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La Tesla di Piccolotti: un imbarazzo evidente ma ingiustificato

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di Rosamaria Fumarola

Pochi giorni fa i media ci hanno resi edotti del fatto che l’onorevole Elisabetta Piccolotti, moglie del leader di Avs Nicola Fratoianni, possiede una Tesla. Sulla questione, Piccolotti ha ritenuto doveroso chiarire di aver acquistato l’auto prima che Musk diventasse nazista e di averlo fatto in ragione del costo di 47.000 euro, che non le era sembrato proibitivo. Le critiche da parte degli esponenti della destra non si sono fatte attendere e personalmente ho trovato stucchevole tanto l’atteggiamento di questi quanto quello della signora, in un evidente e ingiustificato imbarazzo.

Il tema del rapporto dell’uomo con il potere e con la ricchezza che ne può derivare è tuttavia da sempre oggetto di indagine da parte di tutti, intellettuali e non. Luciano di Samosata nel II secolo d.C. sentì l’obbligo di scrivere una “Apologia” nella quale rispondeva a quanti lo accusavano di incoerenza e opportunismo per aver accettato un ben remunerato incarico pubblico in Egitto. E come non ricordare l’insanabile distanza che su questa tematica vide contrapposti due giganti del pensiero occidentale come Sartre e Camus, in un’epoca nella quale il confronto tra comunismo sovietico e la stessa ideologia marxista erano inevitabili e sempre all’ordine del giorno?

La mediazione culturale nei confronti degli istinti più profondi dell’uomo è da sempre un caposaldo dello stesso cristianesimo e sarà ad esempio questa mediazione a fare in modo che il banchiere padovano Enrico Scrovegni, nel 1300, ordinasse la costruzione di una cappella dedicata alla Beata Vergine, in suffragio dell’anima sua e di suo padre (l’usuraio che Dante collocò all’Inferno) affidandone la decorazione murale a Giotto. Peraltro il cristianesimo, per concretizzare una maggiore giustizia sociale, si appellava alla paura dei fedeli di finire dritti all’inferno. Lo stesso Papa Francesco, qualche anno fa, ha parlato della ricchezza come dello “sterco del diavolo”, poiché le persone e le relazioni valgono più delle cose e contano di più delle cose possedute.

Il marxismo, pur non essendo una religione, ha comunque creato delle aspettative religiose nei confronti del rispetto dei suoi principi e i maestri che lo hanno predicato hanno richiesto che, per la causa socialista, tutti rinunciassero all’accumulo di quanto eccedesse il soddisfacimento dei bisogni quotidiani. Pensatori come Sartre, appunto, non hanno mai messo in dubbio la validità di tale principio, indirizzando il proprio impegno in maniera radicale in questa direzione. Sarà anche questo cieco rigore a fargli accettare l’Unione Sovietica acriticamente quando inizieranno a trapelare le notizie della gestione criminale e tirannica del potere da parte di Stalin.

Albert Camus troverà la morte a bordo di una lussuosa auto mentre, con l’editore Gallimard e con la di lui famiglia, cercava di far ritorno a Parigi. Il premio Nobel fu sempre critico verso le realizzazioni del marxismo esistenti al suo tempo: aderì al partito comunista, ma se ne allontanò poi definitivamente quando quel partito era diventato la chiusa fortezza di Sarte. Camus pose al centro del suo interesse l’uomo, non il suo essere funzionale ad una causa. È per questo che il suo pensiero vola parallelo al tempo, è rimasto vivo e ci sopravviverà.

Ed è sempre per questo che invece di un certo esistenzialismo ci ricordiamo quando in “Totò a colori” il comico sbeffeggia gli originali intellettuali con i quali condivide la dimora caprese, facendoli apparire per quello che già sono: una moda, vuota ed estetizzante come tutte le mode, che non possono ambire ad essere altro da sé e cioè semplici prodotti a scadenza di una catena di montaggio, come certi nostri politici, ingenui al punto tale da ritenere doveroso spiegare al mondo perché esercitano le proprie libertà, forse inconsapevoli che queste siano loro costituzionalmente garantite.

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