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Saluto romano e “presente” alla cerimonia per Ramelli, 23 militanti assolti a Milano: “Nessun pericolo di ricostituzione del partito fascista”

I giudici hanno deciso per le assoluzioni sulla base dei "paletti" definiti dalle Sezioni unite della Cassazione
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Il saluto romano e la “chiamata del presente“, messi in scena “in concreto” da “circa mille” militanti neofascisti, erano ben lontani dal “costituire condotta potenzialmente idonea alla ricostituzione del partito fascista“, ma hanno avuto “solo una specifica valenza di omaggio e di ricordo di un giovane trucidato per le sue idee politiche”. Lo scrive il Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui, il 28 novembre scorso, ha assolto “perché il fatto non sussiste” 23 imputati – appartenenti a movimenti come Lealtà Azione, Forza Nuova e Casapound – per il reato di “manifestazioni fasciste” previsto dalla legge Scelba. La vicenda risale al corteo che si era tenuto, come ogni anno, il 29 aprile del 2019 in memoria dell’omicidio Sergio Ramelli, giovane militante del Fronte della Gioventù ucciso da un commando di Avanguardia Operaia nel 1975. La Procura aveva chiesto pene comprese tra i due e i quattro mesi di reclusione.

I giudici milanesi hanno deciso per le assoluzioni sulla base dei “paletti” definiti dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione in una decisione del gennaio 2024, relativa proprio alle braccia tese esibite durante una commemorazione di Ramelli (in quel caso quella del 2016). Il fatto che il gesto sia stato compiuto in occasione “dell’anniversario della morte di un giovane barbaramente trucidato”, davanti al “murale posto sul luogo dell’aggressione”, è uno degli elementi che portano ad escludere il pericolo di ricostituzione del partito fascista. Il “bene giuridico” tutelato dalla legge Scelba, ossia la “necessità di preservare l’ordinamento da condotte che pongano” in pericolo “i fondamenti anche istituzionali della Repubblica democratica” in questo caso non può ritenersi leso né per il “luogo”, né per la “sua data”, né per la “tipologia di organizzazione”, né per le “percepibili complessive espressioni”.

Perché si configuri quel pericolo, spiega il Tribunale, devono esserci una “elaborazione di programmi, una continuità di riunioni e manifestazioni, magari reiterate più volte l’anno per svariati motivi”. Per commemorare Ramelli, invece, “il gruppo di persone è solito incontrarsi solo annualmente e unicamente per salutare, con la gestualità anche in uso al gruppo politico al quale partecipava il giovane assassinato, il giovane stesso”: tanto che una volta “finita la commemorazione” l’adunata “si è sciolta“. In questo contesto, secondo i giudici della Nona sezione penale, il saluto romano è solo un “richiamo” a quella “militanza politica del giovane” che ha “costituito l’abbietto motivo ed il movente del suo barbaro assassinio”.

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