Ambiente & Veleni

Il monte Altissimo è patrimonio di tutti: non si difende continuando a permettere l’estrazione

Con i suoi 1589 metri il monte Altissimo non è certo un gigante, ma dal mare della Versilia i suoi imponenti bastioni verticali alti quasi 700 metri ne giustificano il nome. La sua colpa è quella di custodire alcuni giacimenti del marmo più pregiato delle Apuane: dal 1800 in poi lo sfruttamento sempre più intensivo delle cave ne sta decretando la condanna, il Picco di Falcovaia già oggi non esiste più. Qui però non si parla solo di battaglie ambientali, ma anche di diritti e di democrazia.

Il diritto di sfruttamento delle aree di cava dell’Altissimo è rivendicato dalla ditta Henraux sulla base di documenti risalenti a due secoli fa, ma da diversi decenni è in corso un contenzioso con gli abitanti delle frazioni del territorio che ne sostengono la proprietà pubblica. Nel 2020 una sentenza del Tribunale degli Usi Civici di Roma ha deliberato che una buona parte di quei terreni deve essere rimessa nella disponibilità dei frazionisti: quasi 2 milioni di metri quadrati dell’Altissimo sono stati “erroneamente” iscritti al catasto da Henraux come propri, ma sarebbero in realtà occupati e in parte già escavati senza alcun titolo valido, e quindi da restituire al Demanio collettivo e civico. Henraux ha opposto appello, ottenendo una sospensiva della sentenza che le ha consentito di continuare a scavare.

Alla sentenza del 2020 è seguita un’ordinanza nel 2024 che ha ingiunto alla Regione Toscana di procedere alla ricostituzione dell’Asbuc (Amministrazione Separata Beni Uso Civico), organo di tutela dei frazionisti nel contenzioso in corso; nel frattempo Henraux anticipando i tempi aveva formulato al Comune di Seravezza una proposta di conciliazione che prevede per la ditta il riconoscimento della proprietà a fronte del versamento di una somma nelle casse dell’amministrazione (un milione di euro in 10 anni), conciliazione che il Consiglio comunale – in sostituzione dell’Asbuc non ancora costituita – ha approvato con l’avallo della Regione.

A fronte della propria legge del 2014 che dettaglia come devono essere svolte le elezioni dell’Asbuc, la Regione ha preferito riferirsi ad un Regio Decreto del 1928, così da individuare i rappresentanti per sorteggio: ha chiesto ai cittadini di autocandidarsi per poi estrarre a sorte cinque nominativi (una “commissione di speciale rappresentanza”) chiamati ad esprimersi sulla proposta di conciliazione, una vera e propria lotteria che la dice lunga sull’idea di democrazia sostenuta da quelle stesse istituzioni che dovrebbero tutelare gli interessi della comunità.

Il sorteggio è avvenuto lo scorso 19 febbraio, con sede incomprensibilmente individuata a Grosseto (193 km da Seravezza) anziché Firenze (129 km) o capoluoghi ancora meno distanti come Livorno (62 km) o Pisa (44 km).

Il 4 marzo 2025, in presenza dei sorteggiati, la Corte d’Appello di Roma doveva quindi esprimersi in merito alla proposta di conciliazione. Poiché la Regione Toscana non ha chiesto di costituire in giudizio i soggetti nominati per sorteggio, i cinque frazionisti non hanno potuto essere ascoltati; dopo le arringhe degli avvocati di parte si è rimandata la decisione ad un’ulteriore udienza, fissata nel maggio 2026. Il sindaco di Seravezza si è rammaricato perché “per l’opposizione di un piccolo gruppo di persone (…) il rinvio di un anno ci fa perdere altri 200 mila euro, ovvero le risorse che sarebbero entrate nelle casse del municipio e che avremmo utilizzato per la montagna se la conciliazione fosse in vigore”; la Regione, che non ci ha fatto una gran bella figura, è evidentemente sulla stessa linea se è vero che il presidente Giani solo un anno fa aveva definito le Alpi Apuane “uno straordinario giacimento economico”.

Il monte Altissimo non è solo un patrimonio di uso civico, ma è un patrimonio di tutti: se verrà dichiarata la proprietà pubblica ma si continuerà a lavorare nelle cave con l’estrazione di grandi quantità di materiale, non avremo difeso la montagna. Un ecosistema importante viene divorato dall’ingordigia umana, vittima del commercio e della speculazione legata all’estrattivismo che massimizza i profitti sottraendo ai territori le risorse e lasciando dietro sé solo macerie e degrado socio-economico.

È un luogo simbolo, nessun territorio è al sicuro da queste logiche di sfruttamento e l’impegno nella difesa dei beni comuni è l’unica arma a disposizione dei cittadini contro lo strapotere economico e politico che scavalca i diritti. L’Altissimo non si vende, l’Altissimo non si arrende. L’Altissimo siamo tutti noi.