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L'associazione Luca Coscioni lancia una giornata di mobilitazione in tutta Italia per il 5 aprile, dopo lo storico via libera del Consiglio regionale della Toscana
Fine vita, Cappato: “Altre Regioni seguano il modello Toscana. Una legge nazionale? Solo se non peggiorativa”. Il 5 aprile mobilitazione nazionale
di Alberto Sofia
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Un effetto domino, dalla Toscana al resto delle Regioni d’Italia. In modo da spingere magari anche il Parlamento, immobile o quasi, ma non a tutti i costi. Solo per “una legge che non sia peggiorativa” rispetto ai paletti e ai diritti già stabiliti dalla Consulta. È la speranza dell’associazione Luca Coscioni, dopo lo storico via libera del Consiglio regionale della Toscana, con emendamenti, alla proposta di legge di iniziativa popolare sul fine vita ‘Liberi subito’, promossa dalla stessa Coscioni e supportata da oltre 10mila firme.
Dopo il no del Veneto, del Piemonte e della Lombardia, il primo storico via libera ha riacceso il dibattito, come ha ricordato lo stesso presidente della regione Toscana, il dem Eugenio Giani, nel corso di un evento organizzato dall’associazione di Marco Cappato e Filomena Gallo per fare il punto sull’iter delle diverse iniziative regionali: “È uno stimolo affinché venga definita una legge nazionale. Sono convinto che eccepire la questione di costituzionalità – come già evocato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e altri esponenti del governo Meloni, ndr – sarebbe imbarazzante, perché nella legge regionale è stato raccolto quello su cui la Corte costituzionale aveva indirizzato: non ritengo che vi siano le condizioni per impugnarla“, ha rivendicato il governatore toscano. Secondo cui, anche “se dovesse accadere, per forza di cose il Parlamento dovrà poi decidere nei termini e tempi adeguati”.
In attesa delle mosse di Palazzo Chigi, a muoversi è intanto il Senato, dove prosegue la discussione nel tentativo, sempre più complicato, di armonizzare quattro diverse proposte di legge: “Tre dalle opposizioni e uno dalla maggioranza”, ha ricordato la vicepresidente Mariolina Castellone (M5S), che spera ancora in una sintesi: “I due relatori di maggioranza hanno comunicato proprio nelle ultime sedute del comitato ristretto di cui faccio parte, che a breve arriverà un testo. Rischi che sia peggiorativo o che voglia solo ‘sterilizzare’ l’iniziativa delle Regioni? Il pericolo c’era, ma sono più tranquilla perché dovrebbe riprendere, almeno a quanto ci hanno detto, quelli che sono i principi della sentenza della Corte costituzionale del 2019″.
I timori però restano. Anche perché, avverte pure Riccardo Magi (+Europa), già nella passata legislatura il testo approvato in prima lettura a Montecitorio e poi rimasto impantanato a Palazzo Madama era “discriminatorio”: “Per fortuna si fermò, era peggiorativo. Mi viene da dire, meglio seguire la via regionale”.
E il mantra “meglio nessuna legge che una cattiva legge” è ripetuto pure dallo stesso Cappato: “Una legge serve solo se si va verso l’eutanasia legale contro quella clandestina. Se invece si vuole soltanto impedire alle Regioni l’attuazione della sentenza della Corte, andando contro il diritto delle persone a essere aiutate a morire senza soffrire, allora meglio che il Parlamento non intervenga“. “Quel che è certo è che noi non ci fermeremo. E abbiamo indetto una mobilitazione nazionale per il prossimo 5 aprile“, rivendica Cappato.
Tradotto, considerati i rapporti di forza in Aula tra Camera e Senato, cercare di ripetere quanto avvenuto in Toscana da altre parti della penisola sembra la strada da seguire. E se in Veneto il governatore Luca Zaia attende (in attesa di capire come si comporterà il governo rispetto alla legge toscana, ndr) come muoversi rispetto al promesso “regolamento” o circolare dei vertici della sanità regionale, per fissare tempi certi e omogenei di risposta da parte delle singole Usl, in altri Consigli regionali qualcosa si muove. A fatica.
“Abbiamo due leggi di iniziativa popolare nostre in Abruzzo e Valle d’Aosta – spiega Cappato – mentre a livello consiliare la Sardegna vorrebbe approvare la nostra legge”. Eppure, al di là delle promesse, il caso decadenza della presidente Alessandra Todde e i dossier sanità e finanziaria hanno finito per rallentare il percorso, con l’iter ancora fermo. Niente si muove invece nel Lazio – come in altre Regioni a guida centrodestra -, dove qualsiasi discussione è stoppata, come spiegano Marietta Tidei (Iv) e Claudio Marotta (Avs), consiglieri di opposizione che avevano presentato la proposta “Liberi subito”: “Non vogliono parlare di questo tema, per la Giunta non è materia di competenza regionale. E di fronte alle nostre interrogazioni e rimostranze, quando abbiamo chiesto che l’iter iniziasse, hanno pure abbandonato l’Aula. Rocca è ostaggio delle frange più fanatiche della sua maggioranza. Le sue parole su un presunto regolamento? Non esiste, lo abbiamo chiesto e non ci è stata data risposta”.