Vigilessa uccisa, le associazioni in difesa delle donne escluse dal processo: per i giudici “non è femminicidio”. Protestano i familiari

È iniziato tra le polemiche il processo a Giampiero Gualandi, 63enne ex comandante della Polizia locale di Anzola Emilia (Bologna) accusato dell’omicidio della collega Sofia Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale. La Corte d’Assise di Bologna, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo, ha escluso dalle parti civili cinque associazioni per la difesa dei diritti delle donne – Udi, Casa delle donne, Sos donna, Mondo donna e associazione Malala – sostenendo che le circostanze “non permettono allo stato degli atti di ricondurre il fatto alla definizione di femminicidio, mancando qualsiasi riferimento alla lesione della sfera di autodeterminazione della donna, ad atti di maltrattamento, discriminazione e prevaricazione o ad atti tipici della violenza di genere“. Una decisione che la mamma della vittima ha contestato parlando ai cronisti: “Noi pensavamo Sofia fosse al sicuro, per noi questo è un femminicidio. Un femminicidio aggravato dal fatto che lei semplicemente cercava lavoro e come tante giovani donne era estremamente ricattabile”.
Stefani, infatti, era una vigilessa precaria: al momento del delitto, il 16 maggio 2024, il suo contratto a termine ad Anzola era da poco concluso. A ucciderla, mentre si trovava nell’ufficio di Gualandi, fu un colpo partito dalla pistola d’ordinanza del comandante: l’imputato, non presente in aula alla prima udienza, ha sempre sostenuto che si sia trattato di un incidente, uno sparo esploso per errore durante un lite. Ma la Procura, con la pm Lucia Russo, e i Carabinieri sono convinti che si sia trattato di un gesto doloso e Gualandi abbia preso appositamente la pistola dall’armeria quel pomeriggio, inscenando poi una colluttazione. Per questo la contestazione è di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo con la vittima. Prima della chiusura dell’udienza, la Corte d’Assise ha respinto alcune istanze della difesa, tra cui quelle di cambiare il capo di imputazione in omicidio colposo o preterintenzionale o di escludere le aggravanti.