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“Stupri, omicidi, saccheggi e fosse comuni”: il racconto dal Congo in mano ai miliziani filo-Rwanda. “Chi viola le regole viene giustiziato”

Sia i ribelli che i militari congolesi si sono accaniti sulla popolazioni. Un carcere è stato dato alle fiamme e donne e bambini sono morti nell'incendio
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Un’avanzata che non trova argini: i miliziani dell’M23, dopo la presa di Goma e di Bukavu, proseguono la conquista verso sud e sono ormai giunti a Uvira, la seconda città della provincia del Sud Kivu, sulla punta settentrionale del lago Tanganika, a pochissima distanza dalla frontiera con il Burundi e con la sua capitale economica Bujumbura. Città e villaggi capitolano uno dopo l’altro, sempre con lo stesso schema: prima voci incontrollate, panico, poi l’arrivo di soldati sbandati che saccheggiano e seminano paura, abitanti in fuga, evasioni dal carcere locale, disturbi alle connessioni internet e infine loro, gli M23, che sopraggiungono atteggiandosi a “liberatori”. Una sequenza talmente standardizzata che si direbbe preordinata.

In questo contesto, a ilfattoquotidiano.it giunge una testimonianza da Goma che racconta i giorni di terrore vissuti durante l’assedio e poi la nuova “normalità” con cui si è ora costretti a convivere. “Domenica 26 gennaio abbiamo iniziato a sentire colpi d’arma da fuoco in città, l’M23 era alle porte – racconta la fonte che preferisce rimanere anonima per motivi di sicurezza – A tarda sera, le autorità hanno abbandonato Goma via lago, dirigendosi verso Bukavu. In preda al panico, quella notte i carcerati sono evasi in massa. Alcuni sono morti, colpiti dalle guardie. Nel frattempo, in prigione è scoppiato un incendio e donne e bambini sono morti bruciati o soffocati”. Il testimone racconta l’ingresso in città dell’M23, “composto da congolesi e rwandesi”. Era lunedì 27 gennaio. Sono state ore di caos: i militari e i wazalendo (civili armati che li appoggiano) erano allo sbando. Alcuni si arrendevano, altri provavano a resistere, altri ancora si nascondevano, abbandonando la divisa. Sapevano di essere in trappola. Nessuna notizia dei tanti militari burundesi inviati a sostegno dell’esercito congolese. Si sa invece che le forze straniere della coalizione (truppe dell’Africa australe SADC, quelle dell’East African Community EAC) e i mercenari rumeni si sono rifugiati nella sede della Monusco, la forza Onu in Congo, che però “ha rifiutato i nostri soldati perché troppo numerosi”. Allora una parte di loro si è rifugiata in Rwanda, dove è stata disarmata, e un’altra ha scelto di resistere.

“Delusi dalle autorità di Kinshasa, da cui si sentivano abbandonati, durante la fuga i militari congolesi hanno attaccato le case senza recinzione. Bussavano, forzavano la porta, violentavano donne e ragazze, esigevano soldi e telefoni. Se volevano portarsi via una donna ed essa rifiutava, la uccidevano”, continua la fonte. Che prosegue: “Non si era al sicuro nemmeno in casa, i proiettili attraversavano i muri. Poi sono iniziate anche le bombe sulle case, non sappiamo lanciate da chi. Molte donne, bambini, uomini hanno perso la vita. In tre giorni, le strade si sono riempite di cadaveri”. Corpi rimasti abbandonati anche per giorni. Dal 28 gennaio, quando l’M23 aveva ormai preso la città, è stato chiesto al Comitato Internazionale della Croce Rossa di raccogliere i morti. “I corpi venivano portati negli obitori degli ospedali, mettendoli anche all’esterno, protetti da teloni, perché i posti non bastavano. Sulla città aleggiava l’odore fetido dei corpi in decomposizione. Per questo il CICR ha dovuto seppellire i morti in fosse comuni, dopo averli avvolti in sacchi bianchi, mentre i civili uccisi da proiettili vaganti venivano seppelliti nei cortili delle case”.

Le constatazioni della fonte offrono anche importanti riscontri: “A Goma hanno ucciso sia l’M23 che i militari congolesi delle Fardc. Questi ultimi non hanno colpito solo gli occupanti, ma anche i civili. Tra gli uccisi ci sono stati anche molti soldati rwandesi, ma l’M23 usa trasferire i corpi direttamente in Rwanda e non sapremo mai quanti sono stati i loro morti. Sul lato congolese, secondo la CRI, dal 2 al 4 febbraio sono stati sepolti circa 2.900 corpi, la maggior parte soldati e alcuni civili”. A proposito dei morti rwandesi, un tentativo di verifica è quello compiuto alcuni giorni fa dal quotidiano britannico Guardian: secondo “molteplici fonti di intelligence, militari e diplomatiche” consultate dal giornale, un numero “molto significativo” di soldati delle Forze di Difesa del Rwanda (RDF) sono morti durante le operazioni di sostegno all’M23. “Le immagini satellitari di un cimitero militare nella capitale Kigali indicano che almeno 600 tombe sono state scavate da quando l’M23 – sostenuto dalle truppe RDF – ha riavviato le operazioni all’interno della RDC tre anni fa”. Due alti funzionari dell’intelligence hanno dichiarato al Guardian che le perdite rwandesi sono probabilmente migliaia, ma non si riescono a fare stime più precise.

Le nuove autorità di occupazione sono state ufficialmente presentate alla popolazione. Racconta la fonte: “Ci hanno chiamato allo Stadio dell’Unità per mostrarci i nostri nuovi leader, il governatore, due vice-governatori e due sindaci. Fino a oggi siamo qui, con loro, fingiamo la gioia, ma la paura è dentro. Del resto, non possiamo più contare sul governo di Kinshasa, né sui Caschi Blu della Monusco che non hanno protetto la popolazione. Viviamo il presente e non abbiamo scelta”. Le nuove regole di vita sono già state chiarite e qualsiasi violazione può essere pagata a caro prezzo: “Hanno tenuto riunioni con i capi quartiere e i referenti delle strade, mandandoli a dire alla popolazione che chi non rispetta le nuove autorità, chi rifiuta di fare il salongo (il lavoro comunitario settimanale gratuito imposto dalle nuove autorità come si fa in Rwanda, ndr), chi applaude o nomina le autorità di Kinshasa sarà ucciso. Dicono che non hanno prigione e lo vediamo, se prendono un ladro lo uccidono a bruciapelo. La settimana scorsa un giovane, vedendo l’M23, aveva gridato ‘i congolesi rimarranno sempre congolesi’ ed è stato ucciso all’istante, in pieno giorno. A ciò si aggiungono gli omicidi notturni che non sappiamo a chi attribuire. L’M23 non svolge indagini”.

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