Le scelte cervellotiche del tecnico stanno danneggiando Reijnders e Pulisic. Tutto per far giocare Joao Felix
Voleva essere un duro, coi proclami in conferenza stampa e quel sigaro in bocca dopo un trofeo che non vale quasi nulla, conquistato un po’ per caso. Invece, parafrasando il vincitore morale dell’ultimo Festival di Sanremo, Sergio Conceição non sembra nessuno: sicuramente non il salvatore della patria che avevano immaginato in casa rossonera dopo l’esordio. L’allenatore di cui ha bisogno da anni e che il Milan, per colpe proprie, ancora non riesce a trovare.
Dopo la Champions, gettata al vento nel playoff contro il Feyenoord, anche il campionato del Milan sembra compromesso con l’ennesimo tracollo in casa del Torino: -8 dalla Juventus, in attesa del recupero contro il Bologna che assomiglia a un’ultima spiaggia, e la prospettiva concreta di rimanere fuori dall’Europa che conta con tutte le conseguenze che ne derivano. Supercoppa a parte, l’avvicendamento tra Fonseca e Conceição ha cambiato tanta forma ma poca sostanza, nonostante un mercato di gennaio faraonico: invece Leao continua a caracollare indolente sulla fascia, Theo a collezionare errori imperdonabili, è cambiata un po’ l’identità della squadra ma rimangono gli stessi limiti. Insomma, le cose andavano male prima, vanno male adesso. Ma se Conceição non si può crocifiggere per non essere riuscito a raddrizzare una stagione nata storta, è un’altra la colpa che proprio non gli si può perdonare.
Due cose soltanto funzionavano nel Milan di quest’anno: Reijnders, esploso definitivamente in questa sua stagione della consacrazione, e Pulisic, unica certezza tecnica e caratteriale. Conceição li sta rovinando entrambi, con le sue scelte cervellotiche, così decisive nelle sconfitte. L’olandese sacrificato in mediana, dove fatica; l’americano costretto a fare gli straordinari da tornante, o a volte addirittura in panchina, comunque messo in discussione. Sono proprio loro i più danneggiati dall’ostinazione sulle quattro punte riproposte nelle partite che hanno indirizzato negativamente il finale di stagione: uno schieramento che non ha né capo né coda se non alla Playstation, sbilancia la squadra e la priva pure di alternative a gara in corso (tanto che a Torino per ritrovare equilibrio Conceicao è stato costretto a un cambio difensivo, Fofana per Leao, pur essendo in svantaggio).
E tutto ciò per far giocare il suo protegée, Joao Felix, sempre, ad ogni costo. Anche se non ne azzecca una da gennaio, a parte una mezzora in Coppa Italia con la Roma. Anche quando la squadra rimane in 10, e di solito si mantiene il centravanti per far salire la squadra, invece contro il Feyenoord ha lasciato in campo Felix, e la scommessa non ha pagato. Possono uscire tutti, Gimenez, Pulisic, perfino Leao, ma il portoghese no.
Per carità, tutti gli allenatori hanno le loro preferenze ma qui la fissazione è tale da sembrare quasi in malafede, se poi ci ricordiamo che i due condividono anche lo stesso agente, il potentissimo Jorge Mendes. L’ultimo mese del Milan è girato – o meglio, non è girato – quasi tutto in funzione di un unico calciatore, che tra l’altro non è nemmeno di proprietà del Milan, dato che è arrivato in prestito secco, quindi è tutto da vedere chi sarebbe davvero a beneficiare di un suo eventuale rilancio. Vien quasi da chiedersi se Conceição faccia l’allenatore, e quindi gli interessi, del Milan, o del suo procuratore. A meno che su questo il mister non abbia carta bianca anche dal club. Che per far fronte ai limiti dirigenziali interni ha deciso di mettersi nelle mani di un agente spregiudicato, come è un po’ sembrato nel mercato di gennaio. Ma se questa è l’idea che il Milan ha per uscire dalla crisi, auguri.