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Armi all’Ucraina, Kaja Kallas chiede altri 40 miliardi ai Paesi ‘volenterosi’. Scetticismo tra gli Stati membri, Tajani: ‘Spendiamo già tanto’

Opposizione di Budapest, Italia fredda, mentre la Francia teme esborsi esagerati. Ecco perché la proposta potrebbe naufragare
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Non si è visto “l’ampio sostegno” che Kaja Kallas aveva previsto riguardo alla sua proposta presentata al Consiglio Affari Esteri. Mentre Trump parla di nuovi passi avanti nel processo di pace in Ucraina, in Ue si torna a parlare di armi e nello specifico di quelle da inviare a Kiev. È questo il fulcro di quella che è stata ribattezzata “l’iniziativa Kallas“, una tranche di forniture militari da 40 miliardi da deliberare il prima possibile. E per farlo, in occasione del vertice con i capi delle diplomazie Ue di lunedì mattina a Bruxelles che ha intanto approvato una nuova tranche di aiuti a Kiev da 3,5 miliardi, l’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue ha deciso di lanciare un nuovo appello ai “volenterosi“: partecipazione facoltativa, così da evitare i veti di Paesi come l’Ungheria, con un contributo calcolato in base al Reddito Nazionale Lordo.

L’iniziativa Kallas – L’idea della Lady PESC è quella di mobilitare altri 40 miliardi per continuare a fornire sostegno militare all’esercito fedele a Volodymyr Zelensky. E di farlo velocemente e senza intoppi, quasi raddoppiando l’assistenza alla Difesa fornita dall’Unione europea lo scorso anno, anche per sopperire all’annunciato disimpegno americano. L’attenzione del piano Kallas è rivolta in particolare alle munizioni per artiglieria, sistemi di difesa aerea, missili, droni e jet da combattimento. Saranno prese in considerazione anche forniture non letali, come l’addestramento e l’equipaggiamento delle brigate ucraine, nel tentativo di garantire la partecipazione degli Stati membri neutrali. L’iniziativa ha un valore di “almeno 20 miliardi di euro” e “potenzialmente” potrebbe raggiungere i 40 miliardi.

Una proposta d’adesione su base volontaria, si è detto, per evitare che i veti di alcuni Paesi possano ostacolare le forniture. L’Ungheria ha già espresso la propria contrarietà: “A Bruxelles continua a prevalere la posizione favorevole alla guerra. Nella riunione odierna del Consiglio dei ministri degli Esteri è in fase di preparazione un pacchetto di aiuti finanziari da almeno 20 miliardi di euro per l’Ucraina. Non ci lasceremo trascinare in questa vicenda e non permetteremo che il denaro dei contribuenti ungheresi venga utilizzato per finanziare le forniture di armi all’Ucraina”, ha scritto in un post su Facebook il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó. “Noi – ha aggiunto – sosteniamo invece i negoziati di pace. Grazie al Presidente Trump, la speranza di pace non è mai stata così vicina negli ultimi tre anni come lo è ora, motivo per cui l’intenzione di Bruxelles di rendere impossibili i negoziati di pace è inaccettabile”. Ma anche altri Paesi potrebbero rinunciare a fare parte del piano di aiuti di Kallas, tenendo conto anche che tutti si dovranno impegnare nel programma Rearm Europe di Ursula von der Leyen del quale è prevista l’approvazione nel Consiglio Ue del 20-21 marzo. La Slovacchia, altro Paese critico dell’assistenza militare a Kiev, potrebbe opporsi, mentre per altri motivi potrebbe arrivare anche il ‘no’ della Francia, che altrimenti si vincolerebbe a un esborso importante per tutto il 2025.

Anche l’Italia, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, mostra freddezza: la proposta “va approfondita”, dunque “oggi non si arriverà ad una decisione“, ha detto il capo della diplomazia di Roma precisando che l’Italia “non è sola” nella richiesta di una riflessione maggiore. “Dobbiamo anche vedere cosa viene fuori dalla telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin. Attendiamo la telefonata Trump-Putin per vedere se ci saranno dei passi in avanti per arrivare al cessato il fuoco, per arrivare a una tregua. Approfondiremo il piano, come chiedono tanti altri Paesi, tenendo presente che noi dobbiamo anche raggiungere un obiettivo che è quello del 2% della Nato, quindi ci sono spese anche da questo punto di vista. Poi c’è il piano per la sicurezza della presidente von der Leyen che noi abbiamo approvato, quindi ci sono molte spese da affrontare, valuteremo con grande attenzione anche la proposta di Kallas e poi vedremo se sarà possibile spendere di più”.

