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Ucraina, inutile tentare di cambiare narrazione: sono contento per la pace, non per come viene trattata

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di Marco Bertolini

Lorenzo Cremonesi, sul Corriere, ci spiega come “solo” un quinto dell’Ucraina sia sotto il controllo russo e come, sostanzialmente, la stessa Russia abbia perso. I suoi piani iniziali erano infatti quelli di conquistare rapidamente tutta l’Ucraina, falliti grazie all’aiuto iniziale dell’intelligence americana, alla resistenza di Zelensky e dei suoi soldati e grazie agli aiuti occidentali.

Mi viene da pensare che il giornalista voglia in un certo modo cercare di riposizionare la narrazione portata avanti fino ad ora in maniera ossessiva, quella che ogni giorno ci raccontava di fantomatiche pale, di chip smontati dalle lavatrici, di uno zar moribondo che come unica cura poteva affidarsi al sangue di cervo, di mirabolanti controffensive, di collassi economici imminenti dell’impero dai piedi di argilla, di gasdotti russo-europei sabotati dagli stessi che avevano contribuito a costruirli e che da essi avevano tratto enormi profitti passati e potevano trarne di futuri.

Il tempo ci ha restituito la verità dei fatti, completamente opposta sia a quella narrata da Cremonesi che da giornalisti quali Severgnini che, con spensieratezza, ci spiegava come con 40 democrazie contro una dittatura non ci sarebbe stata storia. Col senno di poi possiamo tranquillamente dire che le tante fake news girate in questi tre anni di guerra non sono uscite solo dal nemico, ma anche dalla quasi totalità della stampa occidentale.

Ci stiamo avvicinando ad una svolta fondamentale, che spero possa portare ad una pace duratura. Dovremmo tutti esserne felici, indipendentemente dalle premesse o dagli auspici personali, perché anche solo un cessate il fuoco vorrebbe dire la fine di uno stillicidio di vite umane, feriti e distruzioni quotidiane. Non è forse questo quello di cui ci dovremmo rallegrare? Oppure è più importante questionare se sia stato meglio perdere solo un quinto di territorio? Non sarebbe più onesto intellettualmente ragionare su quanto questo misero risultato sia costato in termini umanitari ed economici?

Per tutto questo tempo sono stato tra quelli passati per essere filoputiniani o pacifinti, ma non mi sono mai piegato alla neolingua orwelliana per cui guerra significa pace e pace significa guerra. Nel mandare a morire gente sul fronte non ci ho mai visto nulla di eroico, se non un’inutile carneficina da fermare quanto prima.

Da pacifista convinto, tra l’altro pienamente in accordo con quanto avevano pensato e voluto i padri costituenti per noi italiani d’oggi, mi rattrista vedere come viene trattata l’Ucraina in questo momento. Dopo averla incoraggiata a combattere per procura, dopo averla finanziata con una partita di giro per acquistare gli armamenti da noi prodotti, la trattiamo come un osso non ancora spolpato del tutto, inermi di fronte alla sfrontatezza americana che esige, dopo averci guadagnato come non mai da questa situazione, pure i risarcimenti economici (vedi terre rare).

Do atto a Trump di aver levato dal tavolo la solita foglia di fico della difesa della democrazia e degli stati sovrani e di averci tolto dall’imbarazzo quotidiano di questa ipocrisia umanitaria. Le guerre, ancora oggi, le si fanno per soldi e interessi geopolitici correlati. Prima lo ammettiamo una volta per tutte e prima possiamo cominciare a ripensare concretamente ai problemi che ci attanagliano per davvero e che conosciamo benissimo (lontani anni luce dall’esigenza di incrementare ulteriormente le spese militari).

Quanto all’Ucraina, bisogna cercare di salvare il salvabile. Il vaso ormai è stato rotto e rimangono solo tanti cocci da raccogliere e cercare di rincollare. Non è una gran prospettiva, ma altre alternative non ce ne sono. Per onorare tutti i morti di questo conflitto e dei tanti passati similari, spero possiamo cogliere una lezione definitiva e che duri a lungo: il peggior modo per risolvere le controversie internazionali è quello del ricorso alla guerra.

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