Non conosce ancora nel dettaglio le nuove consulenze che hanno portato all’iscrizione di Andrea Sempio, per la seconda volta, nel registro degli indagati per il delitto di Garlasco. Tuttavia, Luciano Garofano, biologo ed ex comandante del Ris di Parma, che all’epoca indagò sull’omicidio, esprime perplessità, attende di conoscere e infine capire. Non solo perché in passato è stato consulente della difesa di Sempio, amico di Marco Poggi, il fratello di Chiara, ma anche perché, per quanto ne sa, quelle tracce non erano utilizzabili. Nel 2007 Garofano, che potrebbe entrare nuovamente nel team della difesa, era il generale dei carabinieri in camice bianco che venivano chiamati sulle scene dei crimini più complicati. E così anche per Garlasco.

Che il Dna sulle unghie della vittima fosse in quantità minima lo sostenne già il professor Francesco De Stefano, genetista, durante il processo d’appello bis: quello che portò alla condanna di Alberto Stasi a 16 anni di carcere. In quell’occasione, l’esperto affermò che il materiale a disposizione era talmente degradato da non consentire alcuna valutazione né in termini di identificazione, né di esclusione. Per l’ex generale, dunque, anche se si ipotizzasse che “questo barlume, questa minimissima quantità di Dna” appartenesse a Sempio, come si potrebbe escludere che non si tratti di “Dna trasferito”? Del resto, sia Sempio sia Stasi frequentavano la villetta in cui, la mattina del 13 agosto 2007, Chiara Poggi fu trovata con il cranio fracassato sulle scale che conducevano alla cantina della villetta.

L’esperto nominato dalla procura, Carlo Previderè, e quindi non i consulenti della difesa di Stasi, ritiene che le tracce repertate sulle unghie di Chiara Poggi “siano utilizzabili per una comparazione genetica” e sostiene anche che “dei cinque aplotipi già repertati, precisamente quello relativo ad Andrea Sempio, risulta compatibile con quelli ottenuti dai margini ungueali” della vittima. Cosa ne pensa?
Attendo di conoscere i contenuti delle consulenze fatte. Però, in considerazione delle conoscenze pregresse, quei profili non erano idonei per un’attribuzione personale. Non vorrei che mi mancasse qualche elemento per cui la diagnosi che hanno fatto gli altri è diversa dalla mia. Per quello che è di mia conoscenza, basandomi sui dati prodotti dal professor De Stefano, quel profilo non era idoneo a un’attribuzione personale.

Perché tracce considerate inutilizzabili allora sono considerate utilizzabili adesso?
Posso immaginare che la disponibilità dei dati grezzi – anche se ho dei dubbi perché sono passati tanti anni – possa aver portato a un’interpretazione diversa rispetto a quella fatta allora. Quindi un’interpretazione che ha considerato altri parametri e che ha portato i consulenti a concludere che quel profilo sia compatibile. Questa è l’unica cosa che posso immaginare.

Alcuni organi di stampa riferiscono di alcune cicche di sigarette in un posacenere nella cucina della villetta mai analizzate…
Io le posso dire una cosa: non ricordo quel caso nei particolari, perché mi sono occupato di migliaia di casi in tutto l’arco dei 15 anni in cui ho comandato il Ris. Però le posso dare un’assicurazione: ieri come oggi o oggi come ieri noi rilevavamo tutto. Anche l’impercettibile, anche l’invisibile. Tutto quello che trovavamo con le luci forensi o con il luminol, lo portavamo via.

Quindi lo ritiene improbabile?
Che adesso, a distanza di quasi 20 anni, vengano fuori una serie di reperti e tracce che i Carabinieri non avrebbero considerato, mi lascia un po’ perplesso. Perché allora la prima difesa, con il professor Angelo Giarda, non lo ha segnalato quando era il momento? Ci sono stati un processo di primo e due di secondo grado. Perché non è stato detto? I sopralluoghi sono stati fatti alla presenza di tutti i consulenti, anche dei loro. Comunque, non voglio fare polemica. Per esperienza, quando si facevano i rilievi prendevamo tutto. Ci interessavamo sia delle tracce visibili sia di quelle invisibili, in particolare quelle relative a impronte digitali o a tracce biologiche. Le impronte e le tracce biologiche portano all’identificazione personale. Le tracce, sia quelle visibili sia quelle invisibili, le cercavamo in ogni dove.

Infatti saranno analizzate anche le impronte raccolte con le fascette
Con le polveri si mette in evidenza un’impronta: che sia su uno stipite di una porta o su un tavolo. Si passano le polveri e si evidenzia l’impronta che viene poi trasferita su una fascia adesiva per consentirne lo studio. All’epoca le tecniche non erano così sensibili da permettere di ottenere anche risultati di Dna. Oggi quella stessa impronta, che non è altro che il trasferimento della polvere e del materiale, può portare a un’analisi del Dna. Questo sì è possibile, ma è sempre un’analisi limite perché dobbiamo considerare che il materiale è limitato e che ci può essere una contaminazione. Stasi e Sempio frequentavano quella casa: quindi bisogna essere attenti nell’interpretazione. Come facciamo a escludere che magari Chiara non abbia toccato qualcosa e che, quindi, questo barlume, questa minimissima quantità di Dna, non sia Dna trasferito?

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