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“Vorrei riportare le salme dei miei nonni a Roma. Ho il sì di Giorgia Meloni. Il mio carattere? Uno psicologo quasi si buttò dalla finestra, ma sto abbattendo la mia corazza”: parla Emanuele Filberto di Savoia

Il duca della dinastia sabauda ha ricordato i suoi nonni con il Corriere della Sera, in occasione della messa in suffragio per Umberto II, al 42esimo anniversario della sua morte

di Claudio Savino
“Vorrei riportare le salme dei miei nonni a Roma. Ho il sì di Giorgia Meloni. Il mio carattere? Uno psicologo quasi si buttò dalla finestra, ma sto abbattendo la mia corazza”: parla Emanuele Filberto di Savoia

Essere capo dei Savoia in Repubblica, per molti, non vuol dire niente ma per me significa fare del bene, nel mio piccolo”. Lo spiega senza troppi giri di parole, Emanuele Filiberto di Savoia, che, al Corriere della Sera, si racconta e ricorda il suo passato, dalle lacrime per la morte di suo padre, avvenuta lo scorso anno, alla speranza di vedere, un giorno, le salme dei suoi nonni, il re Umberto II e la regina Maria José, riposare a Roma.

Gli ultimi sovrani dell’Italia monarchica sono sepolti in Francia, ad Hautecombe, dove oggi, 15 marzo, si è tenuta la messa in suffragio per l’ex monarca, nel 42esimo anniversario della sua morte. “Confido in un gesto di umanità, rispetto e pace storica. Sono figure incriticabili. Riportare lei e Umberto al Pantheon sarebbe il riconoscimento che i Savoia hanno dato tanto all’Italia, a partire dall’unità nel 1861”, spiega Filiberto, che, poi, passa al setaccio i suoi ricordi: “Avevo 11 anni quando nonno morì a Cascais. Andavo a trovarlo spesso, mi ha trasmesso amore per l’Italia, parlavamo facendo lunghe passeggiate sull’oceano. Era di una simpatia e di una gentilezza incredibili. Con nonna, mancata quando avevo 28 anni, parlavamo dei suoi incontri con Albert Einstein, Maria Montessori, Gabriele D’Annunzio, Benedetto Croce… Era un libro di storia vivente. Mi raccontava di quando il fratello, il re del Belgio, la mandò a negoziare le razioni di pane, da sola, da Hitler, a Nido dell’Aquila. Le chiedevo: ‘che ti diceva Hitler?’ E lei: ‘ripeteva solo Nein nein’. E io: ‘cosa ti colpì di lui?’ E lei: ‘che aveva le mani terribilmente sudate’’, spiega. Ora, però, vorrebbe che fossero riportati in Italia, ma, al momento, non è ancora possibile: “La presidenza del Consiglio, i vari ministri e il Vaticano hanno dato parere favorevole, manca il sì del presidente Sergio Mattarella, in cui ho fiducia”, racconta Filiberto.

Intanto, il duca dei Savoia chiede la restituzione dei gioielli reali: “Abbiamo proposto una mediazione, è stata respinta e c’è un processo in corso. Se serve, ci rivolgeremo alla Corte Europea per i diritti dell’Uomo”, sostiene ancora Emanuele Filiberto. Che, successivamente, ricorda i funerali di suo padre, morto il 3 febbraio 2024: “Ho pianto, prima e dopo. Ma, a queste grandi cerimonie, devi tenere sotto controllo così tante cose che non hai il tempo di piangere”. E se qualcuno sostiene che i reali non mostrino i loro sentimenti è lo stesso Filiberto, in parte, a dar loro ragione, anche in considerazione della sua esperienza con gli psicologi: “Ne ho fatti scappare tre? Uno quasi si buttò dalla finestra! Non si tratta solo di non piangere ai funerali, ma di non mostrare tristezza né gioia. Io sono sensibile, ma avevo sviluppato una corazza. Ora sto imparando a esprimermi. Con le figlie sono migliorato”, aggiunge.

Oggi, è un Emanuele Filiberto rinnovato, quindi, che ha smesso di fumare (“con l’ipnosi: due sedute e non ho più acceso una sigaretta”) e ha raccolto l’eredità di suo padre, “soprattutto per sviluppare gli ordini dinastici”, con cui “devolviamo in beneficenza un milione e mezzo all’anno. Essere capo dei Savoia in Repubblica per molti non vuol dire niente ma per me significa fare del bene, nel mio piccolo. A questo, dedico almeno la metà del mio tempo”. L’altra, invece, va alle sue attività: la presidenza di una squadra di calcio, il Savoia, di Torre Annunziata (in provincia di Napoli), “che speriamo di portare in Serie C”, e il lancio di una carta di credito e di un gioco online, “RoyaLand”, in cui ha coinvolto le altre case reali. La carriera da politico, invece, al momento, resta in disparte: “Le candidature nel 2005 e nel 2009? Non ero pronto, fu uno sbaglio. Ma fare campagna elettorale fu meraviglioso perché, appena arrivato dall’esilio, mi ha permesso di conoscere persone e luoghi straordinari”.

E sull’amore, invece, ne è sbocciato uno nuovo, di recente, dopo la separazione dalla ex moglie, Clotilde Coureau, con cui si è lasciato 4 anni fa: “Adriana Abascal (Miss Messico 1998, ndr) può essere definita la mia compagna? Sono molto felice”, sentenzia Emanuele Filiberto. Le sue figlie, Vittoria, di 21 anni, e Luisa, di 18, avute dalla ex moglie, “sanno che è importante che il padre abbia trovato una persona con la quale sta bene”, rivendica orgogliosamente. In attesa che siano loro a sostituirlo, un giorno: “Io immagino un tandem fra lei (Vittoria, ndr) e sua sorella, e spero, in più, che potranno rappresentare Casa Savoia coi figli dei miei cugini, Elisabetta, Elena e Aimone”. Quanto ad un suo ritorno in Italia, non è escluso a priori, “ma tornerò per essere residente solo quando abrogherà la tredicesima norma transitoria e mi restituirà i miei beni personali”, conclude Filiberto.

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