Caos alla Camera, Meloni legge il Manifesto di Ventotene: “Questa non è la mia Europa”. Opposizioni in rivolta, Schlein: “Oltraggia la memoria”

Quella del manifesto di Ventotene “non se è la vostra Europa, ma certamente non è la mia”. A dirlo nel bel mezzo dell’Aula della Camera è stata Giorgia Meloni, scatenando la rivolta delle opposizioni. All’origine del caos, durante la replica sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo, la decisione della premier di leggere, provocatoriamente, alcuni passaggi decontestualizzati di quello che è considerato uno dei documenti ispiratori dell’idea di Europa unita: invece di ricordare la spinta per il superamento dei nazionalismi e in difesa della democrazia, ha scelto di soffermarsi sulle parti in cui si evocano “la rivoluzione europea socialista” e “l’abolizione della proprietà privata”. A quel punto è scoppiata la bagarre e la seduta è stata sospesa. Poco prima Meloni aveva attaccato il Movimento 5 stelle: “Non ho tempo per la vostra lotta nel fango“, ha detto ai deputati del partito di Giuseppe Conte, accusandoli di essere diventati “antimilitaristi all’opposizione“ e di aver aumentato le spese per la difesa quando erano al governo. In un clima di tensione crescente, dentro e fuori dall’Aula, il presidente della Camera leghista Lorenzo Fontana ha ripreso i parlamentari, chiedendo “toni consoni”, “anche per onorare la memoria di chi ha messo in gioco la propria vita per assicurare il principio di libertà e di espressione da parte di tutti”. Perché, ha sostenuto, “chi ha combattuto per la nostra libertà merita il nostro plauso e merita anche il fatto che noi abbiamo rispetto per questa aula”.
Meloni contro il manifesto di Ventotene, opposizioni e Anpi in rivolta – Il Manifesto di Ventotene è uno dei documenti ritenuti ispiratori dell’idea di Europa unita ed è stato scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, mentre erano confinati in quanto oppositori del regime fascista. In quel testo si parla dell’importanza della nascita di un’Europa federale per evitare i conflitti, si invoca la nascita di un governo europeo e si promuove un sistema basato su democrazia, uguaglianza e diritti. Meloni ha tirato fuori il Manifesto in riferimento alla Piazza per l’Europa, organizzata sabato scorso su appello di Michele Serra, durante la quale il manifesto è stato citato più volte. E, secondo la premier, sarebbe stato fatto a sproposito.
“Non mi è chiarissima neanche la vostra idea di Europa“, ha detto, “perché nella manifestazione di sabato a piazza del Popolo e anche in quest’aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: spero non l’abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe spaventosa”, ha detto. La premier ha quindi iniziato la serie di citazioni (tutte decontestualizzate), “a beneficio di chi ci guarda da casa e per chi non dovesse averlo mai letto”: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista”; “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso”; “Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente”; “Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni”; “La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria”. E mentre in Aula risuonavano urla e proteste delle opposizioni, Meloni si è rivolta verso i banchi del centrosinistra dicendo “fermi, fermi”. “Non so – ha concluso la presidente del Consiglio rivolta alle opposizioni – se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia”.
L’intervento è stato letto come una vera e propria provocazione dal Pd: “Giorgia Meloni non solo non ha il coraggio di difendere i valori su cui l’Unione è fondata dagli attacchi di Trump e di Musk, ma ha deciso in Aula di nascondere le divisioni del suo governo oltraggiando la memoria europea. Noi non accettiamo tentativi di riscrivere la storia”, ha scritto la segretaria Pd Elly Schlein. “Meloni ha oltraggiato la memoria del Manifesto di Ventotene, riconosciuto da tutti come la base su cui si è fondata l’Ue”. “Dice che quell’Europa non è la sua. E allora le chiedo se la sua Italia è quella della Costituzione perché sono gli stessi antifascisti che l’hanno scritta”. “Strumentale ed inaccettabile invettiva”, ha scritto sui social Roberto Speranza. “Dobbiamo chiamare le cose con il loro nome. Cosa è questa se non apologia del fascismo?”. In Aula ha parlato il dem Federico Fornaro: “Non è accettabile fare la caricatura di quegli uomini”, ha detto, “lei presidente Meloni siede in questo Parlamento anche grazie a loro, questo è un luogo sacro della democrazia e noi siamo qua grazie a quei visionari di Ventotene che erano confinati politici. Si inginocchi la presidente del Consiglio di fronte a questi uomini e queste donne, altro che dileggiarli”. Critiche anche dai 5 stelle: “Abbiamo una presidente del Consiglio che non conosce la storia o che la conosce abbastanza da volerla riscrivere e tra le due cose non so quale sia la peggiore”, ha scritto su Facebook la deputata M5s Vittoria Baldino. “Quanto abbiamo sentito oggi in questa aula dalla presidente del Consiglio è un oltraggio alla storia d’Italia. La premier nega i valori fondanti su cui si basa la nostra democrazia – aggiunge -. Non c’è spazio in quest’aula per il fascismo”, ha detto Alfonso Colucci del M5s.
