A Boston, a metà febbraio, si è tenuta la riunione annuale dell’American Association for the Advancement of Science. Si è parlato delle molte minacce che l’uomo e il pianeta devono affrontare: dal riscaldamento globale ai progressi incontrollati dell’intelligenza artificiale a nuove epidemie. Ma si è discusso, spesso a porte chiuse e in incontri riservati, delle minacce che scienza e scienziati stanno subendo negli Stati Uniti, a opera proprio del governo degli Stati Uniti. Ritiro dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dagli accordi di Parigi, chiusura di USAID e dei programmi sanitari che l’agenzia gestisce in molte aree del mondo, blocco di tremila miliardi di dollari in finanziamenti governativi, ciò che potrebbe mettere a rischio il funzionamento del Medicaid. Ma anche sospensione dei lavori per i Centers for Disease Control and Prevention (quelli che hanno gestito la pandemia) e per il National Institutes of Health (che si occupa di ricerca biomedica). E poi cancellazione, per la prima volta in sessant’anni, della pubblicazione del Morbidity and Mortality Weekly Report. Infine negazione, non si sa bene sulla base di quale teoria, della transizione di genere. Senza dimenticare la nomina come segretario alla salute di un personaggio che ha sostenuto che il Covid è stato creato in laboratorio in modo da non colpire ebrei e cinesi.

Non si contano ormai più gli episodi in cui l’amministrazione Trump è parsa indebolire, limitare, mettere a rischio il lavoro di medici e scienziati. “Angoscia, ansia, dolore”, è ciò che ha detto di provare Sudip Parikh, a capo dell’American Association for the Advancement of Science. “È come se fossimo attaccati da tutte le parti”, ha spiegato alla conferenza di Boston Roger Wakimoto, responsabile per la ricerca della University of California.

Nelle ultime settimane sono emerse notizie per certi versi paradossali. Ai membri delle agenzie scientifiche del governo americano, in nome di una revisione generale delle loro mansioni, è stato proibito di viaggiare, partecipare a riunioni internazionali, prendere parte a meeting su Zoom o anche a semplici telefonate. Un caso per tutti: l’ecologo canadese Aaron Fisk ha raccontato di aver recentemente provato a organizzare una riunione online con i suoi colleghi del governo Usa. I Grandi Laghi si estendono su entrambi i lati del confine e molto diffuse sono forme di collaborazione e di monitoraggio della vita acquatica tra scienziati americani e canadesi. Quei contatti sono ora sospesi. Fisk ha provato a contattare i suoi colleghi statunitensi, che risultano non avere più accesso agli strumenti governativi di comunicazione. A preoccupare di più, in questo momento, è comunque ovviamente il congelamento dei finanziamenti alle agenzie federali, e di conseguenza a università, laboratori, istituti di ricerca. Con un ordine esecutivo, Trump aveva imposto la sospensione nell’erogazione dei fondi, in attesa di valutare la sintonia di programmi e attività con gli orientamenti ideologici del nuovo governo Usa. Quell’ordine è stato poi cancellato. I fondi hanno ripreso ad affluire ma in modo parziale, irregolare, e l’incertezza non aiuta certo la ricerca scientifica.

Il governo federale finanzia oggi circa il 40 per cento della ricerca condotta ogni anno negli Stati Uniti. Il Project 2025, il manifesto conservatore di Heritage Foundation che serve da base ideologica di questa amministrazione, sostiene che la percentuale è eccessiva e va ridotta. In queste settimane sono stati messi a punto piani per drastici tagli. Per la National Science Foundation e per la National Oceanic and Atmospheric Administration si pensa a una riduzione del budget tra il 30 e il 50 per cento, forse anche di più. Una nuova direttiva del governo, venerdì scorso, ordina che le sovvenzioni generali del National Institute of Health (NIH) siano spuntate del 15 percento. Ai ricercatori dell’agenzia è stato detto che non possono assumere nuovi tirocinanti e che per il momento non possono rivedere o pubblicare nuovi articoli di carattere scientifico. Oltre ai futuri finanziamenti, sono dunque bloccati tutti quei progetti già in corso e che potrebbero confliggere con le direttive politiche e strategiche dell’amministrazione.

Molte di queste agenzie governative lavorano poi ovviamente con i centri universitari e le conseguenze di questo drastico programma di tagli si stanno facendo sentire. Un programma della University of Michigan, legato proprio a NIH e che impiegava circa 50 persone, risulta bloccato. Non si sa se arriveranno i soldi per finanziarlo e non è sicuramente un caso che i ricercatori si occupassero di minori LGBTQ+, affetti da forme di depressione profonda e con tendenze al suicidio. Non è sicuramente un caso anche quanto sta avvenendo in un’altra prestigiosa istituzione di ricerca medica, il Langone Health Hospital di New York University. L’ospedale è da anni all’avanguardia nell’assistenza alle persone transgender. Nelle ultime settimane si è assistito all’improvvisa sospensione di interventi relativi al cambio di sesso e alle sedute per la somministrazione di farmaci bloccanti della pubertà. L’ospedale non offre ragioni ufficiali per la scelta, ma non è difficile immaginare cosa l’abbia mossa. Andare avanti con questo tipo di assistenza potrebbe condurre a importanti riduzioni dei contributi governativi.

Mentre procedono le operazioni di riduzione del budget e di revisione ideologica, va avanti anche l’azione del Department of Government Efficiency (DOGE) di Elon Musk, che cerca di convincere i dipendenti delle agenzie scientifiche a dimettersi, attraverso l’azione combinata di promesse di buonuscite e di minacce di licenziamento. Come migliaia di altri dipendenti federali, anche gli scienziati si sono visti recapitare nelle loro caselle di posta elettronica una mail che recita: “La strada per una maggiore prosperità americana è incoraggiare le persone a passare da lavori a bassa produttività nel settore pubblico a lavori a maggiore produttività nel settore privato”. Si incoraggiano dunque ricercatori, medici, uomini di scienza ad abbandonare il settore pubblico, che sarebbe “a bassa produttività” e senza grandi prospettive, per unirsi al settore privato, che sarebbe invece capace di valorizzare al meglio energie e abilità dei singoli.

È ovvio che questa contrapposizione pubblico/privato è anche funzionale agli interessi che muovono alcuni membri di questa amministrazione. Il taglio dei finanziamenti per la NASA – che gode di un contributo annuale di 24 miliardi di dollari ed è in questi giorni oggetto di un audit da parte del DOGE – è per esempio funzionale al progetto di appaltare all’esterno molte delle sue antiche funzioni. Space X, l’agenzia spaziale fondata e guidata da Musk, ha nel passato firmato contratti per 15 miliardi di dollari con la NASA. Ciò, dunque, significa che in questi giorni Musk sta revisionando contratti che sono andati a beneficio di una sua azienda. Significa anche che nel futuro, di fonte alla probabile “ristrutturazione” e riduzione di scopo e mandato della NASA, nuovi contratti miliardari potranno andare a vantaggio di aziende aerospaziali come SpaceX.

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