Il militare italiano che non fu prono agli americani e fu fatto fuori. Ancora non ci sono risposte sulla morte di Nicola Calipari, l’alto funzionari del Sismi che nel febbraio del 2005 riuscì a liberare la giornalista Giuliana Sgrena rapita a Baghdad ma che poi nel percorso verso l’aeroporto, nel proteggere la donna, venne ucciso dalle pallottole statunitensi.
Il Nibbio di Alessandro Tonda non scioglie l’enigma. E non sarebbe nemmeno suo compito farlo. Semmai rinfocola l’indignazione su uno spazio di tiro assassino, pressoché unica fulminante sequenza notturna di azione militare vera, che poteva vedere addirittura tre inspiegabili morti invece di uno (l’autista italiano dell’auto e la giornalista del manifesto alla quale Calipari fece scudo). Del resto il film di Tonda ricostruisce con lodevole compattezza narrativa e convincente ritmo di montaggio la manciata di settimane che hanno preceduto l’omicidio di Calipari. Quindi nessun antefatto conoscitivo, solo azioni, paura, adrenalina da spy story tra rapimento, trattative e recupero dell’ostaggio, qui sì molto in stile “all’americana”.
Un precipitato di atmosfere alla Ridley Scott (modello Black Hawk Down) e di un incalzante commento sonoro musicale come in certo cinema di Michael Mann. Una sorta di esposizione di un mistero nudo e crudo con poche ciance intimiste (il bordone familiare c’è, ma non deborda) e nessuna voglia di ipotizzare complotti (che qualcuno o qualcosa agisca tra le trame dei servizi segreti si accenna velatamente e comunque). Così nel taglio frenetico che Tondo realizza, ricco invece di piccole sfumature operative, di uno scavo attorno al viso e al corpo comune e compassato di Calipari (Claudio Santamaria), al terrore della Sgrena (Sonia Bergamasco da Actors Studio), emerge la ferma, cocciuta volontà del protagonista di perseguire una trattativa con i rapitori – i sunniti tagliati fuori dagli sciiti piazzati dagli Usa a governare nel post Saddam – senza abbandonarsi o al politico disinteresse o alla pericolosa fermezza anti dialogo dell’alleato statunitense.
Così se la cronaca giudiziaria degli ultimi 20 anni dice che il tiratore alla mitraglietta, il soldato Lozano, è stato prosciolto, e che non si è ancora capito se a sparare fu solo lui o anche altri fanti Usa, il Calipari di Il Nibbio più che un’invasata spia dei servizi risulta essere (c’è l’approvazione allo script della famiglia) un uomo di pace, di equilibrio, un’umanista con la pistola ben riposta nel fodere, un cristo che si sacrifica d’istinto per il bene altrui e comune. Insomma, a seguire Il Nibbio non ci si annoia e si prova a capire qualcosa prima di tutto sull’etica del genere umano in tempi di perenne guerra. Producono Guglielmo Marchetti, Stefano Bethlen, Joseph Rouschop con Notorius e Rai Cinema. Almeno metà film è in inglese con sottotitoli.
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