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La destra dovrebbe chiarire cosa intende per libertà. A parte quella di mercato

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L’appello alla libertà è uno dei motivi dominanti della destra globale, affermato con forza in ogni occasione: “noi aumentiamo la libertà” (Meloni, Cpacc, Washington, 2025). Libertà, uguaglianza e fraternità sono i tre pilastri della democrazia moderna, nata dalle due rivoluzioni che sconvolsero il vecchio e il nuovo mondo alla fine del XVIII secolo, quella americana e quella francese.

L’odierno vento di destra trascura parecchio l’uguaglianza e la fraternità, ma sulla libertà non transige. A partire dall’archetipo argentino oggi di moda, la motosega, e dalla più modesta ruspa nostrana, la moderna interpretazione del concetto di libertà quale patrimonio individuale è una colonna portante dalla destra globale.

Nella Dichiarazione Americana di Indipendenza del 1776, Jefferson scrisse che “tutti gli uomini sono creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore con alcuni diritti inalienabili, che tra questi ci sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità. E che, per assicurare questi diritti, i governi sono istituiti tra gli uomini, derivando i loro giusti poteri dal consenso dei governati”. Ma non si addentrò troppo sul concetto di libertà, in quanto considerato “self-evident”.

Più tardi, l’Abate Sieyés approfondì il concetto nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789, preambolo dalla Costituzione Francese. “La libertà consiste nell’essere in grado di fare qualsiasi cosa che non danneggi gli altri: l’esercizio dei diritti naturali di ogni uomo non ha quindi limiti diversi da quelli che garantiscono agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Questi limiti possono essere determinati solo dalla legge”. Una regola aurea non lontana dal concetto di reciprocità caro a Confucio, lo “shu”.

Per Jefferson, la libertà è un diritto che il governo deve garantire. Per Sieyés un diritto che la legge deve comunque limitare. Per entrambi, l’uomo non è necessariamente “buono”, se c’è bisogno di “mettere in sicurezza” la libertà, in primis, e circoscrivere, in secondo luogo, l’esercizio della libertà. Se l’uomo fosse naturalmente e reciprocamente “buono”, non ce ne sarebbe bisogno. Per Confucio, invece, la reciprocità è un principio di vita, uno stile di comportamento, il prerequisito del “vero uomo”.

I due proclami, per quanto celebri siano e per quanto chiari vogliano sembrare, hanno introdotto parecchia confusione nel declinare il concetto di libertà. Nella società moderna, ipertecnologica e fortemente interdipendente, le possibilità di danneggiare gli altri, magari all’altro capo del globo, sono enormi e pressoché incontrollabili. In secondo luogo, la ricerca della felicità — declinabile a livello soggettivo in infiniti modi diversi — non si sposa sempre con la garanzia della libertà altrui, soprattutto quando vale l’equivalenza tra soldi e felicità.

Infine, se i due concetti di libertà e di diritto sono principi inseparabili, la confusione sotto il cielo cresce, specialmente quando intervengono a specificare la materia gli aggettivi, come naturali, positivi, negativi, inalienabili, adeguati.

Voglio pensare che il concetto di libertà della destra globale non sia quello immortalato dagli spot comici di Corrado Guzzanti, vecchi di un quarto di secolo. Se la libertà viene al primo posto, quale libertà? La destra globale dovrebbe chiarire meglio la sua interpretazione della libertà e le vie da seguire per aumentare la libertà, come proclama di voler fare. D’altro canto, sia la galassia della sinistra sia l’élite liberista e ordoliberale che ha governato finora l’Occidente con la O maiuscola dovrebbero interrogarsi sul tema della libertà, declinata quasi esclusivamente in termini di libertà di impresa, mercato, finanza.

Secondo Platone, la libertà sarebbe il “maggior valore della società democratica”. Egli non nascose però qualche perplessità. E, nella Repubblica, giustificò la sua titubanza con la lezione di Socrate: “un desiderio eccessivo di libertà a spese di tutto il resto è ciò che mina la democrazia e spinge la rivendicazione della tirannia”. Facile attribuire alla suocera che non scrisse mai un rigo quanto si vuol fare intendere alla nuora, Aristotele.

L’avvertenza di Platone sull’eccessivo richiamo alla libertà non va presa sottogamba. Secondo Henry Thoreau, la disobbedienza è il vero fondamento della libertà: chi obbedisce è uno schiavo. Se, invece, la libertà è più semplicemente “partecipazione”, le elezioni di domenica scorsa in Germania — dove più di otto tedeschi su dieci hanno votato, un’affluenza doppia rispetto alle ultime regionali italiane — dimostrano la vitalità della democrazia rappresentativa nel centro dell’Europa.

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