Giovanna Canzi, umanista, giornalista, ma soprattutto persona curiosa e aperta, si è spinta un giorno a indossare i panni dell’insegnante e a entrare in un mondo a parte, “lontano dalla vita degli altri”: la Casa Circondariale della sua città, Monza. Invece di scappare, come l’istinto le suggeriva, è rimasta. E per quattro anni ha insegnato con passione a degli alunni fuori dall’ordinario che si trovavano dietro le sbarre a condividere i loro pesanti vissuti. Quando l’esperienza si è suo malgrado conclusa, Giovanna ha deciso di travasarne l’essenza in un libro. Fresco di pubblicazione, Lontano dalla vita degli altri (marinonibooks) è una serie di racconti a due voci dove le parole dell’autrice dialogano con le illustrazioni di Gabriella Giandelli, per restituire al lettore un affresco sincero e autentico di cosa sia la vita in galera. Eccone un estratto.
«Nella vita non ci sono che inizi». Mi preparo a entrare per la prima volta in un istituto di pena e il cuore recupera questa frase di Madame de Staël che mia madre mi ripeteva da viva.
Un inizio che intimorisce e attrae, atterrisce ed entusiasma, alimenta pensieri contrastanti. Conteniamo moltitudini – «Mi contraddico? Certo che mi contraddico!» – mi ripeto, perché siamo esseri umani.
Il carcere della mia città si trova in un quartiere fuori mano, marginale, lontano. Lontano dalla vita degli altri, lontano da chi è privo di smagliature. A pochi passi dall’edificio vi è una discarica.
Ad attendermi all’ingresso c’è una collega che mi accompagnerà dai miei primi studenti.
In borsa, alcuni libri scelti per affrontare questo strano inizio. Il percorso per arrivare in aula si snoda fra controlli, clangori, sguardi curiosi. Il metallo delle porte sbattute con furia cade pesante sull’anima.
Cammino e osservo. I lunghi corridoi in penombra, gli arredi essenziali, le sbarre che separano i diversi ambienti. E poi loro: grandi orologi da muro appesi alle pareti. Sono tutti fermi a ore diverse. Le ore non hanno importanza per chi entra in questo edificio: «Se tutto il tempo è eternamente presente / tutto il tempo non è riscattabile» ci ricorda Eliot.
Sto attraversando uno strano labirinto senza la certezza di avere il gomitolo di lana che mi farà trovare l’uscita.
La collega mi informa che la mia prima lezione avverrà in una sezione particolare. La Settima. Nella sua voce colgo una traccia di apprensione.
Come il Gurdulù di Calvino – «A seconda dei paesi che attraversa […] i nomi gli scorrono addosso, senza mai riuscire ad appiccicarglisi» – mi sento confusa, alle prese con una realtà sfuggente.
Cos’è la sezione Settima? Perché devo preoccuparmi?
Ci vorrà un lungo apprendistato per conoscere la geografia di un istituto di pena e impararne il linguaggio. Capirò con il tempo che qui – come nell’Inferno dantesco – tutto ha un ordine preciso. Esistono diverse sezioni che corrispondono a diversi tipi di reato e ogni detenuto si sente meno colpevole degli altri: chi spaccia è meno colpevole di chi uccide; chi ruba è meno colpevole di chi collabora con la giustizia.
Ma nessuno è più colpevole dei protetti, ossia chi ha abusato di una donna o di un bambino. Sono loro, i Sex Offender, gli abitanti della Settima. Mentre apprendo questa informazione, la mia mente prende la forma di una nuvola carica di pensieri, paure, domande.
Dopo un viaggio che pare infinito, la collega e io saliamo le tre rampe di scale che ci conducono a destinazione.
Entro in un’aula angusta con sbarre alla finestra, quattro poveri banchi, e una lavagna di ardesia alla parete. Mi siedo a una cattedra di fortuna e attendo.
La collega mi saluta e mi affida al nuovo giorno. Scorrono minuti infiniti prima che entrino sei ragazzi. Spalle grosse, braccia muscolose, qualche tatuaggio e tratti somatici diversi. Li guardo smarrita. Cerco di respirare solo con la bocca perché non sopporto i loro odori, che hanno invaso la stanza. L’odore sgradevole che ricorda la disperazione della povertà, dell’esclusione, della resa.
Non posso scappare. Non ora.
Affronterò il mio primo giorno; poi ritornerò sui miei passi; dirò che non posso più insegnare qui, che ho cambiato idea.
Mi presento e chiedo a ognuno di loro il nome e la provenienza. Grazie a un libro dedicato alle diverse bandiere del mondo iniziamo a giocare. Guardiamo i colori di ogni vessillo, leggiamo la storia di ogni paese, dimentichiamo di essere in un luogo in cui le persone cercano di riannodare i fili della propria vita.
Tutto si fa più lieve; quasi senza accorgermene sono tornata a respirare con il naso.