Motivo per cui Kallas sta aprendo la coalizione a Paesi esterni al blocco, come il Regno Unito e la Norvegia, che sono stati coinvolti sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. All’inizio di questo mese Oslo ha aumentato il suo impegno per il 2025 a 50 miliardi di corone norvegesi, pari a 8,19 miliardi di euro. “L’iniziativa Kallas è aperta ai Paesi terzi – ha confermato venerdì un alto funzionario dell’Ue – Più Paesi partecipano, meglio è per soddisfare anche le esigenze dell’Ucraina di essere in una posizione forte nella traiettoria futura”. Già lunedì mattina, l’Alta rappresentante mira a ricevere il via libera politico dagli Stati membri prima di trasformare il suo documento di tre pagine in un progetto più dettagliato.

Altri 3,5 miliardi a Zelensky
Intanto, il Consiglio Ue ha dato il via libera alla terza tranche da circa 3,5 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti a fondo perduto a favore di Kiev nell’ambito dello Strumento per l’Ucraina, entrato in vigore il 1 marzo 2024, che mette a disposizione fino a 50 miliardi di euro di finanziamenti stabili, sotto forma di sovvenzioni e prestiti, per sostenere la ripresa, la ricostruzione e la modernizzazione del Paese nel periodo 2024-2027. Il Consiglio ha concluso che Kiev ha soddisfatto le condizioni necessarie stabilite nel Piano per l’Ucraina per ricevere il terzo esborso. In particolare, avrebbe attuato 13 diversi passi, tra cui l’approvazione di riforme per aumentare l’uso di energia rinnovabile, l’adozione di una strategia per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e il proseguimento del lavoro di elencazione delle materie prime strategiche e critiche. Con la terza erogazione, Kiev avrà ricevuto quasi 20 miliardi di euro in totale. Dei circa 50 miliardi stanziati, fino a 32 sono destinati a sostenere le riforme e gli investimenti previsti dal Piano per l’Ucraina, i cui esborsi sono subordinati al rispetto di una serie di condizioni prestabilite.

La Spagna chiede di allargare le maglie di Rearm Eu. Macron: “No soldi agli Usa”
Non c’è solo il piano Kallas. Il Consiglio del 20-21 marzo dovrà discutere quale debba essere la versione definitiva del piano Rearm Europe spinto da Ursula von der Leyen. Tanto voluto da decidere di scavalcare un Parlamento Ue che, viste le ultime votazioni in tema di Difesa, non si sarebbe nemmeno opposto troppo al testo. Alcuni Paesi, anche importanti, hanno però avanzato proposte di modifica sull’utilizzo degli 800 miliardi di euro previsti dal programma. Il capo del governo spagnolo, Pedro Sanchez, ha chiesto una definizione più ampia di “spese per la Difesa”, proponendo di includere in esse anche quelle per la cybersicurezza, la lotta al terrorismo e gli sforzi per combattere i cambiamenti climatici. “Per qualsiasi paese dell’Europa orientale, nordico o baltico, la minaccia richiede una risposta in cui la deterrenza si basa principalmente sugli investimenti nella Difesa – ha spiegato il premier – Ma in Spagna non è così. La nostra minaccia non è la Russia che porta le sue truppe attraverso i Pirenei. Quando parliamo della Russia, è più una minaccia ibrida. È la minaccia degli attacchi informatici. Quindi, ciò che dobbiamo fare non è solo parlare di difesa, ma fondamentalmente parlare di sicurezza”.

Obiezioni sono arrivate anche dal presidente francese, Emmanuel Macron, che solleva un tema già circolato nei giorni scorsi: il rischio che la maggior parte degli 800 miliardi previsti dal piano di von der Leyen finiscano nelle casse di aziende non europee, nello specifico americane. “La mia intenzione è quella di andare a convincere gli Stati europei che si sono abituati ad acquistare prodotti americani”, ha dichiarato sabato in un’intervista rilasciata a diversi media francesi. E ha poi fatto alcuni esempi: “A chi acquista il Patriot dovrebbe essere offerto il SAMP/T franco-italiano di nuova generazione. A chi acquista l’F-35 dovrebbe essere offerto il Rafale. Questo è il modo per aumentare il tasso di produzione”. Punti che potrà sollevare al prossimo Consiglio europeo sul piano Rearm Europe.

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