di Francesca Carone

L’Europa, per voce di Ursula von der Leyen, invoca il ReArm Europe che toglierebbe respiro al welfare degli Stati europei sottraendo 800 miliardi di euro. Non proprio noccioline. Però effettivamente se si prendesse una bella lente di ingrandimento per osservare da vicino la situazione in cui naviga attualmente mezzo Mondo, perfino i Romani, che hanno conquistato il mondo, chiamerebbero la neuro.

La guerra

L’Ucraina, per conto di Zelensky, fa finta di combattere una guerra con la Russia, che ha già perso. Però, vabbè, fa lo stesso. Il Presidente ucraino infatti fa il giro delle sette chiese per chiedere all’Europa ancora armi e continuare una guerra fantasma con la Russia (che evidentemente ha già vinto). Anche l’America ha offerto armi a Zelensky con il favore di Biden. Poi Trump ha chiuso i rubinetti. Probabilmente ha capito che non c’era più una guerra. Ma solo la sua finzione. Infatti chiama Zelensky e gli fa una bella ramanzina dicendogli chiaramente in mondovisione che deve finirla di andare in giro in versione soldato con tanto di dress code total black. Trump così lo azzera.

Il poveretto torna in Europa sconsolato dove viene rincuorato con tanto di armi. E con un colpo di scena: l’armamento dell’Europa perché ha paura di essere attaccata come l’Ucraina. La decisione avviene all’indomani delle “botte” di Trump a Zelensky. I Paesi europei approvano il riarmo. In Italia, anche senza prosecco, soprattutto dalle file dei radical chic, si respira ubriacatura europatariottica con impeti sovversivi sbilanciati dalle lodi putiniane di Salvini & Co.

Le piazze

Così le piazze si riscaldano e sussultano. Ma non sono le piazze di una volta. Quelle degli slogan, delle urla, delle voci unite e unanimi. Quelle che sapevano chiedere. Perché sapevano cosa chiedere: ad alta voce con le mani alzate, con gli striscioni e con marce a passi sicuri e cadenzati. La piazza del giornalista Michele Serra ha riunito tante anime. Ma in quella piazza ogni anima evidentemente aveva qualcosa da chiedere. La vera “piazza” deve accogliere un solo cuore, un solo pensiero, un solo grido, un solo monito.

L’unica cosa certa nella piazza del giornalista è stata la parola Europa. Ma quale Europa? Quella della Von der Leyen? Quella del riarmo da 800 miliardi? L’Europa che dà le armi all’Ucraina? Ma quanta gente in realtà, lì in quella piazza, avrebbe voluto parlare della povertà dilagante, delle bollette, del caro vita, degli stipendi fermi e della sanità? Anche questa è una guerra minore da affrontare quotidianamente.

L’Europa

In fondo l’Italia è un pezzettino d’Europa. Con tantissimi problemi da risolvere. E andare in quella piazza per indossare il vestito europeo può diventare uno sterile e vuoto spot celebrativo, svuotato di contenuti e significato. A meno che il lavoro (sommerso, sottopagato e inesistente), la povertà, la scuola, la sanità, le infrastrutture non vengano presi a cuore da quella stessa Europa che oggi chiede 800 miliardi di euro per comprare armi. Il dubbio è che lì, in quella piazza probabilmente qualcuno ci è andato perché forse era una bella giornata. Perché c’era il sole. Perché c’erano volti noti a cui stringere la mano. O per semplice curiosità domenicale. Perché parlare di Europa, così come suggerito dal giornalista Serra nella bellissima piazza romana, è come parlare del nulla.

L’Europa è un non-luogo, forse qualcosa che evoca grandezza e potere e una “Unione” che di fatto non c’è. La prossima volta in quella piazza sarebbe bello andarci con un esercito di bambini e maestre. A cantare bellissime canzoni e a recitare poesie e filastrocche di Rodari. Magari in mondovisione. Per far capire a tutti quanto incantevole è l’essere umano. E quanto stupida è la guerra che vuole annientarlo.

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