Ambiente

Salva Milano sconfitto? In realtà rischia di rientrare dalla finestra del Senato

Craxi almeno era stato molto più prudente di Sala. Quando ci fu l’arresto dell’esponente socialista Chiesa, amministratore del Pio Albergo Trivulzio, si limitò a definirlo “un mariolo”. Da quell’arresto iniziò invece la valanga di Tangentopoli che mise in luce un sistema di gestione degli appalti pubblici marcio. Il sindaco Sala ha dichiarato invece in ogni momento che l’urbanistica milanese era una casa di vetro. Non c’era neppure un mariuolo. Sbagliava la Magistratura, sbagliavano coloro che denunciavano gli scandali sulle aree ferroviarie. Ad un giornalista scomodo, Gianni Barbacetto, Sala ha voluto addirittura inviare una denuncia per diffamazione, tanto per ribadire chi comanda.

Dal giorno degli arresti domiciliari dell’ex dirigente apicale del settore urbanistico del comune di Milano, Giovanni Oggioni, Sala ha cambiato musica. Dopo aver preteso il “Salva Milano” perché “le leggi nazionali erano contraddittorie e pasticciate” ha ora annunciato la costituzione come parte civile del comune. E il salva Milano giace per sempre negli scaffali dei provvedimenti più scandalosi mai ideati. Una vittoria della legalità nelle città come non accadeva da anni. Tutte le denunce sull’urbanistica contrattata – il meccanismo che genera corruzioni e mostri urbanistici – non avevano mai raggiunto esiti positivi. Dobbiamo dunque chiederci cosa sia avvenuto per aver consentito di raggiungere un risultato così straordinario.

La novità è che la “rigenerazione” disinvolta applicata a Milano e in tanti altri luoghi ha reso più brutte le città e danneggiato i proprietari di immobili che hanno avuto la sfortuna di vivere vicino ai luoghi preda della speculazione finanziaria ed edilizia. Abitavano sopra un capannone di un piano e hanno visto sorgere mostri alti più di dieci piani. Godevano di un panorama e sono sepolti dal cemento. E tutto al di fuori delle regole di trasparenza. E’ dalle denunce di quei cittadini che la Magistratura ha voluto vederci chiaro, evidenziando un quadro discrezionale e corruttivo impressionante.

E visto che gli interventi sulla città costruita saranno sempre più il futuro dell’industria edile in Italia, è necessario che il legislatore presti la massima attenzione alla difesa di questi interessi economici che interessano milioni di famiglie e non pochi speculatori immobiliari. Interessi del ceto medio che sono stati sacrificati alla prepotenza di operatori finanziari che vogliono massimizzare oltre ogni limite i propri guadagni.
Insomma, il fallimento del “modello Milano” che cancella gli interessi di tutti per privilegiare quelli delle elite economiche dovrebbe dar luogo ad un profondo ripensamento della legislazione urbanistica di questi ultimi anni.

E c’è un’urgenza alle porte. Al Senato è iniziata la discussione su un testo di legge unificato recante “Disposizioni in materia di rigenerazione urbana”. Un testo scandaloso che conferma punto per punto la prassi utilizzata a Milano negli ultimi dieci anni. All’articolo 3 del provvedimento si concedono incrementi volumetrici pari al 30% a prescindere del luogo in cui ricadono gli edifici e poi, incredibilmente, si concede la possibilità di “delocalizzare” volumetrie da un luogo all’altro della città senza tener conto del contesto. Ecco i grattacieli di Milano al posto di modesti capannoni!

All’articolo 7 sono consentiti interventi di ristrutturazione edilizia “anche con diversa distribuzione volumetrica e modifica della sagoma” anche in deroga dello strumento urbanistico vigente. Addirittura meglio di quanto prevedeva il “Salva Milano”. E infine, sempre all’articolo 7 si corre ai ripari sul mancato rispetto degli standard urbanistici causati dagli aumenti di volumetria autorizzati. Si prevede infatti che i diritti dei cittadini vengano monetizzati. Non bastano i parcheggi? Basta dare un obolo al comune. Manca il verde per i bambini? Basta pagare, un problema banale per le banche e i colossi della finanza globalizzata.

Insomma, il “salva Milano” sconfitto in questi giorni rischia di rientrare dalla finestra concessa dal disegno legge di rigenerazione urbana in discussione al Senato. Ma l’entrata in campo degli interessi proprietari diffusi, garantiti dalla Costituzione ma calpestati dall’allegra urbanistica piegata all’economia dominante, può compiere il miracolo di interrompere il ciclo legislativo che ha distrutto le nostre città e restituirle alle regole urbanistiche che tutelano gli interessi di tutti i cittadini.