Nella delegazione diplomatica, per lo più di funzionari europei, che oggi a Washington DC incontrerà il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Mike Waltz, per discutere il cessate il fuoco in Ucraina, spicca il fuoriclasse Jonathan Powell, omologo di Waltz per il Regno Unito.
Il dossier Ucraina e il filo con Trump – Powell, 68 anni, era nello Studio Ovale durante la visita del Primo Ministro Keir Starmer a Trump: una presenza passata quasi inosservata, ma cruciale per la riuscita di quella visita. Grazie a quell’esito positivo, Starmer si è potuto accreditare credibilmente come pontiere non solo fra Usa e Ue, ma anche fra Kiev e Mosca. Secondo diversi retroscena, è a lui se si deve l’immediata reazione di Sir Keir all’indomani della brutale rottura fra Zelensky e Trump nello studio ovale: seguendo i consigli di Powell, il primo ministro britannico si sarebbe immediatamente attivato per ricucire il rapporto, chiamando Washington e Kiev e fungendo da mediatore.
Lo scorso fine settimana Powell era a Kiev, dove ha lavorato alla proposta di cessate il fuoco con Zelensky, in coordinamento con Waltz e alcune cancellerie europee. In una recente intervista a Politico Powell ha detto: “La palla è ora nel campo di Putin. Abbiamo creato un quadro, ma spetta alla Russia impegnarsi.” Di lui si conosce la ferma convinzione che la “relazione speciale” fra Usa e Regno Unito vada coltivata ad ogni costo, chiunque sieda alla Casa Bianca: un approccio non antagonistico che ha contribuito a rilanciare il soft power di Londra, e anche la sua credibilità di leader della Coalizione di volonterosi prevalentemente europea, benché il Regno Unito sia uscito dall’Ue con Brexit.
Il curriculum: ex braccio destro di Blair – Powell è un veterano di dossier complessi. Educato all’University College di Oxford e all’Università della Pennsylvania, dove ha studiato storia, è entrato nel Foreign Office nel 1979. I suoi incarichi diplomatici includono Lisbona e Washington, D.C., dove ha ricoperto il ruolo di segretario politico e ha seguito la campagna presidenziale di Bill Clinton nel 1991, espandendo un network di relazioni che si sono rivelate preziose in seguito, fra cui quella con Peter Mandelson, allora braccio destro del leader laburista Tony Blair. È proprio con Blair che inizia la grande ascesa di Powell, che nel 1995 lascia il Foreign Office per diventare Capo di Gabinetto del primo ministro laburista, dal 1997 al 2007, cioè per l’intero mandato. È il principale negoziatore britannico dell’Accordo del Venerdì Santo del 1998, che hanno concluso decenni di guerra civile in Irlanda del Nord. Ma ha anche consigliato Blair sugli interventi disastrosi in Iraq e Afghanistan, finendo al centro di parecchie controversie.
L’accordo con l’Ira È da quella complessa trattativa che matura il suo approccio distintivo, la convinzione che la pace richieda il dialogo con gli avversari. Lo chiarisce nel suo libro del 2014, Talking to Terrorists: How to End Armed Conflicts (Parlare con i terroristi: come porre fine ai conflitti armati). Il contributo di Powell alla fine dei Troubles, se ne deduce, non è stato solo logistico ma anche ideologico; sosteneva che coinvolgere l’IRA fosse essenziale per garantire un accordo bilanciato e quindi duraturo. Approccio criticato, visto che ha portato ad interloquire anche con formazioni paramilitari: ma Powell è descritto come un pragmatico che comprende la necessità di tenere conto degli aspetti personali ed emotivi in ogni negoziato.
Già inviato speciale in Libia, ora la la guerra in Ucraina – Dopo aver lasciato il governo Blair ha guidato Inter Mediate, un’organizzazione benefica focalizzata sui conflitti armati globali, ed è stato inviato speciale del Regno Unito in Libia nel 2014. Nel novembre 2024, Powell è stato nominato Consigliere per la Sicurezza Nazionale, proprio su segnalazione di Peter Mandelson, oggi ambasciatore britannico a Washington.
Sui possibili esiti della conflitto si era espresso già in un articolo del gennaio 2023 su Prospect Magazine, scritto come Ceo di Inter Mediate. Sosteneva che non fosse ancora il momento per negoziati, perché “sia l’Ucraina che la Russia pensano ancora di poter raggiungere i loro obiettivi militarmente,” con l’Ucraina intenzionata a riconquistare territori e Putin a non cedere le conquiste”.
Ma aveva anche scritto che alla fine Putin sarebbe stato incline a un negoziato e ne aveva indicato le linee guida: qualsiasi accordo di pace non può essere imposto all’Ucraina perché sono loro a combattere e ad avere “il diritto di decidere quando negoziare e quali concessioni fare”. La sua soluzione era, quindi, diplomatica, ma subordinata a garanzie di sicurezza internazionali per “dissuadere la Russia dall’invadere nuovamente”. Nella consapevolezza che “la Russia continuerà ad esistere come vicina dell’Ucraina, e con molte più truppe”.
Mondo
Jonathan Powell, il “negoziatore” al fianco di Starmer per il dialogo con Trump e Zelensky: l’accordo con l’Ira e la guerra in Iraq con Blair
Oggi è Consigliere per la sicurezza del Regno Unito, ma alle spalle ha una lunga carriera politica. Già inviato speciale in Libia, ora lavora al dossier Ucraina
Nella delegazione diplomatica, per lo più di funzionari europei, che oggi a Washington DC incontrerà il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Mike Waltz, per discutere il cessate il fuoco in Ucraina, spicca il fuoriclasse Jonathan Powell, omologo di Waltz per il Regno Unito.
