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L’ex schermidore Andrea Cassarà condannato per tentata interferenza illecita nella vita privata

Il gup di Brescia gli ha inflitto in abbreviato un anno e quattro mesi dopo aver riqualificato il reato dall’iniziale contestazione che era di produzione di materiale pedopornografico
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Il giudice per l’udienza preliminare di Brescia ha condannato in abbreviato a un anno e quattro mesi per tentata interferenza illecita nella vita privata l’ex schermidore della nazionale Andrea Cassarà. Riqualificato il reato dall’iniziale contestazione che era di produzione di materiale pedopornografico. Per l’accusa l’ex olimpionico di scherma aveva tentato di riprendere con il proprio telefonino due ragazzine di 16 anni mentre si stavano facendo la doccia negli spogliatoi del centro sportivo San Filippo, a Brescia. Vicenda avvenuta a fine 2023.

All’azzurro i carabinieri avevano sequestrato il cellulare dopo che una delle due ragazzine aveva sporto denuncia senza fare il nome di Cassarà, che la giovane non aveva visto in volto. Ad immortalarlo nell’area spogliatoi del centro sportivo, e in un orario compatibile con il racconto della minorenne, erano state le telecamere della struttura sportiva di Brescia. L’ex azzurro – venti ori tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei – era quindi stato indagato.

Secondo il racconto della giovane, i fatti erano avvenuti venerdì 20 ottobre, dopo la fine di un incontro al centro sportivo San Filippo. L’adolescente aveva fatto mettere a verbale di aver visto una mano che teneva un cellulare, come se la stesse riprendendo, mentre era nuda sotto la doccia. A quel punto aveva urlato e, una volta vestita, era andata a parlare con la direzione del centro sportivo che le aveva consigliato di sporgere denuncia.

Per Cassarà non si tratta dei primi guai con la giustizia. Già nel 2007, infatti, l’ex campione del mondo e due volte oro olimpico a squadre venne accusato di atti osceni in luogo pubblico: secondo l’accusa, aveva mostrato le parti intime a una ciclista, in strada a Cremona. Condannato a tre mesi in primo grado e a due in secondo, la Cassazione finì poi per annullare la decisione, rimandando gli atti a un nuovo giudizio. Nel processo d’appello fu prosciolto per sopraggiunta prescrizione, ma fu obbligato a pagare le spese legali nei confronti della parte civile. Cassarà si era comunque sempre proclamato innocente.

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