Stupiti per la Gaza-Terra promessa di Trump? Ben svegliati tutti!

Ma cos’è tutto questo scalpore per il video diffuso sui social da Donald Trump sulla Palestina dopo che l’avranno “comprata” gli Usa? La grande massa di dormienti scopre oggi cosa sia questo Capitalismo, che visioni abbia del mondo e dell’uomo? Ben svegliati tutti, dunque.
Il video realizzato dall’IA con Trump e Musk attori protagonisti non è niente di più e niente di meno della visione capitalista attuale di stampo nord americano. Ne è la sua rappresentazione scenica dettagliata. E non opera alcuno scarto con uno dei miti più simbolici della tradizione giudaico-cristiana della Terra Promessa. Là si concentravano tutti i simboli del benessere, basta andare a rileggere la Bibbia: latte, miele, acqua dolce in abbondanza, piogge stagionali periodiche benedette da Dio, inverni miti, estati soleggiate, dunque ulivi, fichi, viti, spezie, grano e orzo, ma anche alberi e legname, praterie ideali per i pascoli, abbondanza di pesca tra i laghi interni e il mare. E la promessa necessaria che nessuno rinnegasse la benevolenza di Dio, pena la perdita del Paradiso in terra. Un giardino che inneggia alla gloria imperitura del suo creatore.
Cioè esattamente ciò che mostra il video di Trump, con lui al posto di Dio, automobili sportive, abiti firmati, cocktail, piscine lussuose, palazzi luxury e dollari che piovono dal cielo al posto della manna, solo per attualizzare la scena ai simboli del benessere attuali. Ma il concetto e la simbologia sono identici.
Dunque in cosa consisterebbe l’elemento scandaloso, nuovo, che opera uno scarto su ciò che già sappiamo? Nel fatto di vedere uno spot commerciale che rappresenta ciò che sappiamo da sempre?
Ecco dove tutto appare nella sua evidenza: la decadenza non sta nella promessa (o nell’allucinazione) di ciò che può avvenire, e nel modo in cui avviene, ma nell’uomo che guarda, che crede e che segue. Tanto che la ripetizione dell’immagine (delle continue immagini) è funzionale ad affollare la sensibilità da parte del potere mercantile di questo capitalismo, per assicurarsi che nessuno pensi troppo o si faccia sorgere ambigue sensazioni del limite.
Una dopo l’altra, le follie prodotte continuamente assuefanno, mistificano, saturano così tanto media e attenzioni da rendere sempre più grama la possibilità di sopravvivenza della comprensione e del distinguo. Miraggi uno dietro l’altro, a raffica, impediscono pensiero, spirito critico, idee. Tanto da costringere il mondo intero a parlare vanamente del singolo messaggio, degli infiniti spot, delle infinite frasi a effetto, per poco, giusto per l’istante tra una e la seguente, così da marginalizzare ogni analisi critica, ogni pensiero alternativo, sempre alla rincorsa, sempre affannato e superato.
Il pensiero tecnocratico ha operato gradualmente, ma con grande velocità. Infatti ha prima semplificato la complessità riducendola a un “on/off” globale, spacciando per pragmatismo e concretezza ciò che era già evidentemente una resa di fronte alla complessità delle infinite gradazioni del giudizio su cosa fosse il “bello”, il “buono” e il “giusto”, soppiantati dalla semplicità dell’ “utile” e del “misurabile” (ciò che prima Husserl e poi Heidegger avevano ampiamente compreso e previsto). Poi ha creato le reti globali per raccogliere tutti, moderni cani pastore efficientissimi, evitando che qualcuno rimanesse fuori dallo spazio di raggiungibilità che la crisi dei media tradizionali aveva compromesso.
E oggi ha iniziato il bombardamento a tappeto di follie, di frasi a effetto, di affermazioni sconcertanti e scandalose, promesse sempre maggiori, sempre più eclatanti, sempre più totalizzanti, con l’unico obiettivo di evitare che qualcuno le verifichi, constati la loro inattuabilità, la loro pornografia intrinseca, la loro inconsistenza. Disintegrando così, finalmente, il pensiero critico, pascendo semmai l’ignoranza dilagante, rendendo dunque impossibile qualunque resistenza.
Oggi il vano gioco della sopravvivenza e della non adesione al folle modello dell’imperialismo culturale e del linguaggio (non parliamo della formulazione di qualsivoglia alternativa) è riservato ai pochi rimasti in grado di comprendere e decodificare. Sparuti gruppi di gente che deve essere consapevole e pronta ad unirsi, autoemarginarsi e a abitare solo le pieghe rimaste disponibili della società degli identici proni esecutori del copione, i crepacci ancora non raggiunti dal pensiero omogeneizzato dilagante. Pronti anche, per sopravvivere, a una forma solo rapsodica e solo saltuaria di adesione alle regole, dunque a una semi illegalità e a una semi clandestinità che li renda simili a tutti quando serve, per non essere identificati e perseguiti, ma che li veda anche capaci di scomparire, a soggetto, al minimo segnale, in riserve indiane di sopravvivenza ancora umanamente accettabili. Fin tanto che sarà possibile.
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