Il dossier Ucraina e il filo con Trump – Powell, 68 anni, era nello Studio Ovale durante la visita del Primo Ministro Keir Starmer a Trump: una presenza passata quasi inosservata, ma cruciale per la riuscita di quella visita. Grazie a quell’esito positivo, Starmer si è potuto accreditare credibilmente come pontiere non solo fra Usa e Ue, ma anche fra Kiev e Mosca. Secondo diversi retroscena, è a lui se si deve l’immediata reazione di Sir Keir all’indomani della brutale rottura fra Zelensky e Trump nello studio ovale: seguendo i consigli di Powell, il primo ministro britannico si sarebbe immediatamente attivato per ricucire il rapporto, chiamando Washington e Kiev e fungendo da mediatore.
Lo scorso fine settimana Powell era a Kiev, dove ha lavorato alla proposta di cessate il fuoco con Zelensky, in coordinamento con Waltz e alcune cancellerie europee. In una recente intervista a Politico Powell ha detto: “La palla è ora nel campo di Putin. Abbiamo creato un quadro, ma spetta alla Russia impegnarsi.” Di lui si conosce la ferma convinzione che la “relazione speciale” fra Usa e Regno Unito vada coltivata ad ogni costo, chiunque sieda alla Casa Bianca: un approccio non antagonistico che ha contribuito a rilanciare il soft power di Londra, e anche la sua credibilità di leader della Coalizione di volonterosi prevalentemente europea, benché il Regno Unito sia uscito dall’Ue con Brexit.
Il curriculum: ex braccio destro di Blair – Powell è un veterano di dossier complessi. Educato all’University College di Oxford e all’Università della Pennsylvania, dove ha studiato storia, è entrato nel Foreign Office nel 1979. I suoi incarichi diplomatici includono Lisbona e Washington, D.C., dove ha ricoperto il ruolo di segretario politico e ha seguito la campagna presidenziale di Bill Clinton nel 1991, espandendo un network di relazioni che si sono rivelate preziose in seguito, fra cui quella con Peter Mandelson, allora braccio destro del leader laburista Tony Blair. È proprio con Blair che inizia la grande ascesa di Powell, che nel 1995 lascia il Foreign Office per diventare Capo di Gabinetto del primo ministro laburista, dal 1997 al 2007, cioè per l’intero mandato. È il principale negoziatore britannico dell’Accordo del Venerdì Santo del 1998, che hanno concluso decenni di guerra civile in Irlanda del Nord. Ma ha anche consigliato Blair sugli interventi disastrosi in Iraq e Afghanistan, finendo al centro di parecchie controversie.
L’accordo con l’Ira È da quella complessa trattativa che matura il suo approccio distintivo, la convinzione che la pace richieda il dialogo con gli avversari. Lo chiarisce nel suo libro del 2014, Talking to Terrorists: How to End Armed Conflicts (Parlare con i terroristi: come porre fine ai conflitti armati). Il contributo di Powell alla fine dei Troubles, se ne deduce, non è stato solo logistico ma anche ideologico; sosteneva che coinvolgere l’IRA fosse essenziale per garantire un accordo bilanciato e quindi duraturo. Approccio criticato, visto che ha portato ad interloquire anche con formazioni paramilitari: ma Powell è descritto come un pragmatico che comprende la necessità di tenere conto degli aspetti personali ed emotivi in ogni negoziato.
Già inviato speciale in Libia, ora la la guerra in Ucraina – Dopo aver lasciato il governo Blair ha guidato Inter Mediate, un’organizzazione benefica focalizzata sui conflitti armati globali, ed è stato inviato speciale del Regno Unito in Libia nel 2014. Nel novembre 2024, Powell è stato nominato Consigliere per la Sicurezza Nazionale, proprio su segnalazione di Peter Mandelson, oggi ambasciatore britannico a Washington.
Sui possibili esiti della conflitto si era espresso già in un articolo del gennaio 2023 su Prospect Magazine, scritto come Ceo di Inter Mediate. Sosteneva che non fosse ancora il momento per negoziati, perché “sia l’Ucraina che la Russia pensano ancora di poter raggiungere i loro obiettivi militarmente,” con l’Ucraina intenzionata a riconquistare territori e Putin a non cedere le conquiste”.
Ma aveva anche scritto che alla fine Putin sarebbe stato incline a un negoziato e ne aveva indicato le linee guida: qualsiasi accordo di pace non può essere imposto all’Ucraina perché sono loro a combattere e ad avere “il diritto di decidere quando negoziare e quali concessioni fare”. La sua soluzione era, quindi, diplomatica, ma subordinata a garanzie di sicurezza internazionali per “dissuadere la Russia dall’invadere nuovamente”. Nella consapevolezza che “la Russia continuerà ad esistere come vicina dell’Ucraina, e con molte più truppe”.
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il governo si impegni "a sostenere il riconoscimento dello Stato di Palestina, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele, per preservare la realizzazione dell’obiettivo di 'due popoli, due Stati'". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Inoltre, si chiede di "sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto della tregua in Libano e per scongiurare il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah e Iran, nonché le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e, infine, affinché siano rispettate le risoluzioni delle Nazioni Unite".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della Global Minimum Tax". E' quanto chiede il Pd al governo nella risoluzione sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo, nella risoluzione presentata sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni, di "collocare l’Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un’unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri".