Dal 2020 ad oggi, il mondo degli umani, esseri che si autodefiniscono sapiens sapiens, ha accelerato notevolmente i propri rischi di autodistruzione. In un folle crescendo, siamo passati dallo stato di choc globale della pandemia alla guerra in Europa, all’incendio del Medio Oriente e dell’Africa, fino alla seconda spettacolare ascesa al declinante potere imperiale americano da parte di Donald Trump, fonte di nuovi scenari e nuove inquietudini per tutti.

In fondo al tunnel in cui ci hanno scagliati a tutta velocità, lo vediamo, c’è un enorme muro di cemento armato.

The Last dawn (Nuclear Cockfight). Enrico Muratore Aprosio (EMA), 2022

Per evitare di schiantarci tutti, guidatori compresi, dobbiamo frenare al più presto. Fare retromarcia, uscire dal tunnel. E poi prendere, collettivamente, una direzione diversa.

Il ritorno di Trump sconvolge le carte in America, in Occidente e nel mondo. Ci dobbiamo interrogare su dove ci porterà il cambiamento in atto; nel breve termine, Trump ha per lo meno permesso l’avvio di un dialogo russo-americano, dove al posto delle armi parla infine la diplomazia, spietata ed affaristica quanto vogliamo, ma sempre meglio dello scontro frontale tra le due principali potenze atomiche verso il quale stavamo avvicinandoci.

Aspettando di vedere come si svilupperanno i rapporti tra Putin e Trump, dopo tre anni di guerra, un milione di morti e la perdita di 20% del territorio ucraino, bisognerebbe ora adoperarsi per fermare l’inutile massacro di giovani uomini e di civili innocenti e aprire negoziati tra Russia, America, Ucraina e le altre parti, Europa compresa, per ottenere garanzie di sicurezza reciproca, ma anche per rilanciare la cooperazione internazionale e il commercio.

Stress is the enemy. Enrico Muratore Aprosio (EMA), 2020

Invece, i leader europei decidono di farla loro, da soli e in barba a Trump, questa guerra alla Russia. Non riuscendo a concepire un’Europa dove non piovano le bombe, le loro parole d’ordine sono il riarmo e il militarismo. Tutto ciò anche se questa guerra, evitabile fin dall’inizio, è già persa, e anche se la Russia dispone non solo di un grande esercito, ben rodato e pronto a riceverci, di una industria bellica che, secondo il Segretario Generale della Nato Rutte, “produce in 3 mesi le armi Nato di un anno”, per di più spendendo meno di noi; ma, least but not last, anche del principale arsenale nucleare mondiale.

Visto che gli Usa sostituiscono, per il momento, la guerra a forza di bombe con quella economica, tecnologica e commerciale, noi europei potremmo provare a dire la nostra: il Pil dei 27 paesi dell’Ue, 17,1 trilioni di euro, non è così lontano dai Pil della Cina (19,3 trilioni di dollari), e degli Usa (23,5 trilioni). L’Ue dovrebbe destinare le proprie risorse, sia umane che finanziarie, per rilanciare l’industria, il commercio, l’economia e l’occupazione, le infrastrutture, la scuola, l’università, la ricerca nel campo delle tecnologie avanzate, la sanità pubblica ecc. E invece ci sfileranno 800 miliardi di euro dalle tasche per comprare armi.

Armi che non creeranno lavoro a casa nostra, visto che gran parte dei soldi finirà in America (nel 2024 oltre il 60% delle importazioni di armamenti in Europa, più che raddoppiate dall’inizio della guerra in Ucraina5, veniva dagli Usa), e che non ci proteggeranno in nessun modo; e che, anzi, raderanno al suolo i settori chiave per il rilancio dell’Europa: educazione, università, ricerca, salute, lavoro, casa, stato sociale. Tanto masochismo sarebbe ridicolo, se non fosse tragico.

Fatal Eggs. Enrico Muratore Aprosio (EMA), 2023

Ci si chiede quali siano i riferimenti storici e culturali dei responsabili di queste decisioni; se sanno come finirono altri eserciti europei, pur meno disorganizzati degli attuali, quando tentarono, in passato, la stessa impresa. Nel 1812, Napoleone aveva almeno guidato di persona le sue armate in Russia; Hitler preferì nascondersi nel bunker, ma ciò non gli evitò una brutta fine. Che faranno ora questi uomini e queste donne che ci vogliono portare in guerra? Condurranno personalmente le loro sturmtruppen al fronte, spediranno i loro figli in prima linea? O manderanno i figli di chi? Degli squattrinati italiani, francesi, tedeschi, reintroducendo la leva obbligatoria? Manderanno i disoccupati e gli immigrati?

Chi avrà i soldi manderà i propri figli a svernare altrove, regalando risorse giovani e spesso qualificate ad altri paesi meno suicidi dei nostri; mentre quelli che non hanno i soldi per tagliare la corda, andranno a difendere la patria, non si sa bene quella di chi nell’Europa dei 27.

Nel decennio che precedette la Seconda guerra mondiale, che perdemmo lo stesso, il 55% degli italiani aveva meno di 25 anni: i maggiori di 65 non superavano il 7%, e la nostra età media era di 29 anni. Nel 2024 ha raggiunto i 48,7, il che fa degli italiani i più vecchi d’Europa (la media Ue è di 44,7 anni). Quasi un quarto ha più di 65 anni, più degli under 25 (il 23-24% del totale contro il 26-27% in Europa).

Se prima della Seconda guerra mondiale in Europa c’erano 8-10 giovani per ogni anziano, oggi c’è un anziano per ogni giovane. L’Italia ha la più bassa incidenza di under 35 in Europa. Nel 2023, 10,2 milioni di italiani avevano tra i 18 e i 34 anni, oltre 3 milioni (23,2%) in meno del 20028. Ma i giovani sono diminuiti in tutta l’Ue: nel 2020, i 15-29 anni erano solo un sesto della popolazione (73,6 milioni su 447,39), e i 18-34 anni meno di un quinto% (17,5% in Italia).

E mentre a noi invecchiati europei viene proposta come unica soluzione il fine-vita collettivo, i cinesi, gli indiani e le altre economie emergenti formano ogni anno schiere di giovani ingegneri, medici, scienziati, ricercatori. Tra europei e americani, siamo poco più del 13% degli 8 miliardi di persone che compongono la popolazione mondiale; i nostri principali competitor, i nove paesi che compongono al momento i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica; Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran), non solo hanno, a fine 2024, un Pil complessivo di 29 trilioni di dollari (27,94% dell’economia globale), superiore a quello americano; ma rappresentano metà della popolazione del pianeta, quattro miliardi di persone la cui età media è di trent’anni.

Se non capiamo in fretta che sono i nostri giovani, non certo le armi, la più preziosa risorsa in cui dobbiamo investire, non ci sarà futuro né per l’Italia né per l’Europa.

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