Pioltello, una sola condanna per il disastro ferroviario. Otto assoluzioni, anche l’ex ad di RFI Gentile: “Non sapevano del giunto ammalorato”

Una sola condanna a 5 anni e 3 mesi, nei confronti di Marco Albanesi, ex responsabile dell’unità di Brescia di Rfi, e otto assoluzioni, tra cui quella dell’ex ad di Rfi Maurizio Gentile e della stessa società. Si è chiuso così in primo grado il processo ad ex dirigenti, dipendenti e tecnici di Rete ferroviaria italiana per il disastro ferroviario di Pioltello, nel Milanese, nel quale il 25 gennaio 2018, in seguito al deragliamento del treno regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi, morirono tre donne e oltre 200 persone rimasero ferite o subirono traumi psicologici. Quel mattino perserono la vita Ida Maddalena Milanesi, Pierangela Tadini e Alessandra Giuseppina Pirri. Per quanto riguarda gli imputati assolti le accuse di disastro ferroviario colposo e omicidio colposo sono cadute “per non aver commesso il fatto”. Alcune ipotesi sulle lesioni sono cadute per difetto di querela.
I giudici (collegio presieduto da Elisabetta Canevini) hanno ritenuto responsabile dei reati di disastro ferroviario colposo e omicidio e lesioni colpose, e come “concorso formale” tra i due reati, solo Marco Albanesi, in qualità all’epoca di responsabile dell’unità di Brescia di Rfi, ossia di capo dell’unità manutentiva che si occupava di quella tratta ferroviaria. A lui i giudici, dopo circa quattro ore di camera di consiglio, hanno comminato una pena di 5 anni e 3 mesi di reclusione, con le attenuanti generiche e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. I pm avevano chiesto per lui 6 anni e 10 mesi.
La “colposa sottovalutazione del rischio, a lui noto, di rottura del giunto isolante incollato ammalorato” è stata addebitata dai giudici a Marco Albanesi, ex “Capo Unità Manutentiva”, mentre per l’ex ad di Rfi Maurizio Gentile e gli altri assolti, nel processo sul disastro di Pioltello, le assoluzioni si sono fondate “sull’assenza di prova in ordine alla realizzazione di condotte commissive o omissive ad essi rimproverabili”, riguardo ai rispettivi “ruoli” e agli “effettivi flussi informativi” su quel giunto in pessime condizioni e sulla “inadeguatezza della manutenzione”. In questo modo tutti gli altri sette imputati persone fisiche sono stati assolti dalle accuse di disastro ferroviario colposo e omicidio e lesioni colpose “per non aver commesso il fatto”. Si tratta di Maurizio Gentile, l’ex ad di Rfi, e dell’ex direttore di Produzione, Umberto Lebruto, ora Ad di Fs Sistemi urbani. Assolto anche Vincenzo Macello, ex direttore territoriale della Lombardia e ora vicedg di Rfi. E assolto pure Andrea Guerini, ex responsabile delle Linee Sud della Dtp di Milano. Per gli altri tre imputati gli stessi pm avevano chiesto le assoluzioni: si tratta di Moreno Bucciantini, ex capo reparto Programmazione e controllo, di Ivo Rebai, all’epoca a capo della Struttura operativa ingegneria della Dtp di Milano, e di Marco Gallini, ex dirigente Struttura organizzativa diagnostica. Per Rfi, imputata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, era stata proposta una sanzione pecuniaria di 900mila euro. Anche la società oggi è stata assolta. Per Gentile, Lebruto e Macello è caduta “perché il fatto non sussiste” anche l’accusa, contestata in due imputazioni, di “omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”. Per tutti gli imputati sono cadute “per non doversi procedere” anche una parte di accuse di lesioni per le quali mancavano le querele o sono state rimesse, essendo anche venuta meno l’aggravante di aver violato le normative sulla sicurezza. Le motivazioni del verdetto tra 90 giorni.
Per parte sua, Rete Ferroviaria Italiana ha preso atto dell’assoluzione della Società, dell’ex ad di Rfi e degli allora Direttori Produzione nazionale e territoriale di RFI. L’azienda non ha rilasciato commenti pur esprimendo grande soddisfazione per l’accoglimento da parte del Tribunale delle argomentazioni volte a dimostrare l’infondatezza delle accuse. Nel contempo Rfi “intende rinnovare il proprio cordoglio per le vittime e ribadire la propria vicinanza ai familiari e a tutte le persone che a vario titolo sono state coinvolte nell’incidente del 25 gennaio 2018”.
Nel processo agli ex dirigenti, dipendenti e tecnici di Rete ferroviaria italiana erano contestate le accuse di disastro ferroviario colposo, omicidio e lesioni colpose e “omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”. I pubblici ministeri Maura Ripamonti e Leonardo Lesti nelle scorse udienze avevano chiesto 8 anni e 4 mesi per Gentile e Lebruto, 7 anni e 10 mesi per Macello, 6 anni e dieci mesi per Guerini e Albanesi.
Il deragliamento, stando alle indagini della Polizia ferroviaria, coordinate dal pool dell’aggiunta Tiziana Siciliano, avvenne a causa della rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri nel cosiddetto “punto zero” sopra un giunto in pessime condizioni. Per la procura, quello di Pioltello fu un disastro causato da una lunga serie di “omissioni” nella “manutenzione” e nella “sicurezza”, messe in atto solo per “risparmiare”. Il problema del giunto, secondo l’accusa, era noto ed era stato segnalato già dall’estate 2017, ma si intervenne solo con una zeppa di legno “tampone” sotto il giunto ammalorato.
I “giunti nuovi” erano “ancora lì quella mattina quando arrivai sul posto”, aveva spiegato la pm Ripamonti davanti al collegio presieduto da Elisabetta Canevini, ma quello vecchio di dieci anni e ammalorato non era mai stato sostituito. La difesa di Rfi, con l’avvocato Ennio Amodio, nell’arringa ha spiegato che gli operai “manutentori, se avvertono un danno o un’anomalia, hanno il potere di intervenire e chiedere la sospensione della circolazione” e “conoscevano bene ciò che andava fatto, ma per varie ragioni si sono spostati dalle procedure di sicurezza”. Le fasi di deragliamento vennero parzialmente riprese da una telecamera di sorveglianza. Il treno si divise “in tre parti”, con la carrozza numero tre che si staccò, sbatté sui pali e si ribaltò.