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Così è scoppiato l’inferno nel deposito Eni di Calenzano: la ricostruzione. “Con le pompe di benzina chiuse avrebbe perso 255mila euro”

La procura ha ricostruito cosa accadde tecnicamente e ipotizza che quel giorno, quando persero la vita 5 persone, l'impianto non venne chiuso per un vantaggio economico
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Gli interventi di manutenzione “non potevano e non dovevano essere portati avanti in presenza del normale carico delle autocisterne”. Invece il 9 dicembre dello scorso anno, dentro il deposito Eni di Calenzano si continuò a pompare benzina e gasolio nelle linee di carico e proseguì il flusso di camion cisterna. Il tutto, secondo la procura, anche a causa del “vantaggio economico” che se ne sarebbe tratto.

È l’ipotesi sostenuta dalla procura di Prato nell’inchiesta sull’esplosione nell’impianto del Cane a sei zampe alle porte di Firenze, a causa della quale hanno perso la vita 5 persone e altre 27 sono rimaste ferite. “Se le pompe” di carico delle autobotti “fossero rimaste chiuse come dovevano dalle ore 9 alle ore 15, sarebbero andati persi circa 255.000 euro di guadagni”, ha evidenziato il procuratore Luca Tescaroli illustrando la stima realizzata nell’inchiesta che ora vede tra gli indagati nove persone – tra cui 7 dirigenti Eni – e la stessa società.

Invece le cisterne venivano riempite, mentre gli operai modificano l’impianto per convertire una linea dismessa della benzina a una nuova per biocarburante. Durante questi lavori, ha spiegato la procura di Prato, sono partite quattro esplosioni. È successo per la fuoriuscita a pressione da una fessura di una nube di aerosol di benzina. C’è stata, ha spiegato la procura, una perdita da quella fessura, che si è verificata in una flangia svitata da addetti della Sergen-Nolitalia, le aziende incaricate dei lavori, sotto una valvola, la numero 577, che fa parte della tubazione dismessa della benzina.

Proprio quella valvola doveva essere rimossa come deciso in un sopralluogo con Eni il 18 novembre. Ma il 9 dicembre la stessa linea dismessa era ancora collegata – tramite un’altra valvola, la n.575, aperta quel giorno – a un’altra tubazione che riceveva ancora benzina da un condotto del diametro di otto pollici. Quando per fare il carico delle autobotti, una linea funzionante accanto a quella dismessa, ha cominciato a pompare benzina, una parte di carburante ha raggiunto il punto di avaria, la fessura causatasi nella manutenzione, ed è uscita, trovando come fattore di innesco il motore caldo di un carrello elevatore usato dai tecnici Sergen. Dall’uscita di benzina alla prima esplosione sono passati 33 secondi. Alle ore 10, 21 minuti e 51 secondi, è scoppiato l’inferno.

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