Quando l’appuntato dei carabinieri Giuseppe Di Pasquale arrivò nel comando di polizia locale di Anzola Emilia, subito dopo la morte di Sofia Stefani, l’imputato Giampiero Gualandi fece alcuni gesti che il militare dell’Arma, il primo ad intervenire sulla scena del crimine, ha osservato e ha sottolineato testimoniando davanti alla Corte di assise di Bologna, dove si celebra il processo sull’omicidio dell’ex vigilezza. Appena entrato, l’appuntato vide Gualandi in piedi sulla vittima, con le gambe divaricate e le mani premute sul petto.

“Guardava verso di me, ci guardammo, si alzò e mi disse che stava facendo il massaggio”, ha raccontato Di Pasquale. Poi “l’ho fatto uscire dalla stanza, c’è stato un momento caotico e mi chiese se poteva andare in bagno. Gli dissi ‘va bene’ e lui entrò nel bagno attiguo al suo ufficio, aprì subito il rubinetto e si lavò le mani. Erano sporche di sangue, non eccessivamente”, ha continuato il carabiniere.

L’appuntato ha riferito anche di aver visto la pistola sulla scrivania: “Quando mi frapposi tra Gualandi e l’arma lui prese il caricatore, disinserito, e lo appoggiò su una cassettina di legno con scritto ‘pulizia armi’. L’unica cosa modificata sulla scena è stata quella”, ha detto il carabiniere che ha descritto l’imputato come “freddo”, spiegando che “non aveva reazioni: l’unica frase che mi disse fu quella sul massaggio”.

Nell’aula è stato proiettato anche il video che lo stesso carabiniere girò con il suo cellulare, appena arrivato, “per cristallizzare la situazione”. Anche i genitori della vittima hanno assistito alla proiezione, a fianco del loro difensore, avvocato Andrea Speranzoni, dopo che la procuratrice aggiunta Lucia Russo li aveva avvisati del fatto che si sarebbe visto anche il cadavere della figlia e che, se ritenevano, potevano uscire dall’aula.

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