La norma voluta dal governo puntava a "salvare" i centri in Albania spostando in secondo grado la competenza sulle convalide. Il piano è fallito, ma le conseguenze organizzative restano
Sarà di almeno 2.500 fascicoli l’anno il carico di lavoro aggiuntivo per le Corti d’Appello causato dall’“emendamento Musk“, la norma che ha spostato in secondo grado – senza alcun motivo razionale – la competenza sulle convalide dei trattenimenti dei migranti richiedenti asilo. La stima arriva dall’Ufficio statistico del Consiglio superiore della magistratura, incaricato dalla Settima […]
Sarà di almeno 2.500 fascicoli l’anno il carico di lavoro aggiuntivo per le Corti d’Appello causato dall’“emendamento Musk“, la norma che ha spostato in secondo grado – senza alcun motivo razionale – la competenza sulle convalide dei trattenimenti dei migranti richiedenti asilo. La stima arriva dall’Ufficio statistico del Consiglio superiore della magistratura, incaricato dalla Settima Commissione – competente sull’organizzazione degli uffici giudiziari – nell’ambito dell'”analisi delle ricadute organizzative” del provvedimento voluto dal governo. L’emendamento al decreto Flussi aveva lo scopo di esautorare i giudici delle Sezioni Immigrazione dei Tribunali, considerati ideologizzati: una reazione al flop dei centri per il rimpatrio in Albania, lanciati in pompa magna ma rimasti vuoti a causa delle mancate convalide da parte del Tribunale di Roma. Per questo la norma era stata subito intitolata dalla stampa a Elon Musk, che pochi giorni prima aveva scagliato il suo anatema contro i magistrati italiani “guastafeste”: “These judges need to go“, “Questi giudici devono andarsene”. In realtà il piano è già fallito: anche la Corte d’Appello della Capitale, infatti, ha sospeso i trattenimenti rinviando gli atti alla Corte di giustizia europea, che dovrà decidere sulla compatibilità col diritto Ue della lista di Paesi sicuri stilata dall’Italia. Ancora una volta, quindi, i migranti portati al di là dell’Adriatico sono stati liberati. E oltre alla delusione, il governo ha dovuto subire la beffa: a decidere, infatti, sono stati gli stessi giudici specializzati del Tribunale, “presi in prestito” dalla Corte per rinforzare l’organico in vista dell’ondata di nuovi fascicoli in arrivo.
Anche se non è servita agli scopi della politica, però, la norma è ormai in vigore. E i suoi effetti peseranno sull’organizzazione delle Corti, già oberate di lavoro e alle prese con la difficile sfida di abbattere l’arretrato e i tempi dei processi per raggiungere gli obiettivi del Pnrr. Proprio su questo aspetto la Settima Commissione del Csm ha avviato un monitoraggio, chiedendo all’Ufficio statistico “una preliminare stima dei procedimenti che potrebbero pervenire alle Corti d’appello”, sulla base del decreto Flussi, “nonché, per il futuro, un’analisi e un monitoraggio semestrale dell’impatto delle nuove competenze”. La relazione, depositata il 19 febbraio, è basata sui numeri registrati nei Tribunali nell’ultimo triennio: la media è di 2.312 fascicoli l’anno aventi ad oggetto convalide di trattenimenti. Ma questo valore, si precisa, “non è utile ai fini della stima”, perché il numero di casi è in continua crescita: in particolare, si legge, i fascicoli in materia “sono aumentati del 23% tra il 2022 e il 2023 e di un ulteriore 8% tra il 2023 e il 2024, ed è ipotizzabile che lo stesso trend si verifichi anche nel corrente anno per le richieste di convalida iscritte in Corte d’appello”. Per questo, si legge, il valore da ipotizzare nel 2025 è “almeno” pari a quello registrato nei Tribunali nel 2024: 2.578 fascicoli, di cui circa un quarto a Roma (694), 329 a Potenza e intorno ai 250 a Palermo, Trieste, Caltanissetta e Bari.
L’indagine della Commissione approderà mercoledì prossimo alla seduta del plenum, l’organo di autogoverno dei magistrati al completo. Nella pratica, firmata dal consigliere togato Marco Bisogni, si precisa che la stima statistica” soffre della indisponibilità di alcuni dati“, non ancora quantificabili: per questo “una analisi più esaustiva e corrispondente alla realtà sarà possibile solo non appena disponibili i dati del primo semestre 2025“, quando “si potranno eventualmente effettuare approfondimenti comparativi con il carico esigibile o con i procedimenti pendenti pro capite, tenendo conto delle dimensioni degli uffici più gravati, anche al fine di individuare il numero delle risorse necessarie per fronteggiare le sopravvenienze”. Per aumentare le piante organiche delle Corti, insomma, bisognerà aspettare. “Sin da ora, tuttavia”, avverte Bisogni, “si può affermare che il nuovo carico di lavoro previsto per le Corti di Appello inciderà inevitabilmente sul raggiungimento degli obiettivi Pnrr, andando in controtendenza con i dati finora monitorati che hanno rilevato il costante raggiungimento dei predetti obiettivi da parte degli uffici di secondo grado”. In realtà non è proprio così: almeno un obiettivo, l’abbattimento del 95% dell’arretrato rispetto al 2019, non è stato centrato entro la scadenza prevista di dicembre 2024. Ma di certo il lavoro aggiuntivo scaricato sulle Corti non aiuterà a rispettare il target finale fissato al 30 giugno 2026, cioè la riduzione del 40% della durata media dei processi civili rispetto al 2019. Certo, sarebbe stato molto peggio se il governo avesse confermato il testo originale del decreto Flussi, che non spostava la competenza sulle convalide ma reintroduceva il reclamo in Appello contro tutte le decisioni dei Tribunali in materia di asilo: in qual caso, secondo lo stesso Ufficio statistico del Csm, i fascicoli in più ogni anno sarebbero stati oltre trentamila, un aggravio di oltre il 30% che avrebbe quasi sicuramente compromesso il raggiungimento degli obiettivi del piano.