Diritti
Lontano dalla vita degli altri, i racconti di un’insegnante che aprono una breccia nelle mura di un carcere
Una serie di affreschi dove le parole dell'autrice dialogano con le illustrazioni di Gabriella Giandelli, in un quadro della vita in galera
Giovanna Canzi, umanista, giornalista, ma soprattutto persona curiosa e aperta, si è spinta un giorno a indossare i panni dell’insegnante e a entrare in un mondo a parte, “lontano dalla vita degli altri”: la Casa Circondariale della sua città, Monza. Invece di scappare, come l’istinto le suggeriva, è rimasta. E per quattro anni ha insegnato con passione a degli alunni fuori dall’ordinario che si trovavano dietro le sbarre a condividere i loro pesanti vissuti. Quando l’esperienza si è suo malgrado conclusa, Giovanna ha deciso di travasarne l’essenza in un libro. Fresco di pubblicazione, Lontano dalla vita degli altri (marinonibooks) è una serie di racconti a due voci dove le parole dell’autrice dialogano con le illustrazioni di Gabriella Giandelli, per restituire al lettore un affresco sincero e autentico di cosa sia la vita in galera. Eccone un estratto.
«Nella vita non ci sono che inizi». Mi preparo a entrare per la prima volta in un istituto di pena e il cuore recupera questa frase di Madame de Staël che mia madre mi ripeteva da viva.
Un inizio che intimorisce e attrae, atterrisce ed entusiasma, alimenta pensieri contrastanti. Conteniamo moltitudini – «Mi contraddico? Certo che mi contraddico!» – mi ripeto, perché siamo esseri umani.
Il carcere della mia città si trova in un quartiere fuori mano, marginale, lontano. Lontano dalla vita degli altri, lontano da chi è privo di smagliature. A pochi passi dall’edificio vi è una discarica.
Ad attendermi all’ingresso c’è una collega che mi accompagnerà dai miei primi studenti.
In borsa, alcuni libri scelti per affrontare questo strano inizio. Il percorso per arrivare in aula si snoda fra controlli, clangori, sguardi curiosi. Il metallo delle porte sbattute con furia cade pesante sull’anima.
Cammino e osservo. I lunghi corridoi in penombra, gli arredi essenziali, le sbarre che separano i diversi ambienti. E poi loro: grandi orologi da muro appesi alle pareti. Sono tutti fermi a ore diverse. Le ore non hanno importanza per chi entra in questo edificio: «Se tutto il tempo è eternamente presente / tutto il tempo non è riscattabile» ci ricorda Eliot.
Sto attraversando uno strano labirinto senza la certezza di avere il gomitolo di lana che mi farà trovare l’uscita.
La collega mi informa che la mia prima lezione avverrà in una sezione particolare. La Settima. Nella sua voce colgo una traccia di apprensione.
Come il Gurdulù di Calvino – «A seconda dei paesi che attraversa […] i nomi gli scorrono addosso, senza mai riuscire ad appiccicarglisi» – mi sento confusa, alle prese con una realtà sfuggente.
Cos’è la sezione Settima? Perché devo preoccuparmi?
Ci vorrà un lungo apprendistato per conoscere la geografia di un istituto di pena e impararne il linguaggio. Capirò con il tempo che qui – come nell’Inferno dantesco – tutto ha un ordine preciso. Esistono diverse sezioni che corrispondono a diversi tipi di reato e ogni detenuto si sente meno colpevole degli altri: chi spaccia è meno colpevole di chi uccide; chi ruba è meno colpevole di chi collabora con la giustizia.
Ma nessuno è più colpevole dei protetti, ossia chi ha abusato di una donna o di un bambino. Sono loro, i Sex Offender, gli abitanti della Settima. Mentre apprendo questa informazione, la mia mente prende la forma di una nuvola carica di pensieri, paure, domande.
Dopo un viaggio che pare infinito, la collega e io saliamo le tre rampe di scale che ci conducono a destinazione.
Entro in un’aula angusta con sbarre alla finestra, quattro poveri banchi, e una lavagna di ardesia alla parete. Mi siedo a una cattedra di fortuna e attendo.
La collega mi saluta e mi affida al nuovo giorno. Scorrono minuti infiniti prima che entrino sei ragazzi. Spalle grosse, braccia muscolose, qualche tatuaggio e tratti somatici diversi. Li guardo smarrita. Cerco di respirare solo con la bocca perché non sopporto i loro odori, che hanno invaso la stanza. L’odore sgradevole che ricorda la disperazione della povertà, dell’esclusione, della resa.
Non posso scappare. Non ora.
Affronterò il mio primo giorno; poi ritornerò sui miei passi; dirò che non posso più insegnare qui, che ho cambiato idea.
Mi presento e chiedo a ognuno di loro il nome e la provenienza. Grazie a un libro dedicato alle diverse bandiere del mondo iniziamo a giocare. Guardiamo i colori di ogni vessillo, leggiamo la storia di ogni paese, dimentichiamo di essere in un luogo in cui le persone cercano di riannodare i fili della propria vita.
Tutto si fa più lieve; quasi senza accorgermene sono tornata a respirare con il naso.
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Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".