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Ti ricordi… Quando un danese di Nyborg sbarcò ad Avellino: la storia dell’attaccante Soren Skov

Nel 1982 il cavalier Sibilia comprò un 28enne dal Bruges: l'avventura non andò benissimo
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È un posto da favola Nyborg, in Danimarca: il castello, il mare, panorami che sembrano da libro di fiabe. Persino lo stemma della città sembra uscito da un libro: il castello col volto del vecchio re tra la luna e una stella. A Nyborg nasceva 71 anni fa Soren Skov: professione attaccante. Muove i primi passi all’ombra del castello, Soren, segnando i primi gol proprio con la maglia della squadra del paese. Alto e magro, Skov si fa notare subito per i gol e la capacità di far sentire la propria presenza in area di rigore. Passa all’Odense prima e poi in Germania al St Pauli: non dimentica Nyborg, però. Per festeggiare l’inaugurazione del nuovo stadio infatti Soren torna a giocare un’amichevole proprio tra il St Pauli e il Nyborg. Intanto è già nel giro della nazionale danese under 21.

La svolta arriva quando passa al Bruges, dove Skov comincia a segnare a raffica, in particolare nell’ultima stagione giocata in Belgio, quella 1981-82, quando realizza 23 gol in campionato. Soren nel 1982 ha già 28 anni, per quell’epoca il grosso della carriera è andata e per uno come lui, che gioca a calcio per professione ma, come ha raccontato spesso ai media non ne è affezionato, va bene così.

Nyborg è stata una città importantissima per la Danimarca, in particolare nel periodo immediatamente successivo alla sua formazione, nel 1200, quando ottiene dal re lo status di “città mercato”: chi voleva vendere le proprie merci doveva recarsi lì. Chi invece voleva vendere i propri calciatori 800 anni dopo o giù di lì, in particolare se giocavano in campionati “periferici”, aveva un solo mezzo: la videocassetta. Con tutti i limiti che ne derivano, naturalmente. E nel 1982 il cavalier Sibilia, patron dell’Avellino, all’epoca meravigliosa realtà calcistica, provinciale terribile che faceva pagar dazio spesso e pure molto volentieri alle grandi, ha da sostituire Juary, venduto all’Inter per due miliardi.

Quei soldi vengono reinvestiti in parte per il mitico Geronimo Barbadillo, in parte per portare in Irpinia Soren Skov: l’allenatore dei lupi, Pippo Marchioro, spende anche buone parole per lui, e Soren si impegna a cimentarsi nella nuova realtà, prendendo confidenza in particolare coi giornali per imparare la lingua, e anche in campo. Nel ritiro di Pontremoli mette a segno il primo gol della nuova avventura irpina, nell’amichevole in famiglia: primo gol anche dei nuovi stranieri arrivati in Italia quell’anno, tra cui Platini e Passarella.

Un gol di poco conto ma di buon auspicio secondo lo stesso Skov, che se ne rallegrerà al telefono con la moglie, la bella Martine, ricordando che anche al Bruges la sua migliore stagione era partita proprio così. E in effetti sembra andar bene: segna in Coppa Italia contro la Lazio, poi anche nel derby contro il Napoli, poi più nulla. Parte titolare in campionato, sempre in campo dall’inizio nelle prime cinque partite, ma la cosa più degna di nota del centravanti danese in Irpinia è proprio la moglie, Martine, apprezzata per la sua bellezza.

Scivola in panchina Skov, praticamente per tutto il resto della stagione, in particolare da quando sulla panchina biancoverde Marchioro viene sostituito con Veneranda. Il danese viene “rispolverato” nella fase finale della Coppa Italia, contro la Roma, e per la verità risponde presente, segnando una doppietta. Ma è chiaro ormai che il suo acquisto viene ritenuto un errore e a fine stagione viene venduto ad un Herta Berlino in caduta libera in Bundesliga 2.

Da lì, ormai ultratrentenne, passerà in Svizzera prima al Winethur e poi al San Gallo, cominciando anche a guardare al proprio futuro: passerà a lavorare in banca infatti e anche per la pubblica amministrazione elvetica. In Svizzera resterà fino al tragico epilogo: è scomparso prematuramente infatti nell’agosto del 2022.

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