Una tassa minima del 2% sugli italiani che possiedono almeno 100 milioni di euro porterebbe nelle casse dello Stato più di 8 miliardi. Che salirebbero a 15 se l’aliquota fosse del 3%. A livello europeo, i ricavi ammonterebbero a 67,2 miliardi nel primo caso e quasi 121 nell’ipotesi più ambiziosa. Sono le ultime stime dell’Osservatorio fiscale europeo guidato da Gabriel Zucman. Martedì, durante l’annuale Tax Symposium a Bruxelles, l’economista francese ricorderà agli eurodeputati, al commissario europeo per il clima e il fisco Wopke Hoekstra, al segretario generale dell’Ocse Mathias Cormann, al direttore Affari fiscali del Fmi Vitor Gaspar e alla co-presidente del comitato Onu sulla cooperazione fiscale internazionale Liselott Kana i vantaggi dell’imposta sugli ultra-ricchi da lui proposta e già discussa al G20 di Rio de Janeiro.

Adottarla in tutto il Vecchio continente – notano Quentin Parrinello, Giulia Varaschin e Zucman nella nota preparata per l’appuntamento – consentirebbe di neutralizzare l’attuale regressività dei sistemi fiscali europei. Cioè il paradosso per cui la fascia più benestante paga un’aliquota media inferiore a quella applicata a chi sta nelle fasce più basse della piramide. Per esempio in Italia, come ha mostrato uno studio di Matteo Dalle Luche, Demetrio Guzzardi, Elisa Palagi, Andrea Roventini e Alessandro Santoro, il 7% della popolazione che ha redditi più alti versa il 27% circa, contro aliquote medie effettive superiori al 50% per la classe media. In Francia i miliardari pagano il 27% a fronte del 52% che grava su lavoratori e middle class.

Sarebbe anche, ovviamente, una boccata d’ossigeno per i bilanci pubblici: per la Ue nel suo complesso si parla, in base ai dati più aggiornati, di 67,2 miliardi di gettito aggiuntivo se si optasse per un’imposizione minima pari al 2% delle fortune dei “centomilionari”, come quella prevista dal provvedimento approvato a fine febbraio dall’Assemblea nazionale francese. Portandola al 3%, il fisco europeo diventerebbe davvero progressivo per tutti e i Paesi membri incasserebbero 120,8 miliardi in più: quasi 35 la Francia, 30,4 la Germania e 15, appunto, l’Italia. Se ci si limitasse solo ai miliardari, che nell’intera Ue sono 537 di cui 71 basati in Italia, il gettito aggiuntivo per l’Unione si fermerebbe con un’aliquota del 2% a 43,4 miliardi (5,4 per l’Italia), mentre sarebbe di 67,5 miliardi applicando il 3%.

Oggi, come evidenziato dagli studi di Zucman, l’aliquota effettiva sulla ricchezza dei miliardari è pari a un incredibilmente basso 0,2%. Portarla a un minimo del 2%, come ipotizza l’economista 38enne vincitore la medaglia John Bates Clark, consentirebbe di colpire chi non contribuisce abbastanza senza creare problemi di liquidità (l’aliquota sarebbe comunque inferiore al rendimento medio del capitale ottenuto dagli ultra ricchi) né di doppia imposizione, perché qualsiasi altra tassa già pagata verrebbe detratta dalla somma dovuto.

I ricercatori dell’Eu Tax Observatory ricordano che le somme in ballo sarebbero preziose per i Ventisette, che dovranno sostenere forti investimenti per contrastare la perdita di competitività dell’industria del Vecchio continente rispetto ai competitor e continuare a garantire al tempo stesso i servizi pubblici. Sfida che diventerà ancora più complicata se, come ha proposto la numero uno della Commissione Ursula von der Leyen e come singoli Stati stanno già facendo, si procederà sulla strada di un notevole aumento delle spese per la difesa in risposta al disimpegno statunitense. Tassare di più chi ha di più consentirebbe di non gonfiare ulteriormente i debiti pubblici e sarebbe ben accetto da parte dei cittadini europei: un’indagine Eurobarometer ha mostrato che il 67% della popolazione è a favore di un prelievo a carico dei contribuenti più ricchi per finanziare misure di supporto alle fasce meno abbienti.

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