per fare questo – per la corsa agli armamenti, non per gli investimenti sociali – von der Leyen sospende i vincoli di spesa previsti dal patto di stabilità, esattamente come avvenuto durante la crisi della pandemia di Covid. Ma per il Covid quegli investimenti straordinari servivano ad uscire dalla pandemia e salvare vite, le spese militari servono per entrare nella pandemia della guerra permanente che falcia le vite. Durante il periodo del Covid avevo raccolto i miei articoli del tempo in un libretto intitolato Disarmare il virus della guerra e sottotitolato Annotazioni per una fuoriuscita nonviolenta dall’epoca delle pandemie. Ecco, sta avvenendo esattamente il contrario: allora era stato usato il paradigma bellico per affrontare una pandemia virale, adesso si usa il paradigma pandemico per entrare nell’epoca della guerra globale. Dalla guerra al virus al virus della guerra.

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