Delcat Idinco ucciso per una canzone nella Repubblica Democratica del Congo: di musica si può morire

Nessuno vi racconterà la sua storia. E allora voglio farlo io.
Al termine dell’annuale ubriacatura collettiva sanremese, ripetiamo che sono solo canzonette. Una parentesi leggera, un divertimento che dura una manciata di minuti. E invece no: a noi può sembrare incredibile, ma per una canzone si può anche morire.
Aveva 27 anni, si chiamava Delfin Katembo, ma era noto con il nome d’arte Delcat Idinco (o Idengo). Era un “rappeur”, come si dice in Repubblica Democratica del Congo. Un cantante che aveva fatto della musica uno strumento di critica politica e di lotta rivoluzionaria. Una lotta che ha portato avanti con determinazione e coerenza, pagando prima con il carcere e poi con la vita. Idinco è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco giovedì 13 febbraio a Goma, città sotto occupazione da due settimane. Foto e video circolati in rete lo mostrano inerte a terra, sanguinante, sulle pietre laviche della città martire del Nord Kivu.
Idinco era noto in patria per i suoi testi graffianti, per le critiche al potere di Kinshasa, tanto da esser finito in carcere, con una condanna a 10 anni, ed esser poi stato graziato dal presidente in persona durante la campagna elettorale del dicembre 2023. Libero, ma non pago. Avrebbe potuto godersi la ritrovata libertà, tenendo toni più bassi. Ormai sapeva bene di essere nel mirino. E invece l’anno scorso è stato di nuovo arrestato durante una manifestazione contro la Monusco, la forza Onu in Congo, spesso accusata dalla popolazione di inefficienza se non di complicità con i miliziani. Una corte militare ne aveva disposto una sorta di “custodia cautelare”, senza condanna. Per questo era di nuovo detenuto e si trovava nella prigione di Goma, quando la città è caduta nelle mani dell’M23.
Era anche lui fra gli evasi dal carcere, poi dato alle fiamme, dove sono morte 141 donne e 28 bambini piccoli. Idinco era riuscito a fuggire. E che aveva fatto? Si era dato alla macchia? Si era ripreso la libertà nascondendosi? No. In pochi giorni, aveva scritto e registrato una nuova canzone, “Bunduki”. Una canzone che – a dispetto della musica reggie che pare sempre leggera – denunciava con parole durissime quanto sta avvenendo nell’est della Rd Congo. Un inno alla libertà e all’indipendenza, una denuncia senza giri di parole di complicità, connivenze e mandanti della caduta di Goma e delle piaghe che da trent’anni affliggono l’est del Congo e l’intero paese. L’aveva registrata mercoledì 12. Il giorno dopo, il suo corpo giaceva a terra senza vita. Nessuno ha saputo o potuto testimoniare sulla dinamica dei fatti. Idinco era inviso a tanti. Ma è impossibile non pensare che le parole urticanti del suo ultimo canto siano diventate firma della sua condanna a morte.
Ecco. Mentre qui si canta fra lustrini e paillettes, altrove lo si fa nel fango, usando la voce per levare l’urlo di dolore di un popolo calpestato, massacrato e sfruttato da decenni. Mentre qui si mostra l’ultimo tatuaggio, altrove si mostrano le cicatrici rimaste dal carcere. Mentre qui un canto può condurti sul podio e sulle copertine dei rotocalchi, altrove può portarti via la vita. Idinco, mi auguro che la tua canzone sia ascoltata anche al di fuori dei confini del tuo amato Congo. Anche se non hai fatto in tempo a girare un videoclip, le note e la tua voce sono incise e possono essere ascoltate. In tua memoria, la traduco in italiano: potrà piacere o meno, ma non si può morire per una canzone. Proprio non si può.
Bunduki za Kwetu (Le nostre armi)
Qui a Goma vi chiamate M23,
a Beni siete le ADF, nell’Ituri siete le CODECO.
Sì, siete (sempre) voi, la politica di occupazione tutsi.
Buongiorno invasori,
Voi ci trasformate in rifugiati,
So che ci temete ma il vostro cuore duro vi lascia qui.
Voi vi fermerete qui
Qui sarete sterminati
Tshisekedi vi ha mentito,
verrete sterminati qui,
questo paese appartiene ai congolesi.
Ci è mancata l’unità e l’amore
Ecco perché siete in prima pagina,
Questa volta è occhio per occhio,
non fuggiremo più da voi.
Goma, Goma la capitale della rivoluzione,
Beni è benedetta, la capitale della resistenza,
Bukavu e Butembo, le capitali dei commerci.
Kinshasa e Kisangani, non tradite mai il Congo.
I proiettili, i proiettili ooohhh, il nostro cibo all’Est,
le pietre saranno le nostre armi contro l’M23 a Goma.
I “liberatori” violentano le nostre mamme,
i “liberatori” saccheggiano e rubano liberamente e in pieno giorno,
i “liberatori” non hanno amici a Goma.
Cose gravi, i “liberatori” vogliono il dialogo.
Vi fermerete e verrete sterminati qui
perché Tshisekedi vi ha mentito,
Vi fermerete e verrete sterminati qui
perché questo paese è dei congolesi.
Voi “liberatori” siete sostenuti dalla Monusco,
anche il governo è governato dalla Monusco.
Tutti voi siete dei ribelli.
No all’imperialismo, sì a un nuovo esercito indipendente nel nostro Paese.
FREEDOM, LIBERTA’