Televisione

La rivoluzione musicale della discoteca: dai movimenti di liberazione degli Anni 70 all’emancipazione femminile e l’identità LGBTQ+ fino al ciclone dell’AIDS

Tutto parte all'indomani dei moti di Stonewall, quando le comunità gay, nere e delle minoranze etniche di New York iniziarono a riunirsi

Forse non tutti sanno che dietro le discoteche come luogo di aggregazione si celano storie, battaglie e rivoluzioni che hanno agitato lo spirito americano ed europeo dagli Anni 70. Il docu-film in tre parti “Disco: una rivoluzione musicale”, prodotto da BBC, andrà in onda dal 16 marzo ogni domenica alle 21 su History Channel.

Dunque la serie racconta l’evoluzione di un fenomeno culturale che ha trasformato la storia della musica ed esplora le radici della disco, profondamente intrecciate con i movimenti di liberazione degli Anni 70 e tematiche sociali ancora rilevanti oggi, come l’identità LGBTQ+ e l’emancipazione femminile.

Naturalmente tutto parte all’indomani dei moti di Stonewall, quando le comunità gay, nere e delle minoranze etniche di New York iniziarono a riunirsi in appartamenti e seminterrati per ballare, dando vita a un nuovo genere musicale e a una cultura pionieristica. In una città segnata da povertà e illegalità all’inizio degli Anni 70, dove essere gay o nero significava affrontare discriminazioni quotidiane, nasceva un suono rivoluzionario. Mentre il paese attraversava una crisi politica ed economica, i club clandestini diventavano spazi di libertà dove DJ come David Mancuso, Nicky Siano e Francis Grasso potevano suonare i brani che preferivano, spesso riscoprendo il lato B di artisti di nicchia.

Poi si arriva all’apice della disco, sullo sfondo del Black Power e della liberazione sessuale, con l’ascesa di brani leggendari come “Love to Love You Baby” di Donna Summer e “You Make Me Feel Mighty Real” di Sylvester. Artiste nere come Gloria Gaynor, Candi Staton, Donna Summer e Thelma Houston raggiungono la fama mondiale. Quando musicisti bianchi ed eterosessuali iniziano a interpretare il genere, i Bee Gees diventano il “volto accettabile” della disco, la colonna sonora di “Saturday Night Fever” vende milioni di copie e John Travolta diventa l’eroe bianco della discoteca. Lo Studio 54 si afferma come il club più importante di New York, attirando le più grandi celebrità della musica, del cinema e dell’arte. Persino i rocker come i Rolling Stones e Rod Stewart abbracciano il suono disco, pubblicando hit come “Miss You” e “Da Ya Think I’m Sexy”. Alla fine del decennio, la disco è un fenomeno globale multimiliardario, ma sempre più distante dall’ideale di inclusività e libertà dei suoi pionieri.

A culmine del suo potenziale commerciale con band come i Village People, l’industria musicale arriva a un mercato saturo con produzioni di scarsa qualità. Nasce il movimento “Disco Sucks” e il 20 luglio 1979, durante una partita di baseball al Comiskey Park di Chicago, il DJ Steve Dahl organizza il “Disco Demolition Derby”, offrendo biglietti scontati a chi porta dischi da distruggere nell’intervallo. Ma la disco subisce un secondo colpo: l’edonismo e la liberazione sessuale che rappresentava vengono travolti dalla crisi dell’AIDS, mentre il neoconservatorismo in America e Regno Unito reprime l’omosessualità e i diritti civili. È l’inizio della fine per la disco music, ma l’episodio finale celebra anche la sua straordinaria eredità, raccolta da pionieri come Frankie Knuckles che, trasferitosi da New York a Chicago, dà vita a un nuovo genere: l’house music.