Tra i primi a protestare anche l’Anpi: “Come può Giorgia Meloni condividere le idee di chi fu mandato al confino dal regime fascista di cui fece parte quell’Almirante che tanto l’ha ispirata?”, ha detto Gianfranco Pagliarulo all’agenzia Ansa. “Ventotene è il Manifesto dell’Europa della libertà, della pace, del lavoro, dell’eguaglianza sociale, contro ogni nazionalismo. Sappiamo bene che non è l’Europa della Meloni. Infatti è la nostra idea d’Europa. È l’Europa degli antifascisti”.
Per difendere Meloni invece, sono intervenuti i suoi. “Oggi è caduto il Muro di Berlino, anche in Italia”, ha detto l’europarlamentare Fdi Nicola Procaccini. “Ha ragione la Presidente del Consiglio: l’Europa del Manifesto di Ventotene non è la nostra. Con tutto il rispetto per degli uomini coraggiosi che hanno sofferto la prigionia per difendere le loro idee, l’Europa disegnata da Spinelli e compagni era già fuori dalla storia nel 1941, figuriamoci oggi. Ci sta che la sinistra si tenga strette le proprie radici comuniste; è meno comprensibile la sua difesa ancora adesso di una società dove non conta la volontà popolare, ma la dittatura di un partito rivoluzionario. E non fa nulla per nasconderlo, neppure nelle aule parlamentari”.
L’assenza dei leghisti all’inizio della seduta – Ma Meloni non deve fare solo i conti con il fronte aperto con le opposizioni. Uno dei problemi principali è proprio dentro la maggioranza, dove manca l’intesa sul piano di Riarmo europeo. La seduta non a caso si è aperta con la polemica per l’assenza dei ministri leghisti, contrari al piano di riarmo europeo lanciato dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e contro il quale il Carroccio si è schierato anche a Strasburgo. A fianco della presidente del Consiglio, all’inizio dei lavori, c’erano i ministri Fdi (Crosetto, Nordio, Foti, Ciriani) e Fi (Tajani, Pichetto Fratin). Per la Lega è arrivato Giancarlo Giorgetti: entrato alle 10.30, si è fermato per venti minuti ed è poi stato sostituito dal compagno di partito Roberto Calderoli. Il vicepremier Matteo Salvini, fanno sapere dal Carroccio, è assente giustificato: è a Bruxelles per un evento al Parlamento europeo programmato da tempo.
A evidenziare l’assenza dei leghisti è stato il deputato di Italia viva Davide Faraone: “La vostra unità è rappresentata dai ministri leghisti presenti al suo fianco: non ce ne sta uno”, ha detto in apertura di intervento (video). “Almeno potreste chiamarli, in rappresentanza di una forza politica che sta esprimendo una linea opposta a quella del ministro Tajani. La risoluzione che avete preparato è unitaria semplicemente perché non c’è nulla, è acqua fresca”. A è stata la stessa Meloni: “La compattezza del governo non è data dalla presenza dei ministri in Aula, anzi ho detto spesso che quando sono impegnati in altre vicende fanno bene a fare il loro lavoro, penso che dare risposte ai cittadini sia molto più importante che fare compagnia a me, me la posso cavare da sola”.
Ma al di là delle dichirazioni di intesa, nella maggioranza sono sempre più evidenti le spaccature. Mercoledì mattina, ospite di Radio 24, il capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari si è detto “non così convinto” che il piano von der Leyen venga approvato, perché “il Parlamento olandese si è già chiamato fuori e “la Germania si è fatta la sua modifica costituzionale fregandosene delle regole europee”. Ma soprattutto: la Camera “non approverà una risoluzione che dà a Meloni il mandato di approvare il Rearm Eu”. Una dichiarazione di rottura molto forte nei confronti della maggioranza.
Le tensioni nella maggioranza – Martedì, durante le comunicazioni al Senato, la presidente del Consiglio aveva pronunciato un discorso equilibrista per non scontentare l’alleato, criticando il piano von der Leyen (“roboante rispetto alla realtà”) e assicurando che non verranno toccati i fondi di coesione né le spese per il welfare (video). Meloni ha poi rilanciato la proposta di Giorgetti – presentata già al vertice dei ministri delle Finanze Ue – di un piano a garanzia europea per duecento miliardi di fondi privati, in modo da non aumentare il debito degli Stati membri. Un concetto ribadito alla Camera: “La posizione del governo è chiara, noi abbiamo fatto le nostre valutazioni, il governo aveva chiesto lo scorporo delle spese difesa dal calcolo del Patto di stabilità. Oggi però non possiamo non porre il problema che l’intero Piano presentato dalla presidente della Commissione Ue von der Leyen si basa quasi completamente del debito nazionale degli Stati. È la ragione per cui stiamo facendo altre proposte, perché ci aiuta scomputare le spese, però dall’altra parte una priorità deve essere favorire gli investimenti privati su questa materia. Con Giorgetti abbiamo elaborato una proposta che ricalca l’Invest Eu, con garanzie europee per investimenti privati e cerchiamo di rendere questo piano maggiormente sostenibile”.
Quella del manifesto di Ventotene “non se è la vostra Europa, ma certamente non è la mia”. A dirlo nel bel mezzo dell’Aula della Camera è stata Giorgia Meloni, scatenando la rivolta delle opposizioni. All’origine del caos, durante la replica sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo, la decisione della premier di leggere, provocatoriamente, alcuni […]