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L’intelligenza artificiale non è solo una tecnologia: è un cambio di paradigma

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L’Intelligenza Artificiale non è solo una tecnologia: è un cambio di paradigma che sta ridisegnando il mondo a una velocità senza precedenti. A sostenerlo è Sergio Bellucci nel suo nuovo libro A.I. Un viaggio nel cuore della tecnologia del futuro. Dal principiante all’esperto in un baleno, in cui esplora l’impatto dell’IA sulla politica, l’economia e la società.

Secondo Bellucci, la portata dell’IA è paragonabile solo all’energia nucleare in termini di trasformazione globale. L’Intelligenza Artificiale è già il centro di una sfida geopolitica tra Stati Uniti e Cina, dove il controllo su questa tecnologia diventa strategico come un’arma. Ma non si tratta solo di potere militare o economico: l’IA sta accelerando il ritmo dell’innovazione a livelli mai visti. Il concetto di “singolarità” di Raymond Kurzweil, che ipotizza un momento in cui la tecnologia supererà la capacità umana di comprenderla, non è mai stato così vicino a realizzarsi.

Nel libro, Bellucci introduce anche il concetto di “tecno-feudalesimo”, in cui il potere tecnologico si concentra nelle mani di pochi grandi attori, come Elon Musk o le grandi piattaforme digitali. La tecnologia e la politica si stanno fondendo: oggi chi controlla i dati e gli algoritmi ha in mano il potere economico e sociale. Questo nuovo ordine globale solleva interrogativi cruciali su chi definirà le regole del gioco e su quali diritti e libertà verranno tutelati.

Un altro aspetto fondamentale affrontato nel libro è il conflitto tra la transizione digitale e quella ecologica. L’IA e i data center che la alimentano richiedono immense risorse energetiche, creando un paradosso: da un lato si promuove la sostenibilità ambientale, dall’altro si costruiscono infrastrutture tecnologiche che aumentano il consumo di energia e materie prime. Se non verrà trovato un equilibrio, il progresso digitale rischia di compromettere quello ecologico.

Anche il futuro dell’informazione è in bilico. L’IA non sostituirà mai completamente il giornalismo umano, ma potrebbe minacciarlo, riducendo la qualità dell’informazione e rendendola sempre più standardizzata. Il vero giornalismo si basa sull’interpretazione, sull’umanità, sulla capacità di raccontare storie con sensibilità e profondità. Il rischio è che la crescente dipendenza da algoritmi possa ridurre il ruolo del giornalista a un semplice curatore di contenuti generati automaticamente.

Ma la sfida più grande è forse quella del “furto di intelligenza collettiva”. L’IA si nutre dei dati e delle conoscenze prodotte dalla collettività, ma il controllo di questi contenuti è nelle mani di poche aziende. Di fatto, quello che è un patrimonio comune viene privatizzato e rivenduto. Questo pone interrogativi etici e legali sulla proprietà intellettuale e sulla necessità di nuove regole per tutelare chi contribuisce con le proprie idee e il proprio lavoro all’evoluzione dell’IA.

Bellucci conclude con una riflessione sulla necessità di un nuovo equilibrio sociale. Come la Rivoluzione Francese ha ridisegnato la società, anche questa transizione tecnologica richiede un ripensamento radicale delle istituzioni e delle forme di potere. Non possiamo lasciare che a decidere il nostro futuro siano solo le grandi corporation o le superpotenze tecnologiche. La sfida è aperta: comprendere e governare l’IA sarà fondamentale per determinare se il cambiamento sarà un progresso collettivo o un’accelerazione delle disuguaglianze.

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